Il nuovo film di David Cronenberg è un piccolo gioiello di gusto e di eleganza. Una pellicola sottile e intelligente, in cui la vita di un uomo - apparentemente - qualsiasi è distrutta dall'essere diventato un eroe cittadino e dall'improvvisa notorietà. L'essere finito sulle pagine di tutti i giornali e in televisione, avere salvato la vita ai suoi dipendenti uccidendo due manigoldi entrati improvvisamente nella sua caffetteria, cambia radicalmente la sua esistenza, lasciando affiorare un passato sepolto, di cui nessuno - nemmeno la donna che ha sposato e che ama - era a conoscenza. O meglio: la grande ambiguità e 'il tocco alla Croneneberg' si desumonon dal fatto che l'uomo protesta di essere realmente quello che tutti conoscono, mentre dei killer provenienti da Chicago dicono di averlo riconosciuto come il fratello di uno dei più importanti capimafia americani nascostosi in provincia da anni per motivi mai del tutto chiariti.

Qual è la verità e - soprattutto - qualunque essa sia quanto costerà portarla a galla?

Ironico, divertente, ma anche violento e drammatico A History of Violence è - senza ombra di dubbio - uno dei miglori film di David Cronenberg degli ultimi anni. L'impasto ambiguo di sensualità e lungimiranza stilistica, di sensibilità e rabbia, fanno di questa pellicola una piccole epitome del genere noir trasposto ai giorni nostri e aggiornato al ruolo di terra di confine per la contaminazione di generi e stili differenti. Fino alla fine, lo spettatore non sa quale sia la verità e non riesce a capire se il personaggio interpretato da Viggo Mortensen sia davvero la vittima di un errore di persona, oppure un gelido assassino che ha fatto di tutto per dimenticare il suo passato, che, però, un giorno lo ha ritrovato. Un film intenso, mai facile o banale, con momenti di grande tensione derivati da una violenza sensibilmente più psicologica che 'fisica' (anche se quest'ultima è immancabile...) che tocca il suo punto più alto nel confronto tra Mortensen e Ed Harris prima e in seguito quello tra l'attore della saga de Il Signore degli Anelli e un grandissimo William Hurt.  Un film da non perdere anche per chi non ama il cinema di Cronenberg, in quanto - paradossalmente - è un film profondamente cronenberghiano nonostante il suo stile e la sua narrazione siano molto più lineari, ma - non per questo - meno geniali o sorprendenti.