La scienza è sempre imperfetta. Ogni volta che risolve un problema, ne crea almeno dieci nuovi.

George Bernard Shaw

L’ascensore fermò la sua discesa al quarto piano sotterraneo, aprendo le sue porte su un laboratorio asettico, dai muri metallici di un color argento lucido e con numerose apparecchiature ovunque. Un sottofondo di ronzii elettrici spezzava l’altrimenti pesante silenzio. La parete che si apriva di fronte al nuovo arrivato era costituita da un’unica vetrata che permetteva di guardare nella stanza accanto. Un letto sottile e basso ne costituiva l’unico accessorio d’arredamento.

– Benvenuto, Gabriele.

Il saluto proveniva dalla destra rispetto all’uomo che orientò lo sguardo per cercare chi avesse pronunciato quelle due parole, senza notare nessuno. Il suo accompagnatore gli indicò con un dito l’altoparlante in alto.

– Sono il professor Lorenzi –, proseguì la voce, – e le do il benvenuto nell’Area Sette, come noi chiamiamo i locali in cui si trova attualmente.

– Grazie, ma… –, balbettò l’uomo.

– Siamo noi a ringraziare lei, Gabriele, che si è proposto per questo esperimento eccezionale. Il dottor Kyrian le spiegherà in breve di cosa si tratta e come lei dovrà comportarsi. Noi avremo tempo per incontrarci più tardi quando la sottoporremo agli esami conclusivi.

La voce svanì senza lasciare echi. L’uomo si girò allora verso l’accompagnatore che lo osservava senza mostrare alcuna emozione.

– Quando riceverò il saldo? –, domandò.

– Appena avremo finito. Non ha già percepito l’anticipo?

– Sì… –, e aggiunse: – Non è pericoloso vero?

Il dottor Kyrian, con un gesto, lo invitò ad avvicinarsi alla vetrata.

– Vede quel letto? Lei dovrà entrare nella stanza, sdraiarvisi sopra, tenere d’occhio la luce sulla parete che inizialmente sarà rossa, poi passerà al verde e infine di nuovo al rosso. Dopo di che si alzerà, tornerà qui e io la condurrò in un piccolo ambulatorio al primo piano dove le verranno prelevati un campione di sangue e uno di DNA, e dove la sottoporranno a un paio di esami clinici per accertarsi delle sue condizioni. A quel punto se ne potrà tornare a casa con in tasca l’accredito di cinquemila euro. Non mi pare complicato.

– Veramente io le ho chiesto se sarà pericoloso, non complicato. La procedura mi era già stata spiegata.

L’altro non rispose. Azionò un interruttore e la porta che conduceva nella stanzetta si aprì.

– Vada a sdraiarsi e si ricordi di restare immobile nell’istante in cui si accenderà la luce verde.

– È vero che viaggerò nel tempo?

Per la prima volta, Kyrian mostrò un sintomo di inquietudine. Ma fu giusto un attimo, prima di replicare con la consueta voce atona, dal leggero accento slavo.

– Secondo la teoria quantistica che il professore ha elaborato riprendendo la formula di…

– Di queste cose non ci capisco nulla, lasci perdere. Mi dica solo se funzionerà.

Di nuovo quel guizzo inquieto sul volto dell’altro.

– Non ho ragioni per dubitarne e comunque lo spostamento in avanti nel tempo sarà di circa quattro secondi e sette decimi. Non se ne accorgerà lei e, a malapena, noi. Stia tranquillo e vada a sdraiarsi.

Gabriele obbedì e con passi esitanti oltrepassò la soglia e si andò a sedere sul letto. Capì che, in realtà, si trattava di un unico blocco metallico su cui erano stati appoggiati un sottile telo di materiale naturale e un cuscino di pochi centimetri. Notò sopra di lui il led che proiettava luce rossa. La porta nel frattempo si era richiusa senza rumore. La vetrata faceva da specchio, come in quei film polizieschi americani che gli capitava di seguire in tv, quando il detective interrogava l’assassino. Si rassegnò a sdraiarsi.

Ripensò a quando aveva letto quell’annuncio che invitava a presentarsi per un lavoro importante e ben remunerato. Una ragazza carina il cui nome, Alice, spiccava su una targhetta appuntata sull’abito blu, l’aveva accolto nel piccolo ufficio collocato all’ultimo piano di un grattacielo di Milano. Un tizio sui cinquanta l’aveva invitato ad accomodarsi su una poltroncina, però la conversazione era durata poco. Gli era stato chiesto di compilare un modulo con una cinquantina di domande e di riconsegnarlo ad Alice. Dopo una settimana era stato contattato e si era recato di nuovo in quell’ufficio. Aveva firmato alcuni documenti secondo i quali accettava di sottoporsi ad un esperimento non meglio specificato, mantenendo il massimo riserbo al riguardo e sollevando da ogni responsabilità la società Herenow S.p.A. . Questo in cambio di settemilacinquecento euro dei quali una parte versata al momento. E Dio solo sapeva quanto bisogno avesse di quel denaro.

– L’avviseremo noi quando dovremo procedere –, gli aveva annunciato il tizio nell’accomiatarlo. – Le manderemo una vettura e sarà accompagnato in una località segreta. Naturalmente non dovrà farne parola con nessuno o perderà il compenso, anzi rischierà una azione civile per risarcimento danni. E, mi raccomando, si faccia trovare dal nostro autista, non cerchi di scappare altrove…

L’ultima frase fu pronunciata con un tono che Gabriele giudicò volutamente minaccioso anche se velato sotto un sorriso a pieni denti del tizio.

E lui aveva eseguito gli ordini, rassicurato in diverse occasioni dalle visite di una dottoressa inviata dalla Herenow che gli aveva spiegato in cosa consisteva l’esperimento, che non avrebbe comportato alcun rischio e che la sua vita sarebbe ripresa come prima senza problemi. Gabriele sperava che più che come prima, la sua vita migliorasse decisamente: occupava un mini appartamento da venticinque metri quadrati col cesso che funzionava male, non lavorava da un anno, salvo qualche servizio occasionale come rider. Era divorziato da tempo, senza figli, né altri parenti o amici che potessero dargli una mano… Quei soldi sembravano davvero una manna piovuta dal cielo. Ogni timore per ciò che sarebbe potuto succedergli venne vinto dalla necessità di sopravvivere.

La luce rossa mutò in verde. L’uomo trattenne il respiro. Fu un attimo e il led tornò rosso. Probabilmente un falso allarme, pensò Gabriele restando sdraiato ancora per alcuni minuti. Poi si accorse che la porta si era aperta.

– Dottore –, domandò, – è finita? Posso alzarmi e uscire?

Non ricevendo alcuna risposta, si levò e camminò verso il laboratorio. Avvertiva un leggero senso di nausea, come un calo di pressione. Nulla di preoccupante, comunque.

– Allora, dottore, sono andato avanti nel futuro?

Si accorse che nessuno lo stava ascoltando. I macchinari continuavano a ronzare piano, le luci colorate a saltellare sui display creando diagrammi sempre diversi. Su uno schermo balenava a tratti un numero formato da nove zeri.

– Qualcuno mi sente? –, gridò l’uomo volgendosi verso l’altoparlante da cui prima era uscita la voce del professor Lorenzi. Non ottenne che un cupo silenzio.

– Impossibile che mi abbiano dimenticato qui –, mormorò. – Ci tenevano tanto a questo esperimento. Anche se non è riuscito, devono farmi gli esami, controllare che io stia bene…

Si avvicinò all’ascensore, provò a schiacciare i due pulsanti, ma non accadde nulla. Cominciava a provare ansia, il timore di essere rimasto chiuso dentro il laboratorio senza che nessuno si preoccupasse della sua sorte. Batté il pugno contro la porta metallica.

– Mi sentite? Sono quaggiù, venite a prendermi!

Stava sudando, nonostante la temperatura non superasse i venti gradi, almeno secondo l’apposito indicatore a parete.

– Devo stare calmo, non possono avermi abbandonato. Qualcuno arriverà presto.

Cominciò a guardarsi attorno, a esaminare le strumentazioni che pulsavano ritmicamente nella stanza. Il senso di oppressione che gli dava quel luogo lo spingeva a parlare da solo.

– Magari trovassi un cellulare oppure un microfono con cui collegarmi a chi sta negli altri laboratori. E anche dell’acqua da bere, ho una sete bastarda.

Aprì un cassetto che conteneva soltanto alcuni fogli, in un altro trovò degli attrezzi strani che parevano non essere mai stati usati. Notò un armadietto di metallo in un angolo e vi si avvicinò. All’interno trovò diverse barrette energetiche e due bottigliette d’acqua. Ne aprì una e la bevve tutta in un sorso, rovesciandosi addosso alcuni rivoli. Quindi tornò nella stanzetta e si sdraiò sul letto.

– Devo aspettare che vengano a prendermi, tanto vale che mi riposi un po’.

L’ufficio prendeva luce da una ampia finestra da cui si dominava la città. Due addetti al trasloco stavano portando via uno schedario di metallo che, dall’aspetto, doveva essere piuttosto pesante. Non appena furono usciti entrò un uomo alto, dall’aria corrucciata, che stava parlando al cellulare con tono secco e un leggero accento slavo.

– Speravo –, stava dicendo, – che l’ufficio fosse già pronto da ieri e invece stanno ancora lavorandoci.

– Abbia pazienza Kyrian –, gli fu risposto. – I funerali del povero professor Lorenzi si sono tenuti solo due giorni fa. Per il rispetto che meritava, abbiamo dovuto lasciare che il figlio venisse a prelevare gli oggetti personali senza mettergli fretta. E comunque già da oggi pomeriggio lei sarà operativo. Mi conferma i progressi compiuti sul progetto?

– Certo, presidente. Sono partito dagli studi di Lorenzi, ma mi sono spinto oltre allo scopo di prevenire e risolvere il problema del teorema di Massow. Non vorrei che si ripetesse ciò che è successo all’Area Sette un anno fa.

Ci fu un attimo di silenzio dall’altra parte. Poi la voce riprese: – Quella storia non deve uscire fuori, se lo ricordi. Per il mondo intero, tranne lei e me, si è trattato di un’esplosione che ha frantumato un laboratorio vuoto e inutilizzato. Il personale che lavorava ai piani superiori si è salvato grazie alla tecnica costruttiva che aveva reso ogni piano indipendente, separato e protetto rispetto agli altri. Nessuno dovrà mai apprendere la verità.

– Lo sa che un giornalista americano continua a perseguitarmi perché vuole un’intervista su quella faccenda? Dovete levarmelo dai piedi.

– Stiamo già provvedendo, non si preoccupi.

– L’altro giorno mi ha domandato se sia vero che Lorenzi si è ammalato a causa del rimorso per quanto accaduto nell’Area Sette. Voleva sapere anche quante vittime ci siano state in realtà.

– Sono le solite voci che girano in rete sui blog dei complottisti. Non possiamo filtrare tutto. L’importante è che non si ripetano simili errori. Ci siamo intesi?

– Non è stato un errore, presidente. Sia io che Lorenzi volevamo capire se la nostra teoria era corretta, partendo dalla relatività di Einstein sino all’ipotesi di Massow. L’unica possibilità era provare a compiere il salto.

– Già, però è morto un uomo.

– Era stato scelto con cura: niente famiglia, niente contatti particolari, nessuno che si potesse accorgere se fosse sparito. Alla fine l’umanità non ha perso nulla mentre noi invece abbiamo compiuto un notevole progresso grazie a lui.

– Il professore non la pensava così…

– L’idea che si potesse viaggiare nel tempo grazie agli studi di Grigoriev e di Marrow, ma che vi fosse l’incognita che ci si spostasse anche nello spazio, l’ha avuta lui. Quindi è stato stupido a recriminare, a lasciarsi andare in quel modo.

– Il suo staff è riuscito a individuare dove si trova attualmente l’Area Sette?

– Sì. L’errore marginale di calcolo dell’equazione finale l’ha proiettato avanti nel tempo di undici mesi, quattro giorni, dodici minuti e ventisei secondi.

– Allora deve essere ricomparso da poche settimane…

– In effetti. L’Area Sette si è smaterializzata dai sotterranei dei nostri laboratori in Brianza e si è effettivamente spostata avanti nel tempo. L’uomo al suo interno potrebbe persino essere ancora vivo.

– Davvero? Questo non me l’avevate mai detto.

– Vede, le due stanze più un tratto della colonna dell’ascensore che sono sparite insieme alla roccia che le circondava, lasciando letteralmente un buco delle medesime dimensioni, hanno traslocato, diciamo così, nel tempo e nello spazio, ma senza creare danni alla struttura stessa. E l’Area Sette era perfettamente isolata, schermata contro le radiazioni, perfettamente pressurizzata, dotata di un impianto all’avanguardia per il riciclo dell’aria e di un certo numero di provviste distribuite in due armadietti di sopravvivenza. Faccia i conti che Gabriele, così si chiama il nostro eroe, si trovi a vivere all’interno di un piccolo e solido asteroide che sta viaggiando nel cosmo…

– E –, l’interruppe l’altro, – dove l’avete individuato?

Questa volta il silenzio si prolungò più a lungo prima che il dottor Kyrian parlasse.

– Sta superando Urano e si dirige verso Nettuno. Gabriele sarà il primo uomo che si proietterà oltre il nostro sistema solare. Un bel risultato per una nullità come lui, no?

La comunicazione venne chiusa seccamente. Kyrian si mise in tasca il cellulare e guardò dalla finestra verso il cielo grigio di nubi.

– Fai un buon viaggio, amico. In fondo puoi goderti un panorama molto migliore del mio.

Con un sorriso si girò verso i due uomini di fatica che stavano smontando la scrivania.

– Avete famiglia voi? –, domandò. – La nostra azienda sta cercando gente senza legami e disponibile a viaggiare per un ottimo e ben remunerato lavoro. Niente di pericoloso, s’intende…