Nel 1982 hai vinto la prima edizione del Premio P.K. Dick con il romanzo Software. La critica sottolineò il tuo ruolo da "testa di ponte" tra gli innovatori di un genere e i più recenti sperimentatori. Sei d'accordo con questa descrizione e credi che Freeware appartenga a questo processo di crescita continua? Oppure, al contrario, ti descrivi oggigiorno in maniera molto diversa?
Oh, sicuramente, la mia scrittura è assolutamente al limite di ciò che è possible fare con la fantascienza. E non è come con molti giovani scrittori che mi seguono scrivendo cose analoghe. Io sono sempre alla ricerca di nuove tracce. La gran parte della fantascienza è ragionevolmente non-immaginativa, si muove su binari sicuri e spesso è illetterata. Ciò che vedo accadere è che un certo numero di scrittori non di genere, stanno cominciando a utilizzare la fantascienza nei loro libri e quindi in questo modo si avvicinano a quello che faccio io. Ma un autore, non di genere, che arriva fuori dal mondo della SF tradizionale, qualche volta non è in grado di rendere sufficientemente valida la parte scientifica del libro. Parlando di premi, voglio anche ricordare che quest'anno sono stato a Rimini dove ho ottenuto la medaglia del senato italiano per la mia attività di scrittore fantascientifico. Si è trattato della conferenza sponsorizzata dal centro Pio Manzù. Sono stato paragonato a Lewis Carroll, il che rappresenta un modo diverso di pensare ai miei lavori.
A proposito dei tuoi romanzi, so che Software è stato opzionato per dieci anni dalla Phoenix Picture. Recentemente ho visto il film The Sixth Day e mi è parso che l'idea centrale di registrare i pensieri via software e di caricarli nella testa di qualcun altro fosse molto simile al tuo libro Wetware. Sei stato in qualche modo coinvolto in questo film di Schwarzenegger?
No, non sono stato consultato. Ho visto Schwarzenegger una volta negli uffici della Phoenix Pictures a Hollywood che cercava di mantenere viva l'opzione su Software. Ma la Phoenix uccise l'opzione e produsse The Sixth Day. Certamente mi sento come derubato di alcune idee. Quello che mi ha fatto veramente arrabbiare è che sono veramente andati oltre anche con il nome del furfante del film. Lo hanno chiamto Drucker, capite? Dr. + Rucker. Suppongo dovrei citarli, ma al pensiero di citare qualcuno mi sento stanco in partenza, così continuo a rinviare.
La SF può essere spesso lo specchio della realtà. Dopo l'ultimo disastro aereo di New York accaduto nel Queens, come pensi l'intera comunità fantascientifica e gli stessi scrittori reagiranno a quanto sta accadendo nel mondo?
Certamente ti fa pensare. Capisci, io preferisco scrivere di futuri soleggiati, e non mi piace neppure pensare al mondo avviluppato al terrorismo per il resto dei nostri giorni, o allo schifo di una guerra biologica. Non è il futuro che voglio vedere e non è il futuro di cui voglio scrivere. Penso, comunque, che vedremo presto un'ondata di libri imperniati sul futuro nelle mani del terrorismo. Per me, invece, ci sono molte altre cose sulle quali soffermarsi a pensare. Resisto agli attacchi dei media che dettano su cosa pensare e su cosa no. Ho solo una vita a disposizione per scrivere e perché mai dovrei avere i miei soggetti allineati alla propaganda politica? Chi mai si interesserà dei Talebani tra cinquant'anni? Fino ad allora avremo combattuto molte altre guerre. Abbiamo sempre combattuto guerre. La guerra non è un soggetto che mi interessa personalmente. Preferisco scrivere di amore, scienza, idee, arte, programmazione creativa, tutte cose che rendono la vita più semplice e più vivibile, lasciandosi alle spalle i combattimenti.
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