È terminata la terza stagione di The Orville, la serie televisiva creata da Seth MacFarlane, che già si era differenziata dalle precedenti per aver aggiunto New Horizons al titolo e per essere stata presa in carico da Hulu, cosa che le ha permesso di essere mandata in streaming su Disney+ e anche di disporre di un budget più alto.

Siamo sinceri, il grande merito della serie di McFarlane, nata contemporaneamente a Star Trek: Discovery è stato quello di mantenere accesa la fiaccola della speranza nel cuore dei trekker mentre attraversavamo le stagioni di Discovery e Picard con alterne vicende di successo.

Se le prime due stagioni di Orville sono state caratterizzate da un maggior tono da comedy, la terza ha affrontato con piglio serio le conseguenze della guerra con i Kaylon, assurti all’inizio a nuova grande minaccia per l’Unione Planetaria per poi affrontare altri argomenti non facili, riportando alla ribalta il pianeta Moclan con la sua società dove se si nasce femmine bisogna cambiare sesso con un intervento chirurgico e le conseguenze della relazione tra il comandante Mercer e la Krill Telaya, che ha portato alla nascita di una figlia mezzosangue. Un episodio, quello che si interessa di questa vicenda, dove viene citato anche il tema dell’aborto, che scopriamo essere fuorilegge sul pianeta di Telaya. L’argomento, va precisato, era stato messo in cantiere già da parecchio tempo prima che la Corte Suprema USA procedesse con l’abolizione della storica sentenza Roe v. Wade con cui nel 1973 la stessa Corte aveva legalizzato l'aborto negli Usa, tanto per poter ribadire ancora una volta che “la fiction supera la realtà o quantomeno la precede”. E tutto senza omettere anche altre questioni etiche quali la cancellazione di una linea temporale alternativa con tanto di famigliola felice per mantenere coerente la linea temporale principale (ma principale per chi?) oppure la decisione di usare o no un’arma capace di commettere un genocidio.

Guardando la serie (che mantiene la sua fedele ispirazione a Next Generation) viene pigramente da pensare da pensare che, se la Federazione si è trovata a confrontarsi con l’universo dello specchio e se il Kelvinverso di JJ Abram è stato inserito nel canone, prima o poi con una “multiversata” (che ora va tanto di moda) anche McFarlane e i suoi potrebbero fare capolino (non accadrà mai, lo sappiamo).

Tornando alla terza stagione di The Orville, e tenendo conto che le sue vicende produttive si sono dovute confrontare con il cambio di piattaforma e i problemi della pandemia, una delle caratteristiche della serie resta la velocità con cui le azioni e le decisioni che riguardano i rapporti tra i vari membri dell’Unione Planetaria (in particolar modo i Moclan e i Krill) si ripercuotono velocemente sugli equilibri dell’alleanza stessa con il risultato che situazioni che di solito nell’universo Trek richiedono anche una intera stagione di sviluppo qui invece si intrecciano e risolvono nel giro di pochi episodi.

La voglia di non lasciare grandi cliffhanger aperti era stata già mostrata da McFarlane nel finale della seconda serie, dove gli ultimi due episodi affrontavano l’argomento dei paradossi temporali dando una fine compiuta alla storia.

Anche se parte di questa scelta va attribuita alle incerte vicende produttive (e soprattutto all’onestà intellettuale dei creatori che, piuttosto che interrompere una serie a metà delle vicende, quantomeno cercano di trovare una conclusione soddisfacente, capito Netflix?) il vantaggio è quello di rendere molto dinamica l’intera vicenda diplomatica e bellica con rovesciamenti di fronti interessanti. Un modo di gestire la storyline che mi ha ricordato Babylon 5.

Anche se la situazione di questa ormai classica serie degli anni novanta (così classica che si vocifera di un reboot/ remake) è differente rispetto a The Orville, più apertamente ispirata a Star Trek, tuttavia il fatto che venne mandata in onda insieme a Deep Space 9 (unica serie Trek ambientata su una stazione spaziale) ha probabilmente prodotto una serie di reciproci vantaggi.

Anche Babylon 5 si trovava perennemente in bilico sull’orlo della cancellazione, e J.M. Straczynski, pur avendo in mente una lunga storia in sette stagioni, fu costretto a cercare dei “traguardi intermedi” proprio come è accaduto per The Orville. Inoltre, senza voler assolutamente riaccendere campanilismi e diatribe su chi si ispirava a chi tra DS9 e B5 (che alla fine hanno dimostrato di essere due grandi prodotti con le loro specificità ancora molto piacevoli da rivedere a tutt’oggi) è come se la presenza di una serie, chiamiamola così “paratrek” abbia creato un ambiente di lavoro tale da aiutare a tirare fuori il meglio sia nei propri creatori che in quelli che si occupavano dell’universo della Federazione.

Viene da pensare che forse senza Babylon 5, la Guerra del Dominio sarebbe stata meno dark e che forse senza The Orville anche Strange New Worlds poteva essere meno Trek.

Il rinnovo per la quarta stagione di The Orville, però, attualmente è nel limbo delle decisioni dei produttori. La risposta di pubblico alla terza serie è stata buona (anche se da più parti è stato richiesto di tornare ad un tono un po’ più comedy) e le notizie in rete sembrerebbero confortanti e anche se Adrianne Palicki ha postato un addio al cast alla fine delle riprese gli altri interpreti del personale di plancia si sono detti disponibili a ritornare sul set e dal canto suo la dirigenza del canale ha più volte dichiarato che The Orville non si ferma. Interrogato in merito, McFarlane ha recentemente affermato: “Non so ancora come andrà e comunque la stagione 4 sarà una tabula rasa. Quando abbiamo iniziato a scrivere la stagione 3, metà delle cose che sono successe come lo spostamento degli equilibri interplanetari, i Kaylon che diventano alleati, i Moclan che sono diventati nemici, erano tutti eventi che non avrei mai potuto prevedere. È solo qualcosa che si è evoluto nel corso delle riunioni nella stanza degli sceneggiatori. Certamente abbiamo creato parecchie nuove interessanti storyline, e la maggior parte, ovviamente, getta i semi per una stagione 4, ma non so assolutamente se e come verrà sviluppato tutto questo. Non abbiamo ancora nessuna certezza.”

È probabile, quindi, che, se ci fosse il rinnovo, possano esserci cambiamenti nel cast ed evoluzioni imprevedibili delle vicende, ma considerando lo spirito con il quale è nata questa serie, e il merito di aver tenuta “viva la fiamma” quando ce n’era bisogno, speriamo vivamente che The Orville e il suo equipaggio continuino i loro viaggi ancora per qualche anno.