L’avvocato Kate Walker è tornata tra le strade e i misteri di quella cittadina persa nel tempo che si chiama Valadilène. È tornata per portare a termine quell’incarico così semplice, l’acquisto di una vecchia fabbrica di giocattoli, che si rivelerà però più denso di imprevisti di quanto pensabile. Niente di nuovo, diranno gli appassionati di Syberia, il fortunato videogioco di Benoit Sokal, avvincente racconto che tanti hanno potuto vivere su computer. La novità non è nella storia dunque, ma nella modalità con la quale (ri)percorrere la straordinaria vicenda della giovane legale newyorkese, grazie al dvg (Digital Video Game) L’avventura di Kate Walker, Syberia volume 1, della Blue Label Entertainment, dedicato proprio a Syberia di Benoit Sokal.

Un disco adatto a qualsiasi lettore dvd e che permette di muovere i personaggi ed esplorare i luoghi utilizzando solo le frecce del telecomando. La sfida lanciata dal publisher nato lo scorso luglio è quella di avvicinare chi non ha alcuna dimestichezza con l’universo dei videogiochi, cioè chi, soprattutto per motivi generazionali, rischia di restare tagliato fuori da questo mezzo di intrattenimento. Il titolo scelto per inaugurare la collana di dvg sembra particolarmente adatto allo scopo, perché la trama ha una profondità che supera il mero divertimento, anche se, volendo, ci si può lasciar catturare dal semplice, intrigante scorrere degli eventi. Chi vuole, però, può anche riflettere e scoprire quanto Syberia narra del mondo di oggi, dei problemi ecologici e sociali. Qua e là, Benoit Sokal commenta alcune situazioni con una punta di ironia.

Kate ha comunque una seria indagine da affrontare. La proprietaria della manifattura Voralberg, raffinata e antica fabbrica di automi artigianali, è morta, lasciando un segreto. Quando l’avvocatessa raggiunge la sperduta Valadilène, incastonata tra le Alpi francesi, si trova di fronte uno strano funerale. È la scena suggestiva che dà inizio al racconto, nella malinconia di un patrimonio di conoscenze che se ne va, perso per sempre. Chi costruirà più gli straordinari e raffinati automi Voralberg, i cui complicati meccanismi meccanici dovrebbero competere con i giocattoli di plastica o, al più, con rozzi pupazzi elettrici? Inevitabile che saranno soppiantati. La stessa Anna Voralberg è rassegnata a veder snaturare la fabbrica di famiglia nelle mani di una multinazionale. L’unico inghippo, dopo la sua scomparsa, è la rivelazione che Hans, il fratello da tutti creduto morto, è vivo, chissà dove, e a lui spetta firmare il contratto di vendita dell’azienda.

Così la veloce spedizione in Europa di Kate si trasforma in un lungo itinerario verso est, durante il quale arriverà a capire qualcosa di più di se stessa e delle sue vere aspirazioni. Per ora, come in Syberia 1, la missione è solo quella di rintracciare Hans Voralberg, che ha disseminato lungo la sua fuga dalla casa paterna ingegnosissime invenzioni, veri miracoli di scienza e di tecnica. Il videogioco era diviso in due parti, la prima delle quali si fermava sulle rive salmastre di Arabald, autorizzando a ipotizzare un seguito, ma proponendo, per chi desiderava chiudere lì il rapporto con Kate e la fantomatica terra dei mammut, un ben riuscito finale aperto. Il primo dvg si chiude invece più in anticipo, con il treno che sfreccia al di là di quella muraglia da deserto dei Tartari che segna il confine di Barrockstadt, a metà circa del cammino di Kate sulle tracce dell’erede Voralberg.

Rispetto al videogioco, il dvg è meno interattivo, non costringe ad alambiccarsi sugli enigmi, suggerendo subito il da farsi e, per chi si bloccasse, il libretto di istruzioni contiene passo passo la soluzione. Siamo dunque quasi più in prossimità di un filmato, il quale procede però soltanto con il contributo di uno spettatore attivo, che non a un tipico videogame. Restano intatte le belle ambientazioni, con architetture e arredi disegnati con molta cura e attenzione al dettaglio. Valadilène è un concentrato di stile Art Nouveau, non a caso il periodo in cui l’abilità delle maestranze artigianali visse il suo canto del cigno all’insegna di una ricerca di perfezione riscontrabile anche nella filosofia degli automi Voralberg. La presenza di queste creature meccaniche aggiunge fascino a una storia già ben congegnata. A Barrockstadt si avverte l’amore dell’autore per i viaggi, l’esplorazione, l’etnologia e le popolazioni primitive. Sokal lo aveva già dimostrato in Amerzone, che qui viene infatti direttamente citato.