Una volta entrati nella camera di decompressione, Larry fece udire nuovamente la sua voce: — Steve, meglio tentare di aprire questo coso qui, nella camera. — Ma da dove siamo non siamo in grado di seguirvi in video — osservò Rico.

— Registrate tutto quello che diremo. Ora attenzione, cerco di fondere il metallo, o quello che è, con il laser lungo la linea orizzontale… Scostati, Mac... Sembra che funzioni, questa specie di metallo non è molto resistente e si taglia con relativa facilità… Ecco, ora sono arrivato a circa metà lunghezza... sembrerebbero vuoti, o almeno non completamente pieni... comunque mantengo l’intensità del laser al minimo per non...  

— Chissà da quanto tempo stanno viaggiando. — mormorò Rico.

— Zitto, ormai è questione di poco.

— Riesci a vedere nulla? — chiese Steve.

— Fra qualche secondo dovremmo esserci... ecco, ho completato l’incisione tutto intorno, ora aiutami, Mac. Cerchiamo di staccare la metà superiore. Pronto?

— Pronto.

— Bene... ora!

Mio Dio, Larry!

Steve e Rico sbarrarono gli occhi verso la parete metallica che li divideva dai compagni. — Mac!Larry! Che succede! Rispondete... rispondete! — Steve si rivolse al compagno con improvvisa decisione:

— Presto, le tute. Andiamo a vedere.

Di colpo tornò la voce di Larry. Era calma e bassa: — Non importa, ragazzi, va tutto bene. Veniamo noi.

Il fuso fu portato all’interno del modulo, le due calotte l’una sopra l’altra. Larry e Mac lo ancorarono silenziosamente sul pavimento, poi lo scoperchiarono. Mac disse: — Tenetevi forte lo stomaco.

Sebbene Steve e Rico fossero preparati ad assistere a qualcosa di eccezionalmente insolito, ugualmente non riuscirono a trattenere un’esclamazione di raccapriccio. All’interno del fuso, disteso e fissato al fondo, c’era qualcosa che assomigliava spaventosamente a un corpo umano. Un tronco, due arti inferiori, un solo arto superiore, ma si vedeva chiaramente che l’altro era stato strappato da una forza tremenda perché dalla spalla sporgevano brandelli di sostanza maciullata. Anche il resto del corpo presentava orribili ferite e mutilazioni, il torace era squarciato.

I quattro uomini si guardarono, muti, incapaci di formulare parola. Rico mormorò: — Ha... ha una struttura umanoide.

Ciascuno dei quattro era perduto nei propri pensieri, sconvolto, oltre che da dall’allucinante incontro, dalla macabra visione della creatura orrendamente sfigurata. Ma un fatto era stato chiarito, adesso, sebbene ben poca cosa a confronto degli innumerevoli interrogativi che la scoperta di quei cadaveri giunti dalle profondità dello spazio sollevava. Perché era ormai chiaro che quei corpi fusiformi non erano altro che bare: migliaia di bare, da una delle quali emergevano resti di esseri appartenenti a chissà quale pianeta, forse provenienti da un’altra galassia.

Larry ruppe il silenzio: — Di’ un po’, Steve: se ora la nostra nave dovesse spaccarsi all’improvviso, che succederebbe di noi?

— Beh… — Steve storse la bocca. — Preferisco non pensarci.

— Ma poniamo il caso che accadesse.

Steve girò intorno lo sguardo cercando di capire dall’espressione gli altri dove Larry volesse arrivare. Trovò solo sgomento. — Lo sappiamo benissimo cosa ci succederebbe — disse infine. — I nostri corpi scoppierebbero.

— Esatto. E ci trasformeremmo in ammassi sanguinolenti come quello là dentro, incapsulato nella sua tomba.

Mac intervenne: — Ma anche ammesso che un’astronave d’un pianeta sconosciuto si sia disintegrata, come spieghi migliaia di cadaveri? E poi, a parte le dimensioni che avrebbe dovuto avere questa ipotetica astronave, perché quei fusi se ne vanno per lo spazio così perfettamente intruppati?

— Io non ho parlato di una sola astronave — precisò Larry. — Metti che se ne siano disintegrate dieci di navi, o cinquanta, oppure cento...