In questo senso, quindi, Il gioco di Ender è davvero un romanzo di formazione, anche se sui generis. Il suo impatto sulla letteratura fantastica è stato così ampio che è impossibile non leggerne delle tracce nella saga di Harry Potter di J.K. Rowling (che invece rispecchia alla perfezione i canoni del bildungsroman, il romanzo di formazione classico): la divisione degli allievi in Orde, ciascuna rappresentata da un animale – Draghi, Salamandre, Topi e così via – viene ripresa nella celebre saga fantasy nella divisione in Casate dei giovani maghi. E le battaglie con cui le Orde si sfidano all’interno della Scuola diventano le partite di Quidditch con cui le Casate si contendono il trofeo della scuola. Anche le classifiche delle diverse Orde ritornano nei romanzi della Rowling. Per non parlare dell’incipit di entrambi i romanzi: un bambino diverso (Ender, Harry), che subisce le angherie del fratello maggiore (o del fratellastro), viene messo a conoscenza dei suoi poteri dal preside di una scuola per bambini speciali come lui. E non sembra azzardato sostenere che anche la fortunata saga di Hunger Games, che mescola fantasy e fantascienza futuristica, abbia attinto molto dal romanzo di Scott Card, dipingendo una società autoritaria in cui alcuni giovanissimi vengono costretti a duri allenamenti e, successivamente, a gare molto violente, come accade nella Scuola di Guerra. D’altro canto Il gioco di Ender deve molto anche a tanti romanzi che l’hanno preceduto, soprattutto per quanto attiene al tema della solitudine del “superuomo” (Ender, ma anche il suo fratello e alter-ego Peter), da Slan di A.E. Van Vogt a Nascita del superuomo di Theodor Sturgeon, da Fiori per Algernon di Daniel Keyes a Mendicanti in Spagna di Nancy Kress.Il tema della formazione di Ender è però solo uno dei temi del romanzo. Dominante nella prima parte, cede il passo nella seconda a quello più fantascientifico legato alla minaccia rappresentata dagli Scorpioni. La razza aliena che ha per due volte tentato di invadere il Sistema Solare e distruggere gli esseri umani viene a lungo lasciata sullo sfondo della narrazione, con una precisa attenzione da parte dell’autore a mantenerne vaghi i riferimenti. A un certo punto, anzi, uno dei colleghi di Ender suggerisce che gli Scorpioni non esistano e siano solo un’invenzione dell’Egemonia e della Flotta Internazionale per tenere buone le nazioni sulla Terra, unendole per contrastare un pericolo immaginario e imponendo misure autoritarie e restrittive come quelle del vincolo dei due figli per coppia. L’idea s’insinua nella mente di Ender – e in quella del lettore – finché non si giunge al colpo di scena principale del romanzo. Gli Scorpioni sono reali, dunque, e la finzione riguarda la guerra che Ender sta combattendo: la simulazione delle battaglie con cui Ender e i suoi compagni si cimentano al termine della Scuola di Guerra non è affatto una simulazione, ma la guerra vera e propria. Così, il climax che il lettore si aspetta per tutto il libro, ossia l’inizio dello scontro diretto tra la Flotta Internazionale guidata da Ender e la flotta degli Scorpioni, termina prima ancora di cominciare, allorché Graff e il generale Mazer Rackham rivelano al ragazzo che il suo presunto “esame finale” non era affatto una battaglia al simulatore, ma una battaglia reale contro il pianeta madre degli Scorpioni. Che gli alieni siano solo funzionali al tema che Orson Scott Card vuole enfatizzare nel romanzo risulta evidente dalla loro scarsa caratterizzazione. Extraterrestri insettoidi come nella migliore tradizione di una certa fantascienza, esemplificata da Fanteria dello spazio di Robert Heinlein – di cui Il gioco di Ender è al contempo un omaggio e una critica –, degli Scorpioni non è dato sapersi quasi nulla finché Ender non ne scopre la storia narrata telepaticamente nelle ultimissime pagine dal bozzolo dell’ultima Regina scampata al genocidio della sua intera stirpe. Come Ender sospettava, stroncato nei suoi pensieri da Graff e Rackham, gli Scorpioni non hanno attaccato la razza umana con il preciso intento di sterminarla, ma solo perché, nel corso della loro espansione, credevano di essere l’unica specie intelligente nella galassia, e non ritenevano tale una razza priva di una mente collettiva come la loro. Solo quando avevano appreso che anche gli esseri umani, pur nella loro individualità, possedevano un’intelligenza, avevano interrotto l’invasione del Sistema Solare. A differenza degli Umani, dunque, gli Scorpioni non perseguono intenti di sterminio, non compiono il male per il puro gusto del male, come nel caso dei comportamenti crudeli di bambini come Peter, che scuoia vivi gli scoiattoli del bosco, o di Bonzo Madrid, che intende uccidere a mani nude Ender, pur se entrambi hanno appena dieci anni.