La sirena suonò di nuovo e tutti abbandonarono in silenzio quel luogo, l’unico ormai, nei loro cuori c’era una forte speranza che non si guastasse mai. Jimmy seguì con le lacrime agli occhi la fiumana che si riversava nella strada, i bambini vennero raccolti e portati via tutti insieme. Nessuno chiedeva più di Rose. Nel pomeriggio, come era solito fare, Jimmy si recò ai giardini per uscire dalla monotonia delle sue giornate e per trovare un gioco da fare tutto da solo, ora che Rose non c’era più chi avrebbe giocato con lui? Senza pensarci imboccò un sentiero laterale e con occhi bassi stava attento a dove metteva i piedi, mancavano pezzi di lastricato e ciuffi di erba secca affioravano alti. Da lontano si udivano strilli di bambini giocosi, serrò le mani in tasca e fece finta di non sentire. Dopo una leggera svolta che costeggiava un tronco alto più di lui si ritrovò nello spiazzo dove al centro c’era il laghetto, alzò lo sguardo verso una figura di spalle, seduta sul bordo. - Rose! - Strillò e corse incontro all’amica.

Lei si girò di scatto per l’improvvisata, era sempre vestita con il camicione verde e la gonna dello stesso colore. I capelli biondicci perennemente arruffati le nascondevano il visetto corrucciato.

- Jimmy! Mi hai fatto paura. - Il giovane le saltò addosso stringendola forte, imbarazzata cercò di staccarsi. - Jimmy! Che fai! Ehi. - Finalmente il ragazzo la lasciò stare e ora la guardava con occhi lucidi.

- Pensavo fossi morta insieme agli altri... non ti ho vista nel ricovero... Ma dove sei stata!

- Sono rimasta a dormire. Non mi andava di alzarmi. - Rispose con un’alzata di spalle. - Ora ne è rimasto solo uno, e non durerà - sentenziò.

- E tu che ne sai.

- Lo so. L’ho sognato. - Ma non aveva voglia di parlarne, si sentiva felice quel giorno e desiderava non pensare a quelle brutte cose. - Lo sai cos’altro ho sognato? - Chiese euforica, prendendogli per la prima volta le mani. - Mamma e papà!

Il ragazzo la guardava senza capire. La faccia di Rose era luminosa, una contentezza che non le aveva mai visto in viso, sembrava un’altra. In quell’attimo ripensò alla faccenda della notte, ma come aveva fatto a non morire asfissiata? La tempesta era stata una di quelle micidiali, senza scampo, invece lei era lì fresca come una rosa. - Non capisco... - riuscì a balbettare lui, forse era anche quel contatto, le loro mani che si stringevano.

- Jimmy! Il sogno. Ho incontrato mamma e papà nel sogno. - Lo scuoteva come per svegliarlo - gli ho detto di te. Vogliono conoscerti.

- E’ un sogno Rose.

- Si lo so ma è stato bello - dopo una piccola pausa - a te invece non t’importa niente! - E lo allontanò con uno strattone. Era ritornata quella di sempre.

Jimmy si sentì mortificato ma non riuscì ad aprire bocca, non capiva quella cosa, Rose confondeva la realtà con i suoi sogni.

Passarono alcuni giorni in una quasi tranquillità con sole due chiamate per il ricovero, la gente sembrava aver acquistato fiducia nel futuro, ce la potevano fare. In fondo, l’immissione di agenti inquinanti nell’aria era terminato, il mondo intero lo aveva capito, forse in ritardo ma avevano smesso. Rose e Jimmy erano rimasti sempre insieme, lei non aveva più parlato dei suoi sogni e lui non le aveva più chiesto niente. Una sera mentre erano in refettorio la sirena urlò più del solito, e la paura ricominciò.

Rose aveva trascorso l’intera mattinata in uno stato di tristezza interiore, solo verso l’ora del pranzo aveva mostrato timidi cenni di ripresa. Jimmy assecondava quell’atteggiamento che tante volte aveva accompagnato la sua giovane amica, spesso assisteva a repentini cambi di umore, impotente. Stavano mangiando l’uno di fronte all’altro quando furono interrotti dall’avviso di bufera in arrivo, avevano imparato a loro spese il suono della sirena che indicava il livello di pericolosità, e quella volta udirono un tono che avevano sentito solo nei filmati della sicurezza.

In un attimo nella grande sala regnò il caos: strilla di bambini impauriti, i tutori di turno che dettavano ordini cercando di calmare quel piccolo mare in tempesta, sedie che cadevano e tavoli spostati con violenza, ore di prove di evacuazione risultate inutili. Rose afferrò Jimmy per un braccio e lo costrinse a seguirla verso l’uscita opposta a dove si affollavano tutti.

Il ragazzo non capiva, continuava a voltare la testa dietro di loro osservando la scena alle loro spalle: - L’uscita è quella! - Strillò per farsi sentire al di sopra del fracasso - di là! - E si impuntò coi piedi.

- No Jimmy! Andiamo ai dormitori, lì saremo al sicuro - Rose tentò di trascinarlo con tutte le sue forze, poi si fermò ansimante e cercò di spiegargli: - Si romperà anche l’ultimo rimasto, è finita. Finita! Lo capisci? - Lo guardava con faccia cruda e compassionevole allo stesso tempo, lo liberò dalla sua stretta e lo accarezzò con dolcezza - vieni con me, ti farò conoscere i miei genitori.