Fear. First encounter assault and recon. Una squadra d’élite specializzata nel contenere e neutralizzare minacce paranormali. In un futuro high-tech non troppo distante dai giorni nostri, la Fear viene inviata sulle tracce di Paxton Fettel, uno psicopatico che ama abbandonarsi alle spalle scie di sangue e cadaveri mutilati. Fettel non è il solito killer fuori di testa: oltre a essere protetto da un esercito di soldati clone rubati al governo, sembra possedere facoltà telepatiche. Tra di esse, una sorta di legame psichico con il personaggio controllato dal giocatore, ovvero il classico novellino del gruppo d’assalto, un simulacro il più trasparente possibile che funge quasi esclusivamente da tramite per entrare nel mondo di gioco. Fear è uno sparatutto 3d affidato a maestri della paura digitale, gli stessi Monolith dell’orrore grottesco di Blood e di quello freddo, spietato di Alien vs Predator 2. Con Fear gli autori hanno svolto uno studio parallelo sulle potenzialità narrative della visuale in prima persona e i meccanismi del terrore. La strada percorsa segue i canovacci da horror giapponese recente, interpretato sotto una pellicola patinata tipica delle produzioni hollywoodiane. Figure inquietanti si aggirano per gli ambienti e allucinazioni malate non esitano a fare capolino tra uno scontro a fuoco e l’altro. Molti rimandi portano a The Ring, nella revisione yankee con Naomi Watts, a cominciare da una bambina emaciata coi capelli neri, la cui comparsa rappresenta un oscuro presagio. Incipit che vengono sfruttati per un racconto multimediale fin troppo manierista, di un fascino etereo incapace di lasciare il segno per l’artificiosità con cui l’abitudine fa imbattere nelle varie situazioni. Uno sviluppo monocorde che interessa anche la scelta di sceneggiare gran parte del gioco all’interno di claustrofobici uffici. Una passeggiata infinita in angusti spazi grigi. Fear soffre un po’ la penuria endemica di fantasia. È costruito con cura, da gente esperta. Ma, in molti frangenti, la perfezione formale sembra un castello di carte imbastito su formule matematiche per accompagnare alla ribalta l’ultima versione del motore grafico di casa Monolith: il Litech. Più strabiliante del solito, adora colorare le scene con una valanga di effetti speciali, schegge, detriti e fumo. Se non cercate un titolo di cui innamorarvi, Fear resta un ottimo blockbuster, uno dei migliori esponenti della categoria, vivacizzato da sparatorie al rallenty e kung fu contro soldatini dalla complessa “intelligenza artificiale”, specie in ambito collaborativo. Austero e inappuntabile, a patto di non scavare troppo, a caccia dell’anima.