"It's a strange world. Let's keep it that way."

"Good morning, Doctor Dowling. From here, things will only get worse."

(Elijah Snow)

Ultima fermata per gli Archeologi dell'impossibile in un volume che raccoglie le storie conclusive di una delle migliori serie di fantascienza a fumetti degli ultimi anni.

Nel lontano 1998 cominciava un viaggio di quasi undici anni nel mondo della fantascienza a fumetti, e non solo, ad opera di Warren Ellis, uno degli autori più capaci in circolazione e probabilmente l'unico in grado di trascendere, in corso d'opera, le pur buone premesse. Planetary, la serie in questione, si conclude sul mercato americano solo nel 2009, dopo varie traversie e ben quattro premi Eisner, proprio col volume: Planetary: archeologia spaziotemporale, uscito in Italia alla fine del 2010.

Interrotta per quasi tre anni a causa delle scarse condizioni di salute dell'autore e condizionata dai molteplici impegni e dai tempi biblici del disegnatore John Cassaday, invece di perdere mordente la serie ha acquisito sempre maggiore profondità e spessore, rendendo ogni numero un'opera d'arte a se stante ed allo stesso tempo un tassello in una meravigliosa quanto ambiziosa struttura. Planetary invecchia come il buon vino e non delude nemmeno nel gran finale dove di solito miniserie analoghe possono facilmente cadere o lasciare in sospeso i dilemmi protratti dalle pagine iniziali, tutti i nodi vengono al pettine nell'universo di Ellis con un dettaglio ed un gusto per il particolare che hanno dell'incredibile. Nato come un fumetto non inerente in forma diretta ai supereroi ma al genere supereroistico in generale, fin da subito Planetary allarga le premesse per incamerare, reinterpretandola con eleganza, quasi un secolo di letteratura e narrazione fantastica. Il pulp anni '20 di Doc Savage e Tarzan viene mischiato agli esperimenti nucleari tipici dei più reconditi terrori della Guerra Fredda, a Sherlock Holmes, alle navi spaziali senzienti, alla teoria delle superstringhe, ai sistemi di stoccaggio dati spirituali e ad innumerevoli altri elementi più o meno conosciuti tipici dell'immaginario che dal '900 arriva ai giorni nostri. Fattori che striderebbero in contatto l'uno con l'altro si amalgamano perfettamente nell'opera di Ellis creando per il lettore curiosità ben oltre i confini del genere fumettistico ma non tralasciandone comunque i capisaldi ed i personaggi chiave. Abbiamo in effetti una rivisitazione dei Fantastici Quattro, di Superman, Lanterna Verde, Wonder Woman, di ognuna delle colonne portanti del fumetto di supereroi sia come personaggi ben definiti e funzionali alla storia sia, in alcuni casi, come esempi di archetipi narrativi. L'autore scozzese riesce a creare un'ottica dove almeno due o tre diversi livelli narrativi si possono incontrare senza però andare a scapito l'uno dell'altro ma rimanendo fruibili nella loro unicità. E' proprio la fantascienza che viene utilizzata da Ellis come arco di volta di questo disegno così complesso, come elemento chiave che possa reggere le fila del discorso e fungere da vettore alla narrazione rendendo il complesso fluido e organico, trasformando quest'opera in una delle migliori del decennio.

Nelle ultime pagine di Planetary vediamo la guerra silenziosa fra Snow ed i Quattro Viaggiatori subire un'escalation e diventare aperta in un susseguirsi di mosse che metteranno in campo tutte le risorse accumulate da entrambe le parti per poco meno di un secolo. Elijah dovrà testare la fiducia dei suoi nuovi alleati o presunti tali, come Anna Hark e John Stone, ma soprattutto dovrà trovare il modo per vincere senza mettersi sullo stesso piano di chi vuol sconfiggere. Una serie di colpi di scena fulminanti sveleranno importanti particolari sul passato dei protagonisti e specialmente su qualcuno che apparirà come un fantasma dall'oltretomba per far capire ad Elijah Snow quale potrebbe essere il suo scopo nel grande disegno delle cose. Un "Finale" col doppio botto chiude la scena portando il lettore a pregare di avere qualche altra pagina di fumetto ma al contempo rendendolo felice che si sia chiuso in questo modo.

Splendide come sempre le matite in stile art nouveau di Cassaday, curate maniacalmente nei minimi dettagli e perfette per la narrazione. Espressioni, ambienti, chiaroscuri e composizione delle tavole sembrano annullare il reale attorno allo spettatore per catapultarlo direttamente sulle strade del mondo misterioso creato da Warren Ellis. John Cassaday è una di quelle poche persone che riesce a mettere su carta le meraviglie più fantastiche definendole alla perfezione ma, al contempo, lasciando alla fantasia del lettore lo spazio per partecipare nel processo di creazione. Una nota di merito deve andare anche alla inchiostratrice Laura Martin per il lavoro maniacale svolto sulle tavole di Cassaday donando spessore e realismo ad un'opera che già partiva con standard elevatissimi.