Triestina è inoltre una webzine amatoriale, Continuum, fondata nel 1999 da Roberto Furlani e che ospita materiale narrativo e saggistico spesso a firma di noti autori ( members.xoom.virgilio.it/continuum).

Quanto alla narrativa di fantascienza, infine, va sottolineato che da Trieste sono emersi alcuni dei più interessanti autori italiani, tra cui sono da citare almeno Livio Horrakh, Grazia Lipos, Fabio Calabrese, Stefano Tuvo.

Ciò che mi attirò subito di Stefano Tuvo fu la scrittura molto agile, capace talora di funambolismi sperimentali e comunque mai piatta o ordinaria, come invece spesso accadeva o accade nella narrativa di genere e nella fantascienza. Di solito infatti si pensa che basti la storia raccontata, "straordinaria" di per sé, a sostenere un racconto. Purtroppo non è così, anzi dopo circa un secolo di elaborazioni fantascientifiche lo è sempre meno. E fra gli autori emersi fino agli anni Settanta Tuvo fu tra i pochi, in Italia, a considerare la questione e a prestare in modo naturale una consapevole cura al linguaggio.

Credo che questo aspetto si possa notare anche ne Il Grande Paese, che narra di un David Byrne a corto di ispirazione per un suo brano (quello che dà il titolo alla storia) finché non interviene qualcuno a offrirgli strani suggerimenti. Siamo ad una garbata, affettuosa rievocazione e celebrazione del famoso artista.

Quanto al resto (il Tuvo "privato") preferisco lasciare all'autore stesso la parola. Ecco dunque una sua nota biografica, scritta espressamente per i lettori di Delos.

"Sono nato a Trieste il 7 ottobre 1953, e sono sempre vissuto nella mia città.

Laureato in Medicina, lavoro presso l'Asl di Gorizia.

Mi interesso di fantascienza fin dall'infanzia: il mio primo libro del genere fu Il pianeta rosso di R.A. Heinlein (Ed. La Sorgente), regalatomi in occasione del Natale 1959 e presto seguito da altri titoli, il più notevole dei quali fu certamente Astronavi in pericolo (Vandals of the Void [NdC: La Sorgente, 1960; precedentemente edito su Urania n. 53 come I vandali dello spazio]), scritto da un irriconoscibile (in senso buono!) Jack Vance. Ricordo anche in quegli anni le figurine (originali Usa) sulla conquista dello spazio, fornite per dieci lire d'allora insieme a una pallina di chewing-gum da appositi distributori. (Naturalmente ho commesso il crimine di dar via l'intera raccolta: mancava, a completarla, la sola rarissima figurina dedicata... al primo uomo sulla Luna!)

Negli anni successivi, dal '63 al '67, l'entusiasmo iniziale si raffredda un po'. La verità è che da un lato giungono altri interessi (storia, musica), dall'altro sono ormai troppo... grande per i juveniles, ma al tempo stesso troppo "ragazzino" per Urania e Galassia. Nel '67, durante le vacanze, leggo i miei primi libri di fantascienza adulta: Viaggio allucinante di Asimov (ma l'ha scritto lui? Chiedere ad Alan Dean Foster...) e l'Urania intitolato Metà A, metà B, con la bellissima novella di Bester Due nella metropoli. Da allora, la lettura di Urania (con qualche Galaxy o Galassia qui e là: purtroppo in casa ne giravano pochini) diventa una piacevolissima consuetudine. Difficile indicare, fra i tanti, un autore preferito; posso citare però due testi: Paradosso cosmico di Charles Harness, letto d'un fiato il 25 dicembre del 1970, un Natale freddo e triste (i miei stavano divorziando) illuminato dalla straordinaria bellezza di quel libro, e Il giorno che il passato se ne andò di Robert Silverberg, nell'antologia La fabbrica dei flagelli (1970). E' di quello stesso periodo l'incontro con il cinema di Stanley Kubrick e il suo "trittico" Stranamore-2001-Arancia meccanica. Questi film influenzeranno moltissimo la mia visione di un "futuro possibile".