Ermanno camminava per le strade cittadine con un senso di stranezza. Non capiva perché. La città era come al solito: trascurata. Si mormorava che le autonomie locali non avessero che misere autonomie, contrariamente alla propaganda; e che il governo centrale stesse eliminando le tasse come mossa demagogica, delegando tutto agli organismi decentrati, già soffocati da debiti e spesso da incompetenze e burocrazie. Ma era pericoloso anche "pensare" certe cose. Il cielo era un'ovatta polverosa, una patina eterna di smog immobile oltre la quale doveva esserci il Sole, almeno così diceva la tv (lui non lo vedeva da mesi). Si riscosse: che gli succedeva, stava male o aveva le allucinazioni? Decise per un buon caffè che lo scuotesse.
Fuori del solito bar c'era un capannello e da lontano gli arrivarono parole sfuggite a qualcuno del gruppo: "sciopero", "rivolta". Dal cielo piombò rombando un elicottero S-81 delle Squadre Antisommossa con individuatori elettronici direzionali che intercettavano il vociare urbano (e, si sospettava, con apparecchiature che amplificavano le mini-correnti cerebrali per leggere i pensieri della gente). L'elicottero spruzzò polvere di pepe drogato, ed Ermanno s'infilò lesto la mascherina, ma molti non fecero in tempo e sternutivano contorcendosi al suolo come vermi.
Andò con calma sull'altro marciapiede, all'edicola.
Dall'elicottero scesero componenti della Squadra e costrinsero a salirvi tre persone. Restò pietrificato fingendo di leggere i giornali esposti. Le notizie erano identiche: dal Quotidiano-1 al Quotidiano-7 al Magazine-5 e oltre, anche se variava la grafica e l’ordine d'impaginazione: la guerra sta per essere gloriosamente vinta, l'economia marcia a gonfie vele, il popolo è felice, tutto il mondo ci ammira; e poi cronache di storie edificanti (una bimba che salvava un pulcino); e ovunque la foto del viso, in vari atteggiamenti studiati, dell'Amico di Tutti. Lentamente estrasse la pistola-laser dalla tasca e, nascosto dietro l'edicola, cominciò a colpire la Squadra. Ne beccò tre, quattro, cinque. Stecchiti. Urlando di gioia, il gruppo di persone cercò di vincere i contorcimenti, salì sull'S-81 impadronendosene, l'aereo si alzò verso il cielo. Inaudito, c'erano riusciti grazie a lui! Bene. Qualcuno, molto in alto, era ora che capisse. Presto avrebbe pagato caro tutto ciò che accadeva.
Si svegliò. Dalle ante filtrava la luce dell'alba. Ebbe un sospirone: era stato solo un sogno! Eppure, la sera prima aveva sabotato la sua tv bidirezionale. Evidentemente il sogno doveva essergli arrivato dalla tv del vicino di casa. Quei programmi tv notturni dello Stato erano uno psico- software potente e il cervello nel sonno era un'antenna ricettiva ideale, che rielaborava le vicende, le personalizzava, fiaccando le forze psicofisiche. Si sentì stanco, ma decise di uscire.
Fuori non c'era nessuno. Città trascurata, cielo inquinato. Riandò al sogno, intensamente soddisfatto sebbene estenuato dalla tensione vissuta.
Da un portone una Squadra portava via tre individui e un bambino laceri, sanguinanti, i bimbi piangevano. Al diavolo! Peggio per loro. Guardò altrove. La sua azione di stanotte l'aveva sfinito e per oggi ne aveva abbastanza di eroismi.
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