Demenziale, ridicolo sopra le righe, Il terzo film dedicato al Dio del Tuono, Thor: Love and Thunder porta la firma autoriale di Taika Waititi e con se il bagaglio di critiche che lui stesso si trascina dietro.

Il giovane regista neozelandese in “pochi” anni è stato per la sua spontanea autoironia riconosciuto dal pubblico come un ribelle. Non esistono mezze misure: viene considerato un “distruttore” di franchise, che trasforma in parodia ogni cosa che “tocca” e al contempo un autore dalla sensibilità rara specialmente dopo l’uscita di Jojo Rabbit (2019) dove  ha dimostrato la capacità di trattare con delicata ironia un tema difficile come quello dell'antisemitismo.

Il progetto Love and Thunder strappa le pagine a fumetti dell’arco cominciato nel 2018 de La Potente Thor dove la dottoressa Jane Foster diventa un “Thor” titolo che viene attribuito a chiunque venga scelto dal martello Mjolnir come degno di utilizzare i suoi poteri straordinari. Il personaggio che ha sempre avuto un suo corso su carta, nell’MCU era stato messo da parte complice la fitta agenda della celebre interprete Natalie Portman.

Thor (Chris Hemsworth) figlio di Odino dio del tuono che fin dall’infanzia “combatte per il bene per quelli che non sanno combattere bene” superata la depressione a cui si era lasciato andare in Avengers: Endgame (2019) vaga senza meta con i Guardiani della Galassia e, insieme, proteggono “gli alieni” buoni da quelli “cattivi”.

Thor riceve una richiesta d’aiuto da parte di una sua vecchia conoscenza e viene a scoprire che molti dei sono stati uccisi dalla Necrospada, un arma in grado di porre fine alle loro vite e potenzialmente anche alla sua. Jane Foster, scienziata del New Mexico, ex interesse amoroso di Thor, combatte la sua battaglia personale sulla terra: è malata di cancro.

Delusa dai risultati della chemioterapia, decide di trovare risposte dentro ai suoi libri sulla mitologia norrena e scopre come ottenere nuova forza e vigore dai resti del martello magico Mjolnir. Jane non può sapere che questo ha un costo.

Con al suo fianco Re Valchiria (Tessa Thompson) e Korg  il kronano (Taika Waititi stesso) Thor si mette sulle tracce di colui che brandisce la spada maledetta, Gorr il Macellatore di dei (Christian Bale!) e lungo il suo cammino per sconfiggere un nuovo nemico incontra il suo vecchio amore.  

Guns N’ Roses, chitarre elettriche, capre pazze giganti (dalla mitologia: Tanngrisnir e Tanngnjostor) che grugniscono come “meme” ad effetto, una carrellata di personaggi variopinti e parodie di parodie, non manca nulla, ci sono anche i bambini da salvare e una carrellata di cameo notevoli dove l’amore nel bene e nel male è l’ingranaggio che fa girare gli eventi. Ha un finale assolutamente inaspettato dove si passa (realmente) dal colore al bianco e nero, la comicità ingombrante viene assorbita dell’epica e se si guarda fino alla fine può perfino commuovere.

Al netto delle considerazioni fatte per i tre film precedenti (il migliore resta Thor del 2011 diretto da Kenneth Branagh) dove le dosi di ironia e drammaticità erano sbilanciate si comprende la scelta coraggiosa del regista che deliberatamente ha scritto e diretto un disastro annunciato come “una classica avventura alla Thor” .