1. Cuboclinica

Il dottor Moroni rizza bene la schiena. Lo fa sempre prima di cominciare a lavorare. Lo aiuta a raccogliere la concentrazione, a sentirsi all’altezza del compito, gli dà un’indefinibile sensazione di autorevolezza. Regola le lenti a contatto poggiando il polpastrello sulla tempia e attiva il purificatore d’aria a carboni, nonostante gli anni non si è mai abituato all’odore. Accende le luci del primo loculo e osserva il corpo, nudo per praticità, come tutti i pazienti della clinica.

Un dolicocefalo dal fisico rachitico con deformazione articolare, è collegato alla macchina che lo tiene in vita. Moroni monitora i suoi dati. A parte la stitichezza, è un soggetto che ha ancora una lunga prospettiva di vita, grazie alla macchina. Viene nutrito e regolarmente ripulito dalle deiezioni, liquidi e umori. Il suo livello di soddisfazione è sufficiente.

Moroni esce dal loculo, passa dalla doccia disinfettante ed entra in quello successivo.

Un soggetto affetto da obesità estrema, una montagna di carne flaccida distesa sul lettino. Il respiro è affannoso anche a orecchio. La macchina conferma che i livelli di colesterolo e glicemia sono stabili e il rischio di collasso cardiocircolatorio non è aumentato. Comunque il livello di soddisfazione è alto. Moroni può solo constatare l’incremento della quantità di deiezioni, che non corrisponde ai livelli di nutrimento. Fa eseguire un ulteriore esame alla macchina per capire se ciò può rappresentare un pericolo.

Altra doccia asetticizzante. Altro loculo.

Un mesomorfo in apparente salute, privo della gamba destra, amputata in seguito a cancrena. Ottimi livelli circolatori e linfatici. Lunga prospettiva di vita. Ma scarsa soddisfazione. Moroni conosce il soggetto, sono mesi che vorrebbe risvegliarsi. Ma ciò comporterebbe uno svantaggio per lui, per la sua condizione fisica, e per la collettività, come peso sociale. Moroni imposta un ultimo programma speciale, se dovesse fallire anche questo, il soggetto dovrà essere risvegliato.

Moroni sa che tutti e tre i soggetti hanno peggiorato le loro condizioni ⎼ rachitismo, obesità, cancrena ⎼ a causa della lunga permanenza nella cuboclinica, ma sa anche che le loro condizioni psichiche sarebbero state peggiori nella realtà. Almeno, la macchina ne è certa.

Altra doccia.

Nel nuovo loculo c’è un corpo sano, normodotato, con la pelle chiara, un soggetto che Moroni monitora da mesi. La macchina riferisce nuovamente che la volontà del paziente è quella di risvegliarsi, lo dice ogni volta, ma è un soggetto socialmente molto pericoloso, violento e che tende al suicidio. Moroni è molto in pensiero per lui. L’etica non ha dubbi in merito: la società gli concede di vivere felice nel metaverso, dove può permettersi di uccidere e uccidersi più volte, senza conseguenze. Ma lui vuole uscire e stare male, vuole creare danni a sé e agli altri. Nessuno approverebbe il suo risveglio. Salvato più volte in extremis, è stato condannato al ricovero qui, insieme agli altri, dal Tribunale.

Gli altri.

Moroni passa sempre dai soggetti con le condizioni più precarie, sono la sua prima preoccupazione. Ma nella clinica ci sono tutti, anche quelli perfettamente sani. Esce dall’ennesimo loculo e guarda il resto dei pazienti. Lungo il corridoio ci sono 64 loculi. In fondo al corridoio si svolta per raggiunge quello parallelo, con altrettante cellette. 64 di queste per 64 corridoi per 64 piani. A Moroni si apre la mente, sente le sinapsi lavorare quando cerca d’immaginarsi il cubo di stanze nella sua interezza.

lavorare quando cerca d’immaginarsi il cubo di stanze nella sua interezza. 262.144 loculi. Tutti sotto il suo controllo.

Moroni, giorno dopo giorno, cerca di passarne in rassegna il più possibile; trascorrono anche settimane prima che ripassi dallo stesso soggetto. E in questo lasso temporale i suoi pensieri si accavallano fino a sognare di mollare tutto e diventare anche lui di uno dei pazienti. Pensieri oziosi, catartici, ovviamente. Non lo farebbe mai, la sua è una missione.

Ma il dottor Moroni non è l’unico nel mondo. Esistono migliaia di cliniche identiche a questa, disseminate in ogni città del globo. Che raccolgono il novanta percento della popolazione umana. A parte trattamenti sanitari e condanne, il resto lo aveva fatto per scelta, pochi avevano resistito a un mondo ideale, con le stesse possibilità ed emozioni del reale, ma senza sofferenze fisiche né occupazioni quotidiane.

Moroni passa in rassegna l’intero corridoio. Giunto alla fine guarda il paesaggio spettrale fuori della finestra e rizza la schiena fino a farla scrocchiare.