Uno spettacolo raffinato

Un vento sbucato dal nulla spargeva brandelli di fumo e cenere sotto i cavalcavia che si

alternavano lungo l’autostrada. La statale per Shepperton correva poco più in là al di sopra delle loro teste, su un terrapieno circondato da erbacce. Traven osservava con un certo distacco il groviglio di lamiere che fino a pochi istanti prima erano state automobili di gran lusso; l’impressione che aveva era di un’immensa macedonia di metallo fumante e carne ritratta da un pittore impressionista, una natura morta riuscita a fuggire dagli incubi di un artista daltonico. Una ragazza si trascinò a fatica fuori dal groviglio e iniziò a barcollare verso il bordo della carreggiata. La minigonna lacerata lasciava spazio all’intera linea delle sue gambe affusolate, percorse da sottili strisce di sangue; Traven trovava il suo incedere piuttosto eccitante, simile a una danza che l’improvviso intensificarsi del vento rendeva ancora più sinuosa. Un uomo riuscì anche lui a liberarsi dalle macerie dello scontro; a Traven sembrava un volto familiare, stempiato e con le guance magre e scavate che cadevano sul colletto insanguinato della camicia bianca. Poi lo riconobbe. William S. Burroughs gli accennò un saluto prima di crollare esanime sull’asfalto. 

Domande, sempre domande

La strada per Cannes era un lungo serpente abbrustolito dal sole estivo che attraversava la Costa Azzurra e le sue insenature, puntellate da barche a vela e yacht extralusso. Catherine Austin accarezzava appena il volante della Jaguar, lasciando il motore libero di rombare sicuro mentre sfiorava la riga gialla di demarcazione della corsia. Sulle colline sovrastanti il condominio di Eden-Olympia spalancava vetrate e pilastri d’acciaio verso il verdeblu marino. Vecchi cartelloni pubblicitari erano seminati a intervalli regolari. Uno in particolare attirò la sua attenzione: il defunto presidente USA Ronald Reagan a braccetto con due teenagers del ventunesimo secolo pubblicizzava una nuova bevanda analcolica. Seduto su un masso ai piedi del cartellone, un uomo era concentrato sullo schermo del computer che teneva sulle ginocchia. Catherine si accostò cautamente. — Senta, potrebbe per favore…— David Cronenberg alzò lo sguardo: il suo braccio sinistro era ricoperto fino al gomito da cristalli verdi e arancioni che riverberavano la luce solare. Catherine osservo per qualche istante il braccio, immaginando di ghiacciai eterni e assurde fantasie sessuali, poi riformulò la domanda: — Ha bisogno di un medico? Io sono un medico. 

Il mondo d’acqua

Samuel R. Delany e Philip K. Dick giocavano a scacchi sulla terrazza del vecchio hotel in disarmo. Sotto di loro la foresta tropicale divorava lentamente l’aria, ammorbandola di odori caldi e rancidi. Il biologo Kerans e Trabert stavano ormeggiando il gommone a un balcone di quello che era stato il settimo piano dell’hotel. Enormi libellule viola volavano radenti alle pareti dell’edificio incrostate di alghe e altre vegetazioni. Delany gettò un’occhiata di sotto, verso il motore del gommone che si spegneva. — Vedi — sentenziò rivolgendosi a Disch, — sono arrivato alla conclusione che l’avanzare della foresta rispecchia la fenomenologia dell’universo, l’esistenza specifica di elementi e oggetti che si trovano a occupare una determinata porzione di spaziotempo per via di una causalità che, non a caso, quasi si identifica con la casualità. Insomma, per ogni possibile configurazione di tutti gli atomi dell’universo, solamente quella che si realizza ha un senso rapportato alle leggi fisiche, per quanto a noi risulti incomprensibile. Questo implica che di tutte le precedenti concezioni resterà solo terra bruciata.

Il planetario morto

Il palazzo era talmente bello ed elegante che sembrava progettato da un’imperscrutabile architetto alieno. Strideva maggiormente nel contrasto con gli edifici in rovina che lo circondavano, segno del degrado inarrestabile della periferia londinese. David Pringle portò la ragazza al centro del maestoso atrio, finemente decorato con pannelli di legno pregiato alle pareti. La spogliò e la sistemò sul pavimento, circondandola con le stampe dei fotogrammi del filmato Zapruder sull’omicidio di Kennedy. Ogni volta che faceva assumere alla ragazza una posizione diversa, mimando le diverse modalità di un atto sessuale, modificava l’ordine dei fotogrammi in modo tale che ad ogni rapporto simulato cambiasse la dinamica dell’attentato. L’obiettivo non era più uccidere Kennedy in un modo che avesse senso: si trattava semplicemente di trovare un equilibrio fra diversi stati di eccitazione fisica.