La guerra ha persorso per anni l'Europa, eserciti di tutte le nazioni si sono combattuti senza esclusione di colpi, nessuno dei quattro cavalieri si è tirato indietro, e ora solo sparuti gruppetti di sopravvissuti vagano in un continente devastato, tra i resti delle città e i cadaveri di trecentotrenta milioni di esseri umani.

Questa è la situazione all'inizio del romanzo Il tenente, di Ron Hubbard, cupa e pessimista visione di un futuro che non si realizzò completamente negli anni successivi al 1939, quando fu scritto il romanzo, ma resta terribilmente attuale.

Infatti la seconda guerra mondiale lasciò un continente devastato, ma ancora in grado di ritrovare la strada per la ricostruzione, mentre l'Europa immaginata da Hubbard è completamente distrutta, irriconoscibile da ogni punto di vista.

In Gran Bretagna il potere è in mano ai comunisti, mentre in Russia è tornata a sventolare la bandiera dello zar, la Francia ha ancora una volta un re, degli Stati Uniti non si sa niente, dopo che si sono ritirati a seguito di un bombardamento atomico.

Le uniche strutture che conservano una parvenza di organizzazione sono quelle militari, e proprio un soldato, il comandante di una brigata inglese è il protagonista della storia.

Il tenente ha conosciuto solo la guerra durante la sua vita, e benché sia molto giovane ha accumulato un'incredibile esperienza, che unita alle sue doti innate di comando gli hanno permesso di salvare i suoi uomini da ogni situazione, per quanto pericolosa fosse.

Ormai la sua unità è diventata uno strumento perfetto, in grado di sostentarsi in mezzo alle rovine desolate che costellano la Francia del nord, tagliato fuori dalla madrepatria, senza rifornimenti e munizioni il tenente riesce ugualmente a mantenere uniti i suoi uomini, più simili a una torma di lanzichenecchi medioevali che a un esercito nazionale.

Quando arriva l'ordine di rientrare alla fortezza dove ha base il comando inglese egli fiuta subito un trabocchetto, ma vi si dirige ugualmente, e alla fine vi si trova prigioniero, ma come un lupo in mezzo a un branco di pecore.

Una volta conquistato il quartier generale inglese sul continente gli occhi del tenente si volgono verso la madrepatria, che per evitare il cosidetto "mal del soldato" ha esiliato i suoi stessi soldati: se per tornare in patria sarà necessario combattere, ebbene, egli è disposto a farlo.

La storia narrata da Hubbard è una di quelle vicende senza tempo che potrebbero sempre realizzarsi, anche se sarebbe altamente auspicabile il contrario.

La situazione delineata dall'autore è molto simile a quella verificatasi nel milleseicento in Germania, eserciti multietnici che cercavano, più che il nemico da combattere, contadini da depredare, truppe fedeli più al loro comandante che allo stato che rappresentavano, uomini nati durante la guerra e che conoscevano solo la guerra, allora non si chiamava ancora dei trenta anni, ma guerra eterna, perché sembrava non dovesse aver mai fine.

E proprio una storia di guerra è quella che Hubbard racconta, una distopia che lascia a disagio, narrata con ritmo magistrale, che avvince il lettore e lo precipita verso un finale per niente scontato.

Non ci sono eroi positivi in questo rimanzo, la scelta è tra politici e generali corrotti e incompetenti, e militari sopravvissuti e temprati da anni di guerra, per i quali la violenza è una seconda pelle.

Lasciate da parte le teorie sulla superiorità razziale Hubbard con Il tenente ha confezionato una delle sue opere migliori, assolutamente imperdibile per chi ama la fantascienza bellica, ma che piacerà anche a chi non è particolarmente appassionato a questo genere di opere.

Completano questo numero di Urania Collezione l'introduzione scritta dallo stesso autore nove anni dopo la pubblicazione, un commento di Giuseppe Lippi e la bibliografia italiana di Hubbard a cura di Ernesto Vegetti, un cenno a parte merita la copertina, veramente particolare, potrà piacere o non piacere, ma sicuramente non lascia indifferenti.