I tuoi esordi come disegnatore ti hanno visto realizzare vignette e caricature per quotidiani e
 riviste sportive. Che tipo di esperienza è stata quella di immortalare sulla carta personaggi sportivi come Maradona?

All’inizio della mia carriera di fumettista, in realtà non sapevo se fare il vignettista o il disegnatore di fumetti più classici. Pertanto cominciai con disegni di caricature e moviole di calcio (di cui da giovane ero un grande appassionato). All’epoca, con l’avvento di Maradona a Napoli, era soprattutto in questo campo che si riusciva a trovare lavoro. Quindi fra caricature e disegni di moviole dei goal, ho lavorato molto divertendomi tanto e disegnando spesso il mio idolo Diego Armando, in assoluto il più grande di tutti i tempi. Un Mozart del calcio, un vero artista. Questo mi ha dato modo di conoscere tanti bravi e noti giornalisti sportivi (Prestisimone, Romano, Carratelli) anche se mi rimane il rammarico, che avrei potuto lavorare molto di più ed a molte più cose.

Alessandro Bottero, in un editoriale su Fumetto d’Autore, ti ha inserito in una lista di autori invisibili, cioè di autori che a suo dire meriterebbero molta pi attenzione e fama dal mondo del fumetto per ciò che esprimete con le vostre storie. Ti senti un invisibile?

Ho condiviso in parte le riflessioni di Alessandro. Personalmente non ho mai avuto la presunzione di sentirmi arrivato. Bottero non ha torto quando mi definisce invisibile, però penso che in realtà cercano di farmi diventare invisibile, ma di fatto non lo sono, perché ho vinto vari premi, tra cui Il Boscarato, pubblico regolarmente in Inghilterra e da lì in altri paesi. Dove, invece, mi sembra che Bottero abbia centrato la questione è relativamente al fatto che a un autore come me non viene riconosciuto il valore che ha. La storia del fumetto, del cinema, dell’arte è piena di personaggi che hanno fatto o detto cose scomode o che hanno scelto strade diverse per imporsi come artista e non quelle convenzionali, e per questo sono in qualche modo osteggiati. Quella di Bottero è comunque una provocazione intelligente.

In molti tuoi lavori, penso a Korea 2145 o a Lufer, la contaminazione fra le tue passioni come lettore e spettatore si fondono con la tua sensibilità artistica. In Lufer, ad esempio, ci sono citazioni ad un telefilm come Stursky e Hutch, ma si sente anche l’influenza di manga ed anime giapponesi. Trovo questo processo creativo molto postmoderno, ma mi chiedo e ti chiedo: è consapevole o no?

È assolutamente un processo consapevole. Mi piace omaggiare con una citazione chi, fra i grandi del fumetto mondiale, mi ha stimolato a fare il disegnatore, ma mi piace inserire tutto ciò – al di là del fumetto – che mi ha stimolato come spettatore. Non c’è dubbio che mi ha molto influenzato Hayao Miyazaki, ma anche il cinema di Billy Wilder, serie televisive come Stursky e Hutch.