Ispirato solo vagamente al celeberrimo cartone animato presente in Fantasia del 1940 con Topolino alle prese con una moltitudine di scope dispettose, cariche di secchi d'acqua, L'Apprendista Stregone è un fantasy divertente, ma destinato soprattutto (se non esclusivamente) ad un pubblico di bambini e di preadolescenti.

La storia è quella di due stregoni che si combattono da più di mille anni e che per mettere fine all'eterno duello tra il bene e il male hanno bisogno di trovare 'il sommo merliniano', ovvero nientedimeno che l'erede del Mago Merlino in persona. 

L'unico essere che avrà la possibilità di sconfiggere definitivamente la Fata Morgana, evitando che la Terra sia ridotta ad un vero e proprio Inferno.

Il primo mago interpretato da un Nicolas Cage che sembra più una rockstar che un potente stregone, ha il compito di trovare il ragazzo per farne il suo discepolo e insegnargli a dominare le arti oscure. 

L'altro, portato sullo schermo da un sornione Alfred Molina, intende, invece, uccidere il giovane apprendista e il suo mentòre per fare in modo che il male trionfi. 

Le motivazioni dell'altro stregone non sono davvero di natura spirituale: a metterci lo zampino, questa volta, è la gelosia dell'amore di una maga bellissima interpretata da Monica Bellucci.

E' in questo contesto che un ragazzo come tanti altri scopre, suo malgrado, di essere dotato di poteri magici e nonostante una grande passione per la scienza, dovrà fare inevitabilmente i conti con la forza e la potenza di qualcosa che non riesce del tutto a capire.

Prodotto da Jerry Bruckheimer, diretto da Jon Turtletaub e interpretato da Nicolas Cage, il terzetto responsabile della saga de Il Mistero dei Templari il cui terzo capitolo uscirà nel Natale del 2011, L'Apprendista Stregone va visto e apprezzato come un pop corn movie estivo: distensivo, brillante, spettacolare e senza troppe pretese sul piano narrativo.

Un film fantasy all'acqua di rose che funziona perfettamente come blockbuster scacciapensieri, ma che non riesce andare oltre una serie di situazioni prevedibili, di momenti deja vu, e un'effettistica visiva imponente, ma che certo non conduce il pubblico al cuore emotivo degli arcani raccontati.

Il prologo medievale, ad esempio, ha la consistenza visiva, dialogica e narrativa di un fumetto degli anni Cinquanta, che, però, oggi, senza fascino e senza pàthos, non riesce a coinvolgere lo spettatore in quella che resta, comunque, una variazione light sul tema e sulla leggenda di Excalibur.

Una pellicola dove lo humour avrebbe dovuto avere sin da subito la meglio sul sarcasmo e in cui il rapporto tra maestro e apprendista manca di quell'alchimia necessaria per funzionare davvero e per evitare che tutto venga, inutilmente, dato per scontato.

Come spesso capita al cinema hollywoodiano, un film che avrebbe potuto dare tanto al pubblico se solo ci si fosse presi la briga di avere una sceneggiatura efficace e curata in ogni dettaglio, con qualche battuta in meno (magari più divertente) e qualche vero enigma in più.