- Cosa c'entra suo fratelo?

- L'ha trovato lui, a questo alieno qua. Mio fratello nelle fogne ci lavora per il comune, è lui che ci ha presentati.

- Che state dicendo? - li interruppe Aglien smettendo di agitarsi.

- Niente, signor Aglien. Il mago qui mi ricordava che anca in Italia xe la stessa cosa.

- La stessa cosa che?

- Anca l'Italia xe una democrasìa.

- E checché ne dicano, è destinata a restare tale! - urlò il generale Pattone comparendo da un cunicolo. Gli era al fianco un militare in maschera e lanciafiamme. Altri militari apparvero da ogni direzione. Pattone calzò la maschera anche lui e disse:

- Aha i gaho ghe hi honhegniae a oi, Aie.

- Non si capisce una parola.

Il generale avanzò di qualche passo nella melma e si liberò della maschera:

- Dicevo, sarà il caso che vi consegniate a noi, Aglien. Ho l'ordine di trattenerla senza farle del male.

- Le mie coordinate mi davano l'Italia come una dittatura - disse ancora incredulo Aglien.

- Sicuro di non confondersi, non so, con la Libia, la Serbia...?

Aglien ci pensò, si grattò il terzo orecchio, e batté un piede a terra come per disappunto:

- La Libia, è vero, era in Libia che dovevo atterrare! Ho fatto un po' di confusione.

- Per essere di una civiltà superiore, ne ha fatta tanta di confusione.

- Dista molto?

- Cosa?

- La Libia.

- Beh, saranno... - Il generale ebbe un sussulto: - Eh no, se crede di squagliarsela...

In quel momento Ciro e Pasquale si affacciarono alla botola:

- Ueh mago, ma dove...?

- Oh, porc...

Aglien colse l'attimo, dalla bocca-sifone emise una fiatata in confronto alla quale l'aria delle fogne pareva Chanel nƒ 5. Istintivamente Moldè trattenne il fiato e si tappò le nari. Ciro e Pasquale, colpiti in pieno, stramazzarono. Uri Naler, trattenendo il fiato anche lui, si lanciò verso l'uscita, ma la schedina gli cadde. Per recuperarla tornò indietro, e venne steso da una seconda fiatata di Aglien. I militari azionarono i lanciafiamme, ma c'era il rischio di colpire amici. Il generale Pattone rimise al volo la maschera e urlò:

- Fehmo!

Aglien si scagliò contro un milite travolgendolo. Un altro milite lo prese di mira col lanciafiamme, ma non riuscì a fermarlo.

- Gnanca col foco - considerò Moldè.

- Brehsho, inhgeguiàmoho! - fece il generale lanciandosi sulle tracce di Aglien che intanto era già svanito dietro un cunicolo.

L'alieno aveva preso un buon vantaggio e si faceva largo a fiatate. Ogni forma di vita stramazzava al suo passaggio: ricettatori di motorini rubati, ratti taglia cane pastore, pescatori di ratti, camorristi in consiglio di amministrazione, tutta la fauna usuale delle fogne di Napoli.

Aglien voltò l'ennesimo angolo: verso il fondo di quel budello balenava un fuoco. Vi si diresse, arrivato a dieci metri si rese conto di cosa fosse: un padellone del diametro di due metri, sotto il quale era stato acceso un falò. Aglien frenò davanti al padellone e ci guardò dentro: c'erano circa un quintale e mezzo di friarielli che sfrigolavano. Aglien si grattò il terzo orecchio con candido stupore. Fu l'ultimo gesto che fece, prima di beccarsi uno spintone da dietro e finire nel padellone. Dina Pasculli apparve nella penombra: impugnava un forchettone di legno alto quanto lei, col quale affondò Aglien nei friarielli. Aglien fece solo in tempo a sfiatare goffamente un paio di volte, poi cominciò a liquefarsi nei friarielli, ululando con tonalità siderali.

Giunsero i militari, il generale e Moldè, giusto in tempo per vederlo sparire del tutto nel padellone. Il generale sfilò la maschera: