Il cielo rosso che avvolgeva la terra al termine della prima stagione si trasforma in una inquietante pioggia rossa. V – il remake dell’ormai mitica serie degli anni ’80, Visitors, ritorna con questa seconda stagione che sembra riproporre molti dei difetti riscontrati nella prima. Scott Peters, il timoniere dell’operazione V, è sicuramente uno sceneggiatore e produttore navigato, ma francamente la gestione della trama sembra essersi abbandonata su dei binari già visti e con poche soluzioni innovative e di effetto.

È stato discusso a lungo sul fatto che V rappresenti una sorta di allegoria dell’Obama-mania, la figura del “salvatore”, di colui che è in grado, attraverso slogan e promesse, di manipolare la fiducia delle masse, infatti è uno dei temi portanti di questa serie. La gestione però di questo elemento nel corso delle puntate è diventata sempre più fastidiosa, tant’è che in questa season premier ci ritroviamo delle masse instupidite che sballottano il loro volere dalla contestazione al fanatismo devoto nel giro di pochi fotogrammi. Una visione un po’ troppo semplicistica e francamente poco credibile, come del resto lo sono molti passaggi narrativi che in maniera sin troppo banale portano agenti dell’FBI all’interno di un astronave, prigionieri della Quinta Colonna lasciati liberi di tornare a fare il proprio mestiere, scienziati che hanno la chiave del Visitor alfa e non sanno fare due più due tenendo il segreto in un magazzino, e via dicendo. Quello che intendo dire è che V parte da un presupposto che prevede che il telespettatore sia lì a guardare il telefilm senza porsi troppe domande, analogamente alle masse che ascoltano Anna, la regina dei Visistors.
La cosa è un vero peccato, perché in fondo il cast ha al suo interno anche ottimi attori e la produzione è una di quelle di prima grandezza, con dispendio di effetti e risorse molto rari per una serie televisiva. Le cose che funzionano sono effettivamente poche. Il sex-appeal della perfida Anna, interpretata dalla splendida Morena Baccarin, è un po’ poco per poter reggere l’impianto narrativo. Ma la cosa che sicuramente è più fastidiosa è la sottotrama adolescenziale che vede Tyler e Lisa protagonisti. Saranno anche giovani, ma lo sceneggiatore non si è minimamente sforzato di creare un minimo di introspezione nel loro rapporto o in loro stessi. Ma questa d’altronde è una caratteristica comune di tutti i personaggi, che vedono soltanto nella Quinta Colonna il minimo indispensabile di personalità. Dal punto di vista dell’audience, questa puntata di esordio ha registrato un discreto 6,5 milioni di spettatori, cifra ben lontana dai 14 milioni dell’esordio, ma che comunque offre dei segnali di ripresa rispetto al baratro nel quale era finita la serie nel corso della parte centrale della prima stagione.
In sostanza V, se la si guarda senza farsi troppe domande e senza troppe pretese di coerenza o sviluppo armonico dei personaggi, è comunque uno spettacolo godibile in grado di intrattenere per un’oretta lo spettatore. Ma a mio avviso rappresenta una grande occasione sprecata per la fantascienza televisiva, considerato che ormai è uno dei pochi prodotti di questo genere rimasti in circolazione sul piccolo schermo.