“E nel tempo di grande sconforto verrà un salvatore e sarà chiamato il Figlio dei Soli”. Di questa sorta di profezia, ben nota agli appassionati del ciclo di Star Wars, non c’è traccia in nessuno dei sei film. Eppure, era ben presente nella mente di George Lucas nella metà degli anni Settanta, quando il soggetto del primo episodio cinematografico cominciò a prendere forma definitiva. Anzi, su di esso si sarebbe basata l’intera costruzione di un’epopea fantascientifica che avrebbe messo al centro della riflessione proprio la complessità della figura messianica di un salvatore: non Luke Skywalker, come si sarebbe potuto pensare inizialmente; ma Anakin Skywalker, poi Darth Vader, prima perfetta incarnazione del Bene, poi incarnazione assoluta del Male.

La profezia delle Cronache degli Whills, con tanto di “versetto” (3:127), non è mai entrata nel canone starwarsiano, ma la sua eco ha forgiato l’intera seconda trilogia del ciclo, quella “prequel”. Vi allude esplicitamente il maestro Jedi, Mace Windu, quando chiede a Qui-Gon Jinn: “Ti riferisci alla profezia di colui che porterà equilibrio nella Forza. Credi che sia questo ragazzo?”. Non si parla del “Figlio dei Soli”, concetto rapidamente abbandonato (ma, come vedremo, poi ripreso sotto altre spoglie ne La minaccia fantasma); ma si allude a una profezia che tutti gli Jedi tengono in grandissimo conto, al punto da farsi influenzare nelle loro successive decisioni. Anakin Skywalker appare così come il Prescelto, e come tale viene spesso chiamato dai membri del Consiglio. Quando Lucas scrisse il testo di quella profezia, aveva già chiaro in mente il percorso che avrebbe dovuto seguire il suo ciclo cinematografico, e aveva soprattutto in mente il riferimento da cui attingere. Se nel primo episodio della trilogia prequel, La minaccia fantasma, le influenze cristiane abbondano, ricordare il versetto delle Cronache degli Whills permette di evidenziare la continuità del pensiero di Lucas. L’Antico testamento biblico, letto alla luce della dottrina cristiana, sarebbe ricco di riferimenti alla venuta in terra del Salvatore, il Figlio di Dio. La profezia di Isaia 7,14 non lascia dubbi: “Ecco: la Vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele” (in ebraico, Emmanuele significa ‘Dio è con noi’). Non conta tanto, in questo discorso, il fatto che esegeti successivi abbiano fatto notare l’erronea traduzione del termine “vergine”, che in realtà non sarebbe altro che una “giovane donna”, facendo cadere pertanto il riferimento profetico a Maria e alla nascita di Cristo. Conta piuttosto il valore che la tradizione cristiana ha attribuito a quella profezia, che ha fortemente influenzato i primi ebrei che decisero di accettare l’identificazione di Gesù come il Messia, l’Emmanuele preconizzato da Isaia.

La nascita miracolosa di Gesù, partorito da Maria, una donna vergine, fu un elemento aggiunto a posteriori nella narrazione degli apostoli e degli evangelisti della vita di Cristo. La necessità di far riferimento alla verginità di Maria trovava giustificazione proprio nel desiderio dei primi cristiani di avvalorare l’ipotesi di Cristo come Messia alla luce delle Sacre Scritture. Quando George Lucas decise di affidare la nascita di Anakin a una donna comune, di un pianeta sperduto alla periferia dalla galassia, per “opera e virtù” della Forza, quindi senza apparente rapporto sessuale alla base, il pubblicò non reagì benissimo: l’esplicito riferimento evangelico sembrava voler forzare l’irruzione del misticismo nel ciclo di Star Wars, sostituendo alla filosofia vagamente buddhista della Forza una lettura cristiano-centrica. È vero che, allo stesso tempo, l’inaspettata introduzione nella saga dei midi-chlorian, veicoli biologici della Forza, imprimeva una sterzata verso un materialismo anti-spiritualista in radicale contrapposizione all’idea del “campo di energia mistico” di cui Obi-Wan Kenobi parlava nel primo Guerre stellari. Ma che la Forza stessa abbia reso incinta Shmi Skywalker, è una prova incontrovertibile del parallelismo cristiano. La Forza intesa come Spirito Santo, quindi di nuovo come essenza invisibile, onnipotente, extra-sensoriale; Anakin

come figlio stesso della Forza, così come Gesù figlio di Dio attraverso la mediazione dello Spirito Santo che ne è parte integrante. Ad accorgersene per primo è Qui-Gon Jinn, giunto su Tatooine per puro caso, insieme a Obi-Wan Kenobi e alla regina Amidala. Tre, come i Magi che si recarono a Betlemme guidati da una “stella”; per Qui-Gon, l’incontro con Anakin non è casuale, la Forza, probabilmente, ha guidato i tre fuggiaschi su quel pianeta in quella determinata circostanza. Con Qui-Gon si realizza l’epifania di Anakin, la manifestazione dei suoi particolari attribuiti, riconosciuti come tali dal maestro Jedi, analogamente a quanto fecero per primi i Magi a Betlemme. È vero che la convinzione di aver trovato il Prescelto è radicata inizialmente solo in Qui-Gon: né Amidala né tanto meno Obi-Wan ne sono convinti; la prima, inizialmente, ignora completamente la vicenda, mentre il secondo critica esplicitamente la scelta del maestro di portare Anakin su Coruscant per sottoporlo al vaglio del Consiglio.