Strano destino, quello dei Mutanti dell'Universo Marvel. Nati dal sodalizio Lee/Kirby, su ispirazione della Doom Patrol, hanno sempre rivestito il ruolo degli outsider destinati a vivere storie che parlano di diversità, integrazione e razzismo nel loro primo periodo per poi diventare l'universo più complesso, soapoperistico e redditizio nelle mani di autori come Chris Claremont e John Byrne che li fecero esplodere in numerose nuove testate e miniserie negli anni ‘80 e ‘90 inaugurando anche la moda dei X-Over, saghe che riunivano tutte le testate (spesso dotate di svariate copertine variant) spingendo le vendite oltre ogni rosea previsione.

Non stupisce dunque che, quando la casa madre decise di vendere i diritti cinematografici di alcuni suoi personaggi, i più richiesti per le ottime vendite in edicola e fumetterie furono Spider-Man e gli X-Men. Il primo se lo assicurò la Sony, mentre la famiglia dei mutanti, insieme ai Fantastici 4, finì in mano alla Fox.

Bryan Singer, che all’epoca brillò per il film I Soliti Sospetti e che si era sempre dichiarato fan dei loro fumetti, si assunse la responsabilità di portare sullo schermo i personaggi della serie.

È dunque a lui che va il merito di aver trasformato i cinecomics in un genere appetibile per le case produttrici e anche (perché no) quello di aver fatto piazza pulita di coloratissimi costumi aderenti francamente kitsch a favore di una interpretazione più vicina alla realtà (per quel che può significare), alla quale aderiranno più o meno consapevolmente tutti gli altri, compreso Christopher Nolan nella sua straordinaria trilogia del Cavaliere Oscuro.

Tuttavia se una colpa si può imputare a Singer è proprio quella di aver mollato i suoi X-Men al terzo e conclusivo episodio della trilogia, facendosi sostituire da Brett Ratner che, ahimè, ci offrì un film da collocare insieme al secondo e terzo Matrix e magari anche al reboot de I Fantastici 4, sempre di casa Fox, nel settore “film mai esistiti”.

Il contraccolpo economico spinse la Fox a seguire ancora una volta i dati di vendita dei comics e puntare sugli spin-off dedicati al mutante singolo campione di vendite: Wolverine. Anche qui, però, la realizzazione del primo film fu incredibilmente improntata ad un “vorrei ma non posso”. Contemporaneamente a questo film, va notato, la Marvel decise di iniziare la Infinity Saga con Iron Man, creando la prima frattura in quello che poteva essere un universo condiviso tanto da portare la Marvel Comics alla scelta di depotenziare sia le testate mutanti sia i Fantastici 4 (addirittura chiusi del tutto), per non funzionare da traino ai cinecomics della concorrenza Fox, anche se il deus ex machina Kevin Feige aveva mosso i suoi primi passi proprio nella produzione degli X-Men.

I successivi spin-off di Wolverine ci regaleranno, dopo un secondo episodio di buona fattura, il capolavoro Logan che, se pur ambientato, a detta dei produttori, in un Universo Alternativo riguardo gli altri film degli X-Men, per la maggior parte degli appassionati rappresenta la chiusura più bella e crepuscolare sulle vicende di tutta una generazione di mutanti.

La comparsa della Marvel come produttore autonomo accese la rivalità con la Sony e il suo Spider-Man nonché, soprattutto, con la Fox che, volendo continuare a gestire sia X-Men che I Fantastici 4 allo scopo di mantenere la proprietà sui personaggi, iniziò a mettere in cantiere nuovi trattamenti dei “vecchi” personaggi.

Giova sottolineare come la Sony abbia poi capito quanto poteva guadagnare in rilancio, collaborando con la Marvel, mentre la Fox decise di mantenere la strategia “muro contro muro”, conclusasi poi con l'acquisizione della Fox da parte della Disney/Marvel.

Il lavoro della Fox però non è stato del tutto inutile. Abbiamo avuto modo di godere un ottimo X-Men l'Inizio, per poi assistere al colpo di spugna di Giorni di un Futuro Passato, finalmente ridiretto da Singer, che offriva l'occasione di dare un colpo di spugna allo sventurato terzo episodio di Ratner.

Purtroppo il successivo episodio Apocalypse, sembrava scritto e diretto da un Singer controvoglia e si scontrava con Civil War sul versante Marvel e, proprio in casa Fox, doveva rivaleggiare con il nuovo approccio al mondo mutante offerto da Deadpool.

Il prodotto successivo, il più travagliato, nonché quello con cui giunge alla conclusione la saga dei mutanti in casa Fox, ci riporta, ancora una volta, alla saga di Dark Phoenix/Fenice Nera.

In un irrazionale accesso di superstizione potremmo dire che il personaggio di Fenice è sempre stato latore di un misto di successo/fallimento. Infatti, ogni volta che la Fenice Nera che possiede Jean Grey si è fatta viva anche nei comics ha caratterizzato un momento “clou” delle storie quasi sempre contraddetto dagli eventi successivi.

Anche stavolta, la maledizione ha colpito. E se nel terzo episodio di Ratner toccava a Famke Jansen interpretare la potentissima Fenice, nell'ultimo film è Sophie Turner a vestirne i panni.

La trama di X-Men: Dark Phoenix inizia nel 1992. Gli X-Men, vengono convocati dal governo statunitense per salvare alcuni astronauti in pericolo di vita a causa di una missione fallita. Fra le stelle, una misteriosa entità cosmica prende di mira Jean Grey (Sophie Turner), travolgendo il suo corpo; sembra che intenda ucciderla. Quando si risveglia, Jean inizialmente si sente forte, rigenerata. Poi però, al suo ritorno sulla Terra, inizia a rendersi conto di aver acquisito dei poteri che vanno al di là della propria comprensione e del proprio controllo.

Mentre scopre i segreti che Charles Xavier (James McAvoy) le ha nascosto rispetto al suo passato, Jean diventa sempre più distruttiva e rivolge la propria rabbia e disperazione contro le persone che le sono più care.

Il regista della pellicola Simon Kinberg spiega: “Quando Jean torna dalla missione nello spazio, scopre di possedere un potere incontrollabile, che continua ad aumentare e a intensificarsi, una forza in grado di scatenare o liberare vari aspetti della sua personalità. È un potere che sprigiona emozione, rabbia e passione”.

Raven cerca disperatamente di aiutare Jean a ritrovare il suo equilibrio, poiché la considera sua amica e consigliera. Tuttavia, Jean scatena la propria furia anche contro di lei, uccidendola. Questo evento sconvolgente crea una profonda frattura negli X-Men: alcuni di loro sono convinti di dover tentare in tutti i modi di salvare la loro amica, mentre altri pensano che sia necessario fermarla, prima che faccia del male ad altri.

“Era il momento giusto per realizzare un film di supereroi guidato da una donna, e la storia di Dark Phoenix, in questo senso, ha un impatto molto forte all’interno del mondo degli X-Men”, prosegue Kinberg. “Oggi il pubblico è pronto ad assistere a una storia radicale, che scardina tutte le certezze, in cui c’è un personaggio positivo che diventa negativo, un’eroina che perde il controllo e che scatena una forza distruttrice, persino omicida. I fumetti e i film basati sui fumetti, tendono a dividere nettamente eroi e anti eroi, buoni e cattivi. Quando un eroe fa qualcosa di brutto o quando un villain fa qualcosa di buono, è sconvolgente. Non si sa più da che parte stare. In questo momento storico il mondo è un po’ sottosopra dal punto di vista politico e sociale. Non c’è più nulla di così netto e definito come in passato. Manca l’unione, ognuno sente di aver perso le proprie certezze. Questa storia riflette proprio questo sentimento contemporaneo: c’è un personaggio che vive una trasformazione radicale che produrrà una divisione profonda all’interno della famiglia degli X-Men”.

Diversi mesi prima di iniziare a scrivere la sceneggiatura, Kinberg ha voluto incontrare l’attrice Sophie Turner per illustrarle il progetto.

“Le ho spiegato che il suo personaggio in sostanza diventa schizofrenico, perde la propria identità e in ultima analisi assume due identità: quella di Jean, sempre più fragile, e quella della Fenice, che acquista sempre più forza”, spiega Kinberg. “Le ho detto che avrebbe dovuto mettere in scena il trauma di una persona che perde la ragione e uccide le persone che ama, cercando di esprimere tutte le tonalità emotive di questa condizione. Nella storia Jean Grey non è realmente malvagia, ma non è neanche un supereroe che salverà il mondo e grazie al quale tutto andrà bene. E’ un personaggio tormentato. Sperimenta una sofferenza reale, sembra affetta da una malattia mentale. In lei convivono il bene e il male. È una lotta comune a molte persone”.

Responsabile del cambiamento di Jean è anche il Professor X, che ha bloccato in lei il potere supremo sin da quando l'ha conosciuta la prima volta. Arrogandosi il diritto di decidere della sua vita senza consultare nessuno.

L’attore James McAvoy, che ha interpretato Charles Xavier nei primi tre film degli X-Men, ha detto a questo proposito: “In questo film Charles inizia a montarsi la testa. Appare sulla copertina del Time. È il volto ufficiale degli X-Men, è lui che tutti elogiano per l’operato degli X-Men. Calca i tappeti rossi, stringe la mano dei presidenti. È come un padre che ama i suoi bambini e crede che siano capaci di qualsiasi cosa. Tutto questo sembra molto positivo, ma d’altro canto se non raggiungono il massimo, se non soddisfano le aspettative che il mondo ripone sulla squadra, Charles teme che questo possa danneggiare la sua immagine così decide di non dare ascolto ai dubbi di Raven rispetto alla missione interstellare e invia comunque la squadra nello spazio. A quel punto il destino di Jean è segnato e come se non bastasse la donna viene a sapere che Charles ha eretto una barriera nella sua testa per proteggerla dalla verità dolorosa che riguarda il suo passato: Jean si sente profondamente tradita e questo scatena in lei un istinto di violenza. Torna sulla Terra spinta da una forte curiosità e dal desiderio di fare luce su alcune vicende della sua vita che Xavier le ha celato”, prosegue McAvoy. “Quando si rende conto di ciò che ha fatto, prova un sentimento giustificato di rabbia: al posto di permetterle di elaborare un’infanzia difficile, Charles le ha mancato di rispetto, cancellandole i ricordi. Il trauma riaffiora e galvanizza il potere oscuro che si è impossessato di lei.

Quegli eventi conducono direttamente al confronto che porta all’uccisione di Raven e alla successiva divisione della squadra. Il sogno di Xavier gli si frantuma tra le mani.”

Purtroppo nonostante le premesse e gli sforzi profusi, la produzione del film è stata travagliata dalle vicende societarie della Fox, generando non solo riscritture e ripartenze, ma anche continui spostamenti di uscita, con conseguenti problemi riguardo la campagna pubblicitaria fino a giungere all'uscita del prodotto finito che chiude decisamente in calando il quasi ventennio di gestione di mutanti da parte della Fox. Sempre a questo proposito, bisogna dire, ci sono stati tutti una serie di mea culpa e scuse sui social e attraverso i siti di news da parte di Kinberg e dei produttori . Ciò non toglie, però, che una simile conclusione, offuscata anche dal finale col botto di Avengerse: Endgame, lascia gli appassionati con l'amaro in bocca e soprattutto con una serie di domande e desideri riguardo la gestione del parco personaggi Fox definitivamente tornati a casa Disney/Marvel.