La notizia è stata sussurrata recentemente ed è riuscita a scivolare quasi inosservata, tra un indice di borsa che crolla e la febbre per le elezioni presidenziali americane. Ma la sua natura rischia di essere rivoluzionaria, se non nell’immediato almeno in un futuro prossimo.

Microsoft (ebbene sì, sempre essa) ha brevettato un software in grado di riconoscere le parole “sgradite” in un flusso vocale continuo, e di provocare in tempo reale una distorsione tale da rendere tali parole indistinguibili. Il classico beep, usato nei servizi televisivi e nei reportage per coprire le parolacce e le espressioni più scurrili, verrebbe mandato in pensione, in favore di una tecnologia più sofisticata e in grado di interagire in tempo reale mediante il riconoscimento e l’associazione di fonemi, pre memorizzati in una black list contenuta in un data base locale. Il sistema interviene al momento della compressione del segnale audio e prima che venga trasmesso; se la probabilità che l’associazione dei fonemi è tale da identificare una parola “proibita”, il segnale verrà distorto o addirittura annullato, in caso contrario verrà lasciato fluire liberamente.

In realtà la casa di Redmond aveva depositato il brevetto presso l’United States Patent and Trademark Office nell’ormai lontano 2004. Ma soltanto ora l’organismo statunitense ha rilasciato l’autorizzazione allo sfruttamento commerciale dell’invenzione, denominata “Censura automatica dei dati audio”. Non c’è bisogno di analisi particolarmente approfondite, o di possedere un intuito da genio, per cogliere le prime implicazioni di questa tecnologia. La domanda più importante a cui occorre dare una risposta è: chi decide quali parole finiscono nella black list, e chi la gestisce?

Rappresentanti Microsoft si sono affrettati a spiegare che la tecnologia è assolutamente neutra, e verrà impiegata soprattutto per il cosiddetto parental control, che nei videogiochi e nei programmi televisivi per i più piccoli consente ai genitori di edulcorare determinati contenuti. Infatti la prima possibile applicazione pratica del software è prevista per la console Xbox 360, nelle chat vocali multiplayer ma anche per la riduzione del turpiloquio presente in alcuni game. Altro campo di applicazione immediato lo si avrebbe in determinati programmi televisivi: già ora la trasmissione in diretta di alcuni grandi eventi (come ad esempio la cerimonia di consegna degli Oscar) è in realtà differita di una manciata di secondi, il tempo necessario agli addetti per lanciare un beep atto a coprire espressioni non proprio eleganti che possono scappare a qualche star. Il software non farebbe altro che automatizzare tale operazione.

Eppure rimane la sensazione di qualcosa che sfugge. E finché sfugge... È fin troppo facile scomodare i capolavori della fantascienza che hanno trattato il tema della censura: dal 1984 di George Orwell alla distopia di Il mondo nuovo di Aldous Huxley, dal lucido e poetico Fahrenheit 451 di Ray Bradbury all’ironico e quasi osceno Jack Barron e l’eternità dell’istrionico Norman Spinrad, per arrivare all’ipotesi di controllo pervasivo che permea i romanzi del cyberpunk più estremo. In tutte queste opere, e anche in quelle cinematografiche, (come la civiltà iperregolata di THX1138, opera prima di George Lucas), l’aspetto comune è che nulla sfugge, e nulla deve sfuggire. La censura, intesa come forma di controllo della comunicazione, trasla di significato per arrivare al controllo di ciò che produce la comunicazione, ovvero il cervello umano; la censura della comunicazione, verbale e non, diventa inevitabilmente censura di pensiero perché il modo migliore per impedire l’uso di certe parole consiste nell’impedire anche solo di pensarle. E poiché la parola sopravvive soprattutto nella memoria di chi la usa, la censura ha come effetto ultimo la cancellazione della memoria, la sua riscrittura in termini più consoni al mantenimento dello status quo, qualunque esso sia.

Non è facile pensare che un software nato per impedire ai personaggi di un videogame di dire parolacce sia un gradino evolutivo, un passo avanti nell’escalation in cui si toglie un briciolo di libertà con la scusa di voler fare del bene agli esseri umani, poveri “bambini” ancora bisognosi di protezione. Con l’aggravante che tale forma di controllo viene demandata a un software, per ora solo negli aspetti applicativi. Ma potrebbe essere solo un primo passo anche per questo.