Una cinquantina di anni fa in televisione esistevano solo due canali televisivi Rai: il primo e il secondo, e i loro palinsesti iniziavano nel pomeriggio. Ma quando arrivava l’estate c’era una sorpresa, come nei vecchi cinema dell’epoca: a metà mattinata veniva trasmessi dei film, rigorosamente in bianco e nero, ma (fortunatamente) non tutti dello stesso genere. Il pubblico al quale ci si rivolgeva era quello che rimaneva a casa senza particolari impegni, tra cui anche bambini e ragazzi liberi dagli impegni scolastici.

Quelli di noi che appartenevano a questa fascia di età ricorderanno di sicuro che passavano drammoni a tinte fosche che facevano appassionare le donne delle nostre famiglie, film western, di avventura, film di guerra e poi… fantascienza.

Lì si apriva la lotta perché le “donne di casa” (che in quell’orario detenevano il potere di accendere o spegnere il televisore) dinanzi a dischi volanti, astronauti, mostri dallo spazio profondo, venivano prese dall’incontenibile impulso addirittura di staccare la spina dell’elettrodomestico, tanto le irritava quel tipo di storia e, alle volte addirittura minacciavano di telefonare alla Rai perché “certi tipi di film così spaventosi non dovrebbero nemmeno trasmetterli”.

Da quei film, però, per noi è iniziata la passione per il genere e per le storie, quella che ci ha spinto a cercare pellicole simili, libri, e, quando sono arrivati anche da noi, i telefilm.

Ma la vera emozione fu quando (non chiedetemi per quale fortunata combinazione) nel cinema di paese iniziarono ad arrivare (una volta al mese, il giovedì pomeriggio) pellicole intitolate: Il Pianeta Proibito, Ultimatum Alla Terra, L’Invasione degli Ultracorpi, La Cosa da un Altro Mondo e La Guerra dei Mondi. Qualcuno di questi l’avevamo già visto in televisione, ma al cinema era tutta un altra storia.

E questo, penso, è anche il motivo che sta spingendo le Major a riproporre i propri grandi successi di fantascienza in occasione di qualche anniversario. È successo con 2001: Odissea nello spazio per il 55° dalla prima uscita, con Interstellar e altri targati Warner Bros per i 100 anni degli studios.

Ovviamente sono operazioni commerciali (che si portano dietro anche il merchandising di blue ray e cofanetti) ma sono anche l’occasione di rivedere (noi) e far vedere (a chi vogliamo) sul grande schermo film che altrimenti rimarrebbero legati solo al televisore di casa (che per quanto possa essere enorme e tecnologico non è comunque una sala cinematografica).

Non so se vi è mai capitato di parlare con ragazzi dai 15 ai 25 anni appassionati di fantascienza che magari se ne escono con la frase: “L’hai visto al cinema?!” riferendosi ad uno qualsiasi dei film che compongono il panorama fantascientifico degli ultimi trent’anni.

Effettivamente l’iniziativa delle case produttrici può essere un buon sistema per mostrare la differenza tra fruizione casalinga e cinematografica e poi, ammettiamolo, è una iniziativa a “isorisorse” come si dice in ambiente lavorativo. Ovvero con minima spesa rispetto alla produzione di un nuovo film e un discreto guadagno.

Unendo le due cose, e senza voler cadere in trappole nostalgiche, è una ottima occasione quella di far ripassare film “classici” (non staremo qui ad aprire una diatriba sul termine) al cinema, ma, come al solito, non basta.

Si fa cultura guardando alle radici del genere, alle cosiddette pietre miliari della produzione, a quelli che hanno rappresentato dei punti di svolta. Ma se tutto questo non serve a stimolare nuove idee nuove storie, nuovi modi di raccontare la fantascienza, allora il tutto ha solo il malinconico sapore del canto del cigno. Ci vuole coraggio, bisogna saper rischiare, e aprire nuove strade. E con auspici del genere è un po’ triste sentire, ad esempio, che James Cameron ha in produzione solo sequel di Avatar (film che avulsi dalla sala cinematografica si sgonfiano come dei palloncini) o l’ennesimo rilancio di Terminator, o che Ridley Scott si sta ancora arrovellando su come spremere sangue dalla “rapa/Alien”. Possibile che nessuno abbia nuove idee? E sto parlando di idee originali, messe giù da uno sceneggiatore e un regista con “sangue e sudore” come George Lucas ha sempre definito il lavoro di scrittura. Ma a quanto pare questo non sembra sufficiente, bisogna che dietro il film ci sia già un merchandising pronto ad aumentarne i guadagni o limitarne le perdite, e se i cinecomics sembrano iniziare a stancare, beh, pare che inizieranno a saccheggiare i videogiochi.

Produrre film da nuove idee originali, però, questa si che sembra pura fantascienza.