C’è un rinnovato interesse per il pianeta rosso, mai così forte dalla fine degli anni Settanta dello scorso secolo, a causa di tutta una serie di fattori, tra cui i principali possono essere individuati nella comparsa di investitori privati nel settore dello spazio e una rinata corsa allo spazio tra le potenze mondiali.

Di questo nuovo interesse per Marte ne abbiamo parlato con il professor Giancarlo Genta del Politecnico di Torino e membro dell’Accademia Astronautica Internazionale, dove dal 2012 dirige il gruppo di studio sull’esplorazione di Marte. Genta ha ricevuto nel 2013 la medaglia Yengel, la maggiore onorificenza per i contributi alla sviluppo delle scienze e delle tecnologie spaziali e ha al suo attivo 4 brevetti, più di 350 articoli scientifici, una trentina di volumi di ricerca, didattici, divulgativi e vari romanzi di fantascienza. Uno di quest’ultimi, Le rosse cupole di Acheron, pubblicato da Paola Caramella Editrice, racconta proprio della prima missione di Marte, probabilmente molto simile a come potremo vederla in un prossimo futuro.

Se lo osserverete con un bel telescopio, magari potrete vedere Opportunity. O Deja Thoris. O il gerarca Barbagli e i suoi arditi.
Se lo osserverete con un bel telescopio, magari potrete vedere Opportunity. O Deja Thoris. O il gerarca Barbagli e i suoi arditi.
Professor Genta, parliamo di Le rosse cupole di Acheron, il suo romanzo sulla conquista di Marte: qual è la sua genesi? 

L’idea era di proporre al lettore un romanzo il più possibile avvincente, mantenendolo allo stesso tempo realistico. Semplice premessa a dirsi ma non facile da mettere in pratica. Nella realtà, chi organizza i viaggi spaziali cerca di evitare qualsiasi imprevisto e di far sì che tutto si svolga in modo prevedibile e senza rischi. Insomma, una missione di successo è necessariamente noiosa! Guardiamo le missioni Apollo, sono state (e per fortuna direi) davvero monotone se paragonate con quanto propinato dai vari scrittori di fantascienza. Non a caso, l'unica che ha permesso di fare un film veramente avvincente, anche se molto realistico, è stata Apollo 13, la sola fallimentare. In effetti Jim Lovell (che nel film è interpretato da Tom Hanks) racconta ancora oggi che la missione come fallimento fu un vero successo! Nello spazio (quello vero) non c'è posto per colpi di scena e imprevisti. Nello scenario mostrato nel mio romanzo una missione privata, in stile SpaceX di Elon Musk, viene proposta anche alla agenzie spaziali che, acquistando un biglietto di andata e ritorno, decisamente più economico di un viaggio organizzato in proprio, possono unicamente dedicarsi ai propri scopi; gli interessi delle varie agenzie e degli investitori privati sono divergenti come avviene anche nella realtà, problematiche che si aggiungono alle varie frizioni politiche tra le nazioni partecipanti. Una situazione del genere pone in serio rischio la missione ancor prima del lancio.

Quali sono gli obiettivi principali di una spedizione umana su Marte? 

Come anticipato, dipende dai punti di vista. Le agenzie spaziali vedono una missione del genere come un'impresa scientifica il cui tema fondamentale è la ricerca della vita; anche se l’opinione comune del mondo accademico pende sull’assenza di organismi viventi, l’investigazione tramite sonde robotiche risulta troppo complessa allo scopo. Al contrario, per il finanziatore privato lo scopo principale della missione è compiere il primo passo verso la colonizzazione del pianeta e il suo possibile sfruttamento minerario ed eventualmente anche turistico. Per lui, per chi rappresenta l'azienda sul pianeta, la spedizione è il primo passo verso la costruzione di una città vera propria, mentre più che un successo l'eventuale scoperta della vita è un ostacolo per gli sviluppi futuri. La ricerca dell'acqua è un obiettivo che accomuna tutti, anche se per ciascuno ha un significato differente: un prerequisito per l'esistenza della vita o un elemento sostanziale per rendere possibile la colonizzazione. La ricerca dell'acqua come quella della vita ha avuto inizio sin dalle prime sonde degli anni '70 e ci si aspetta che Perseverance ed Exomars segnino tappe fondamentali in questa direzione. Dare però troppa enfasi alla ricerca della vita è anche un grande pericolo: se non la si trovasse, come ritengo molto probabile, potrebbe dare l'idea che la missione sia stata un fallimento e portare all'abbandono delle missioni successive (la biologa della spedizione del romanzo è investita di una grande responsabilità, visto che da lei dipende il successo della missione). Peraltro, se trovare anche un singolo batterio dimostrerebbe che su Marte c'è vita, è praticamente impossibile dimostrare il contrario: se non si trovasse nulla potrebbe voler dire semplicemente che si è cercato nel posto sbagliato e Marte, anche se è più piccolo della Terra, è pur sempre un pianeta e ci vorrebbero secoli per esplorarlo in modo completo. A questo si aggiunge che non sappiamo esattamente che cosa cercare: se fosse presente vita ma non di tipo terrestre, potremmo non riuscire neppure a riconoscerla.

Perché il titolo del suo romanzo è Le rosse cupole di Acheron

Mentre fino a qualche anno fa si pensava che per abitare su Marte, o anche solo sulla Luna, si dovessero portare con sé habitat metallici, sul tipo della Stazione Spaziale internazionale, o al più habitat gonfiabili, come quelli che vengono oggi sperimentati in orbita, ora si ritiene che sia più conveniente trasportare grandi macchine per la stampa tridimensionale con cui realizzare veri e propri edifici usando la polvere (sabbia o ghiaia, o meglio regolite, come i geologi chiamano quel miscuglio di rocce frantumate e polvere che copre i corpi celesti privi di vita) marziana. Sia la NASA che l'ESA sperimentano da tempo in questa direzione e sono già stati fatti molti tentativi, anche per realizzare edifici sulla Terra con tecnologie simili. La forma di base per questi edifici è la cupola oppure la volta a botte, che permettono di costruire grandi edifici mediante stampa tridimensionale senza il bisogno di impalcature e di realizzare pareti abbastanza spesse da schermare gli occupanti dalle radiazioni cosmiche che costituiscono uno dei pericoli maggiori cui i coloni di Marte andranno incontro. E, dato il colore della regolite locale, le cupole avranno un bel colore rosso ruggine, presente anche nella copertina del romanzo che riporta un impressione pittorica di un insediamento similare, tratta dalla tesi di uno studente di Ingegneria Civile del Politecnico di Torino. Le pianure di Acheron, a nord della omonima catena montuosa, si trovano a nord della regione Tharsis dell’emisfero settentrionale del pianeta, e li si costruisce nel romanzo l’insediamento abitativo. Rappresentano uno dei possibili siti delle future missioni essendo poste in una zona molto bassa (rispetto all’altitudine media del pianeta) in maniera da avere una pressione atmosferica abbastanza elevata. Ulteriore motivo è la vicinanza al vulcano spento di Alba Patera, ricco di grotte, una delle zone più interessanti del pianeta.

Si potrebbero sfruttare le grotte come abitazioni? 

Si è molto discusso della possibilità di abitare in grotte, probabilmente piuttosto comuni sia su Marte che sulla Luna, ma è probabile che sul pianeta rosso questo non sia possibile, soprattutto per motivi legali; se su Marte sono presenti forme di vita abbiamo un alta probabilità che questa si sia ormai rintanata non in superficie (ma sotto terra, nei possibili anfratti cavernosi, etc.). Abbiamo la necessità di evitare tutti le possibili contaminazioni, che possiamo distinguere in due categorie: contaminazione in avanti ossia contaminazione dell'ambiente marziano da parte dell'uomo e la contaminazione all'indietro che riguarda contaminazione dell'uomo e possibilmente della Terra da parte di microorganismi marziani. Da qui la proposta della divisione delle zone di Marte in due possibili categorie: zone speciali, in cui è possibile che si trovi la vita e zone normali in cui è assodato non ci siano esseri viventi. La presenza umana sarà proibita nelle zone speciali, le quali potranno essere esplorate unicamente da robot opportunamente sterilizzati. Inizialmente tutto il pianeta è dichiarato zona speciale. Una sonda robotica riporterà sulla Terra campioni di suolo e possibilmente di sottosuolo (una cosiddetta missione MRS, Mars Sample Return). Dall’analisi dei campioni, se non si presentano forme di vita, quella zona viene dichiarata zona normale e lì si può creare un avamposto abitato. A partire da quel punto, utilizzando robot, si preleveranno campioni dalle zone circostanti da studiare nel laboratorio dell'avamposto: tutte le zone in cui non viene trovata vita vengono riclassificate zone normali. Col tempo, questa strategia porterà o alla scoperta della vita e al suo studio oppure alla certezza che il pianeta sia sterile, potendo così procedere alla colonizzazione e successivamente alla terraformarzione di Marte.

Si è parlato di radiazioni dannose per l'uomo. Quali sono i pericoli che correranno gli uomini che atterreranno su Marte? 

L'ambiente marziano è ostile, ma meno di come si pensava fino a qualche anno fa. Oggi si ritiene che l'ambiente più avverso alla propria salute gli astronauti lo incontreranno nel lungo viaggio attraverso lo spazio interplanetario, a causa delle radiazioni cosmiche e solari insieme alle condizioni di microgravità. Una volta sul pianeta, le radiazioni sono in piccola parte schermate, in maniera non paragonabile a quanto fa la terra poiché Marte non ha campo magnetico e l'atmosfera è troppo tenue per fornire una schermatura adeguata. La massa del pianeta però ripara quasi la metà della radiazione incidente e inoltre, come anticipato, possiamo utilizzare la regolite per costituire un riparo adeguato. La gravità di Marte è circa un terzo di quella terrestre, meglio sicuramente delle condizioni che si hanno nello spazio, anche se non abbiamo notizie sull'effetto della gravità ridotta sull'uomo a medio/lungo termine. Una battuta, che viene spesso ripetuta tra gli addetti ai lavori, è che passare tre anni nello spazio, e poi su Marte, in una missione lunga, fa certamente male, ma decisamente meno che fumare un pacchetto di sigarette al giorno. Molto dipende anche dall'età e dal sesso degli astronauti: i giovani e le donne sono più sensibili agli effetti delle radiazioni. In ogni caso sono in corso d’opera le strategie per difendersi dagli effetti nocivi della permanenza nello spazio e su Marte: schermature e terapie farmacologiche adeguate. In futuro gli habitat saranno dotati di uno schermo elettromagnetico e si pensa all'ibernazione durante il viaggio; quest’ultima consiste in un letargo come quello utilizzato da molti mammiferi per superare il freddo dell'inverno, letargo che si spera possa essere indotto anche nell'uomo. Un essere umano ibernato riduce drasticamente i danni dovuti a radiazioni e microgravità, ma studi sui mammiferi che vanno in letargo hanno mostrato un effetto di riparazione dei danni dovuti alle radiazioni. In una prospettiva ancora più lunga è possibile pensare a modificare il pianeta, dotandolo di un'atmosfera più densa che possa rendere più agevole la vita umana su Marte. Parlando di effetti dell'ambiente spaziale e marziano sulla salute umana non bisogna dimenticare gli aspetti psicologici in una missione della durata di anni. Non c'è dubbio che vivere per un periodo così lungo in un piccolo gruppo di persone così lontani da tutto, con la Terra che è un piccolo punto luminoso, può avere pesanti conseguenze sulla mente umana, problemi che potranno essere solo in parte risolti con un'accurata selezione degli astronauti.

Professore, veniamo al più veniale dei dilemmi: i costi di una missione umana su Marte non sono proibitivi? 

Per prima cosa non bisogna esagerare: i costi di tutte le missioni spaziali sono elevati, ma non così tanto come si è portati a credere; le missioni spaziali non sono più costose di opere pubbliche quali ferrovie o autostrade o di grandi strumenti scientifici come un ciclotrone. Inoltre uno sostanziale riduzione di tali costi sta avvenendo grazie a due fattori: il progresso della tecnologia e l’ingresso dei privati nell’esplorazione spaziale. I singoli costi di lancio si sono ridotti grazie alla logica industriale introdotta dalle aziende del settore e si stanno riducendo ancora di più con lo sviluppo dei vettori riutilizzabili. Il progetto Apollo, che negli anni '60 ha portato l'uomo sulla Luna, ha dimostrato di essere per prima cosa un ottimo investimento: in sviluppo tecnologico e brevetti ogni dollaro speso per andare sulla Luna, ha reso circa 5 dollari e la stessa cosa si può verificare con Marte. Oggi però ci si rende conto che si potrà andare in modo economicamente sostenibile su Marte soltanto nell'ambito dello sviluppo di un'economia spaziale. Lo sfruttamento minerario della Luna e degli asteroidi, l'industrializzazione dello spazio e persino il turismo spaziale permetteranno di inserire l'esplorazione in un ambito economico in cui è l'esplorazione stessa a generare le risorse di cui ha bisogno. Per sviluppare un'economia spaziale (prima lunare e poi marziana) è necessario l'impegno diretto dell'industria privata. Tale settore economico possiamo dire sia una realtà, al punto che l'Università Bocconi ha aperto un laboratorio di economia spaziale.

Per andare su Marte è sufficiente usare i sistemi di propulsione attuali? 

La propulsione chimica, quella dei moderni razzi per capirci, è veramente al limite. Se, come nei sogni dei privati, i primi astronauti sbarcheranno su Marte in pochi anni, le missioni che li avranno portati li si baseranno su propulsione chimica. Subito dopo però sarà necessario sviluppare altre tecnologie per rendere facile, economico e sicuro raggiungere Marte. In questi giorni la NASA ha annunciato che lancerà, entro la metà del decennio, un prototipo di propulsore nucleare termico con lo scopo di rendere l'esplorazione della Luna e dello spazio cislunare più semplice. Un propulsore del genere sarebbe l’ideale anche per Marte. Non è di sicuro un’idea nuova: già Kennedy, nel suo famoso discorso sulla Luna, parlava di sviluppare un propulsore nucleare termico per Marte. Quel progetto però si è fermato nel 1972. Nel mio romanzo, il direttore tecnico dell'azienda che prepara la missione su Marte convince il suo capo (che ricorda gli attuali imprenditori spaziali come Musk, Branson e gli altri) a sviluppare un sistema di propulsione solare-elettrico. Questa è una soluzione possibile, probabilmente più adatta per un'azienda privata, che può non avere la forza per sviluppare un sistema nucleare da zero – mentre la NASA può partire da dove si era fermata nel '72. La soluzione solare elettrica può essere un'ottima soluzione ponte verso la propulsione nucleare elettrica, più adatta per raggiungere Marte mentre per la Luna, rimane più adatto il nucleare termico.

Professore ha in progetto altri romanzi di fantascienza? 

Oltre al seguito di Le rosse cupole di Acheron, che sto scrivendo, ho pubblicato in italiano due romanzi, che intendono essere il punto di partenza di due trilogie ambientate in un futuro più lontano. La frontiera (presto stampato sempre dall'editrice Caramella) ambientato tra circa 3 secoli, in cui si parla del primo contatto dell'umanità con robot alieni autoreplicanti. Il seguito, Il cacciatore, è stato pubblicato al momento in e-book da UteLibri, Genova. Le porte dell'Inferno (Youcanprint edizioni) è il primo di una nuova serie, centrata sul rapporto tra umani e alieni in una galassia ricca di vita, un po' alla Star Trek. Per uscire dal genere romanzesco, ho pubblicato un saggio Oltre l'Orizzonte (Edizioni Lindau), in cui si discute sul modo in cui la tecnologia ha rivoluzionato la vita umana portandoci, come dice il sottotitolo, dalle caverne allo spazio, trasformandoci in prospettiva in una specie interplanetaria.