Se al posto di Michael Bay dietro la macchina da presa di Armageddon ci fosse stato George Miller, al lavoro su un soggetto scritto per l'occasione da Roland Emmerich, al cinema forse avreste visto qualcosa di molto vicino a Rage, il nuovo videogioco di id Software, la casa degli storici Doom e Quake. Ambientato in un futuro post-apocalittico, nello sconfinato deserto roccioso di un pianeta Terra sopravvissuto tra mille ferite all'impatto devastante dell'asteroide 2029 Apophis, lo sparatutto che fornisce il banco di prova per l'ultimo motore grafico del guru dell'high-tech John Carmack è un misto di atmosfere catastrofiche da The Day After Tomorrow e situazioni alla Mad Max, mentre si attraversa in buggy un mondo mutante in preda alla disperazione più selvaggia. Anche se poi, al di là del collante automobilistico e di leggere pennellate da open world che ne colorano lo sfondo, il sapore del videogame ricalca in pieno quello dei classici first person shooter di id dall'azione cristallina, un modo di giocare limpido e incontaminato, lontano dal chiasso di certe complesse parafrasi tipiche delle dinamiche degli scontri a fuoco moderni.

Uno dei bizzarri personaggi che si incontrano nel western post-apocalittico di Rage
Uno dei bizzarri personaggi che si incontrano nel western post-apocalittico di Rage

Per centrare l'obiettivo di trasmettere già su console un feeling da sparatutto per computer di una volta, Carmack ha creato il motore 3D attorno al perno dei 60 fotogrammi al secondo, vale a dire il doppio rispetto alla stragrande maggioranza dei titoli per Xbox 360 e Ps3: un sistema in grado di garantire all'avventura, scritta dal veterano Matthew J. Costello (Doom 3), la necessaria scorrevolezza pirotecnica di stampo arcade. Dopo anni di Unreal Engine, la tecnologia alla base dell'id Tech 5 rappresenta un vero punto di rottura. Sfruttando in maniera intensiva i processori multi-core e favorendo gli enormi flussi di dati dell'era dei gigabyte, nelle intenzioni del suo autore dovrebbe consentire agli artisti del digitale di esprimersi al meglio, consentendo loro, con l'introduzione della cosiddetta megatexture, di non lavorare più su insiemi di piccoli quadri ripetuti, ma su un'unica grande tela. Si tratta anche del primo progetto costruito in ottica multiformato per adattarsi intelligentemente alle più diverse architetture.

Al debutto americano sembra però che su Pc non tutte le configurazioni digerissero la ricetta anticonvenzionale di Rage in modo sempre indolore. Carmack suggerisce (tweet) di aggiornare i driver della scheda video (da anni imputati dal programmatore come principale collo di bottiglia dei videogiochi da scrivania). Altrimenti potete dare un'occhiata alle discussioni tecniche sui forum Steam (forums.steampowered.com), Bethesda (forums.bethsoft.com) e qui (www.geforce.com).

Rage è disponibile da questo weekend anche nel nostro Paese, in versione Pc, Ps3 e Xbox 360, pubblicato da Bethesda Softworks. Vi lasciamo a un'intervista in cui conoscere meglio John Carmack, l'uomo dietro il codice dell'id Tech 5.

John Carmack, guru della programmazione
John Carmack, guru della programmazione

Che cosa fai presso id Software?

Sono direttore tecnico. Cerco e sviluppo i maggiori pilastri tecnologici su cui sono poi creati i nostri giochi e la mia attività prevede ricerca, ispirazione e un sacco di altre attività.

Ti ricordi qual è stato il primo videogioco a cui hai giocato?

Sì, mi ricordo perfettamente quando ho visto per la prima volta Space Invaders in vacanza durante l’estate quando ero bambino. Mi ricordo anche quando ho giocato per la prima volta a Pac Man e Asteroids, e parecchi dei primi giochi per console a cui ho giocato. Considerato che la memoria spesso mi tradisce per molte altre cose quali nomi e volti, forse significa qualcosa che mi ricordo ancora di tutti questi giochi.

Qual è stata la prima volta in cui hai capito che volevi lavorare per l’industria dei videogame?

Sapevo di voler lavorare con i computer già prima di aver visto un videogame. Mi sono dilettato per anni a leggere le enciclopedie e gli articoli di riviste ancor prima di aver toccato un computer. Quando ho invece imparato come programmare, i giochi sono diventati una delle attività più interessanti a cui lavorare, dal momento che abbracciano così tante discipline: grafica, networking, intelligenza artificiale, system engineering, interfaccia utente, ecc.

Come descriveresti a una persona comune il lavoro che è necessario per realizzare un nuovo motore grafico?

In passato, esisteva tutta una serie di pietre miliari di cui non si poteva fare a meno per una nuova generazione di giochi: prospettiva 3D, texture mapping, 6DOF, personaggi poligonali, luci colorate, ombre, ecc. Tra un cambiamento e l’altro, la richiesta è sempre maggiore, sempre più colori, più pixel, più triangoli, più fotogrammi al secondo e maggiore complessità in termini di profondità. I giochi oggi appaiono incredibili e siamo davvero limitati da pochi punti di vista grazie alle nuove tecnologie disponibili per poter garantire un ottimo rendering. E' semplicemente solo questione di equilibrare e sfruttare il processo di sviluppo rispetto alla fedeltà del prodotto. Dobbiamo reagire prontamente alle nuove tendenze in campo hardware e rimane ancora molto da fare per quanto riguarda il rendering offline, ma non sento una così grande pressione per rivedere alla radice tutta la nostra architettura grafica adesso.

Ho già cominciato a fare ricerche quest'anno per cercare di chiarire quali saranno le direttive da seguire per la prossima generazione, ma a oggi i risultati sono sostanzialmente negativi – per esempio, so per certo che la prossima generazione non potrà eseguire un rendering in ray tracing con intersezione dei triangoli. Ho ancora un paio di progetti di ricerca a cui lavorare nei prossimi anni, il lavoro tecnico che mi attira di più però non ha niente a che vedere con la grafica, ma piuttosto con la gestione dati e con il flusso di lavoro attraverso il processo di sviluppo.

Quali sono le caratteristiche che cerchi quando assumi nuovi programmatori?

Odio dover valutare le capacità di qualcuno in un pomeriggio, non è un modo giusto per fare un buon lavoro. Posso evitare di assumere qualcuno perché non all'altezza, ma è difficile giudicare un lavoratore coscienzioso e dedicato, pronto ad auto-migliorarsi solo parlandogli per qualche ora. Un tempo analizzavamo i giochi a cui la persona che incontravi stava lavorando, ma oggi è più difficile, considerato il numero spropositato di persone che compongono i team, separare il lavoro di un singolo dal resto della squadra. Se dovessi scegliere una caratteristica specifica oltre alla competenza di base, semplicemente mi limiterei a dire l’interesse di aggiungere valore alla singola esperienza dell’utente finale. È facile essere semplicemente una ruota di un carro, oppure essere ossessionati da importanti sfide tecniche, ma capire che ogni cosa viene fatta con l’obbiettivo di dare alla gente che compra i giochi un’esperienza meravigliosa, prendendosi la responsabilità di fornire questo valore aggiunto, è questo che fa di una persona un collaboratore davvero unico di cui il nostro team non potrà fare a meno.

Vorrei essere in grado di definire quali siano le capacità richieste per un nuovo assunto. Alcuni nei nostri migliori dipendenti sono entrati come junior, ma rapidamente sono diventati indispensabili.

Quali sono i giochi a cui hai giocato recentemente?

Solitamente gioco con la Wii con mio figlio di sei anni. Abbiamo finito Super Mario Galaxy 2 recentemente.

Se avessi l’opportunità di invitare a cena uno sviluppatore di videogiochi, a chi estenderesti l'invito?

Hmm. Sicuramente prima di tutti Shigeru Miyamoto (il papà di Zelda e Super Mario, ndr) per aver fatto un gran lavoro. Lo ammiro da tantissimo tempo, ma so già che potrei avere un’interessante e divertente conversazione anche con Tim Sweeney (di Epic, la casa di Unreal, ndr) o Gabe Newell (di Valve, la casa di Half-Life, ndr).

Da quanto ti interessi alla missilistica?

Seriamente ormai da dodici anni. Prima era una sorta di background culturale che tutti gli sciocchi che amano le scienze si vantano di avere, piuttosto che un fervore appassionato che alcuni dei miei contemporanei hanno avuto per tutta la loro vita.

La tua azienda aerospaziale Armadillo sta pianificando di mandare gente nello spazio già nel 2012. Sarai sul primo volo?

Ho tutta una serie di colleghi davvero avventurosi che brameranno di certo più di me di salire a bordo del primo volo. Ho già volato due volte su un aereo a gravità zero e spero che presto potremo passare ai voli suborbitali, ma non sono il pilota designato, questo è certo.

Quali sono i tuoi hobby al di là dei videogiochi e dei razzi?

Leggo tanto. A volte, quando ho tempo, mi diletto con il judo, anche se davvero non sono un praticante assiduo. Negli ultimi anni non l’ho praticato molto. Purtroppo dopo il lavoro e la famiglia non mi rimane tanto tempo libero per dedicarmi ai miei passatempi preferiti.

Non hai mai detto a nessuno: “Dai, questa non è certo scienza dei razzi!” (un gioco di parole americano, con cui si intende un compito che richiede spiccata intelligenza e competenza tecnica, ndr)?

No. In realtà parlare di “scienza dei razzi" non va bene da due punti di vista. La missilistica non è una scienza, è ingegneria applicata e, mentre è difficile nel senso che può avere conseguenze drammatiche sul fallimento e su un impegnativo ciclo evoluzionistico, non è assolutamente così complicata come molte altre discipline. Un moderno videogioco è molto più complicato di un razzo orbitale.

Vuoi aggiungere altro?

Sono sempre sorpreso di constatare quali passi da giganti abbiamo fatto in termini di computing e quanto ancora possiamo fare. Oggi lavoro sui videogame utilizzando una potenza di elaborazione un milione di volte superiore rispetto a quanto non abbia fatto con il mio primo gioco e il mio cellulare può fare cose che nessun sistema grafico sulla terra poteva fare quando ho iniziato. Elaborazione, grafica, networking e mobilità stanno continuamente migliorando e c'è molto ancora da aspettarsi dal futuro.