L'altro arrossì. - Certamente, mio imperatore. Subito, mio imperatore. - Corse via, tornando pochi istanti dopo con un rotolo tra le mani.

Il sovrano dipanò con affettazione (nel senso che l'affettò con la scimitarra) la pergamena. Poi lesse.

- Io, Berlus Khan figlio di Crax Khan, unto dal Cielo Azzurro, sovrano di Arcoracorum, signore di tutte le tribù mongole, imperatore oceanico, terrore delle genti e presidente del Milan, dichiaro stretta la grande alleanza della Yurta delle Libertà. Chi tra noi romperà il giuramento che ci siamo scambiato, consentitemi, sarà sacrificato sull'altare della vendetta.

Boss Khan si schiarì la gola. Fin Khan e Casin Khan si lanciarono uno sguardo imbarazzato, ma Piersilviogìn non vi badò.

- Il momento di incrociare le scimitarre col nemico è alfine giunto. I nostri avversari, consentitemi, non hanno scampo: sono già stati sconfitti quando ho abbattuto con le sole mani la Grande Muraglia di Berlino, e...

Boss Khan roteò gli occhi. Casin Khan scosse la testa sconsolato. Fin Khan tossicchiò più volte. Poi, vedendo che il sovrano non gli badava, si alzò in piedi con decisione.

- Forse è meglio partire, potente Piersilviogìn.

Il sovrano sobbalzò. Poi, vedendo che anche gli altri si alzavano, annuì. - Prendiamo i cavalli.

...

La Pianura dei Settemila Nuovi Posti di Lavoro brulicava di guerrieri in armatura, di archi, lance, spade e cavalcature bardate da corazze di cuoio. Aiutato dal fido Fedehmil, Piersilviogìn si issò sulla sella e valutò la forza dell'esercito nemico.

- In verità. - sussurrò, rivolto più a se stesso che al lacchè - E' potente come il nostro. Forse anche più numeroso. Non sarà facile batterlo...

Stava per dare i suoi ordini alla truppa, quando si avvide che improvvisi movimenti scuotevano il fronte avversario.

- Che succede? - disse Fin Khan.

- Guarda! - esclamò Casin Khan - Non ci posso credere!

- Pirlun di un pirlun! - aggiunse Boss Khan - Combattono tra loro!

Aguzzando la vista, Piersilviogìn si rese conto che era proprio così. I demonaimani si erano gettati contro i pidiessahiti sbraitando le tradizionali, inumane urla di guerra del loro clan: "Ricostruiamo il grande centro!" e "Per la seconda gamba dell'Ulivo!". I pidiessahiti, dal canto loro, scagliavano contro gli imprevisti aggressori nugoli di frecce e lance dalla punta triangolare al feroce grido di "Uniti nella diversità!" e "Abbiamo il diritto di scegliere il leader della coalizione!". I giudiciat di Dipietrhutai, in formazione compatta, colpivano al fianco ora l'uno ora l'altro alleato, agitando i vessilli con le manette rosse in campo bianco e gridando a squarciagola "Non vogliamo essere solo dei cespugli!" e "Per la Steppa dei Valori!". Rutell Khan vagava nel bailamme, assolutamente incapace di porre fine allo scontro fratricida.

Dapprima incredulo, poi speranzoso, infine entusiasta, Piersilviogìn balzò di nuovo in piedi sulla sella.

- Consentitemi, cari alleati! Alla vista del nostro possente esercito, il nemico è impazzito di paura!

- Veramente mi sembra che non ci abbiano neppure visto. - commentò Fin Khan.

- Questi non ci cagano neanche di striscio. - approvò Casin Khan - Si danno mazzate l'uno con l'altro come se si odiassero molto più di quanto odiano noi.

- Consentitemi, non ha importanza! - tagliò corto Piersilviogìn - Ciò che conta è che abbiamo vinto! Ci prenderemo tutto: le loro terre, il bestiame, le tende, i cavalli, i gioielli, le pellicce, gli stivali, il kumyss e Barbara Palombelli! Il mondo intero saprà che... - all'improvviso, il piede gli scivolò dalla sella.

- Attento, mio imperatore! - strillò Fedehmil. Si gettò per afferrare al volo il sovrano, ma fu troppo lento.

Piersilviogìn annaspò nel vuoto, tentò di afferrare la criniera del suo destriero, ma le sue dita strinsero solo l'aria. Rovinò al suolo, batté la testa...

...e si trovò ai piedi di un baldacchino monumentale in stile seicento francese. Con stupore, riconobbe la camera da letto della sua villa di Arcore. Un uomo straordinariamente somigliante a Fedehmil, che dormiva acciambellato ai piedi del letto, corse preoccupatissimo a sincerarsi che non si fosse fatto male.

- Tutto bene, presidente?

- Ho fatto un sogno stranissimo, Emilio... - disse, battendo le palpebre - Ero il grande khan dei mongoli e vivevo nella steppa... Sembrava così reale...

- Questo Chew-9 è davvero forte, presidente. Non dovrebbe prenderlo, prima di dormire.

- Forse hai ragione, Emilio. Da domani solo latte.

- Come ordina, presidente.

E si rimise a dormire. Il suo ultimo pensiero fu che dopotutto non era difficile fare il khan. Non c'era tanta differenza, in fondo.

FINE Il che significa "racconto terminato". Nel caso che al pubblico sfugga qualcosa.