Infodump? No grazie, però...

Dario Tonani (a destra) con Richard K. Morgan alla Deepcon di Fiuggi
Dario Tonani (a destra) con Richard K. Morgan alla Deepcon di Fiuggi
L’eccesso di parole produce, tra le pagine di un libro, quello che per molti lettori è un’urticaria particolarmente perniciosa. Il termine fa già di per sé sollevare i peli delle braccia: infodump. In italiano suonerebbe molto meno minaccioso: “ridondanza d’informazioni”. Di dettagli, di spiegazioni, di parole (aggettivi, avverbi, marchi commerciali ecc).Le parole, appunto. Siamo in tema.L’infodump prolifera dove c’è poca igiene stilistica e strutturale della storia. È logorrea, pura e fastidiosa, la maggior parte delle volte fine a se stessa. Viene voglia di scrostarla con le unghie dalla pagina. Evitarla però è molto più facile a dirsi che a farsi, specie in fantascienza, dove tutto, per chi legge, è sostanzialmente nuovo e non è subito chiaro come funzioni. Forse nessun autore di SF ne è completamente immune: in tracce è presente ovunque, anche nei grandissimi. Temo che non esistano storie con l’etichetta “Infodump Free”. Per noi fantascientisti è una sorta di peccato originale, impossibile esserne mondati del tutto. A costo di essere accusato di eresia, mi azzardo, però, a dire che è come il colesterolo: c’è un infodump buono e un infodump cattivo.Partiamo dal secondo, più facile da definire: è noia, grigiore, imbottitura farlocca e irritante. È come prendere peso tracannando liquidi. L’infodump cattivo non contiene nulla di nutritivo per la storia, non tonifica, non rassoda, non spiana le rughe, appesantisce e basta. È didascalico, pretestuoso, saccente, parassitario.

L’infodump buono? Ahia. E tutto quello tolto il quale la storia perde fascino, geometrie, curve, incarnato...Difficilissimo dire che cosa esattamente.

“L’infodump buono è il mio, l’infodump cattivo è quello degli altri”?. Alcuni scrittori probabilmente risolvono la questione in questi termini. Io cercherò di non farlo. Una volta un carissimo amico - autore anche lui di fantascienza - mi fece molto garbatamente notare che in Infect@ avevo alzato un po’ il gomito con l’infodump. Mi contestò di averlo fatto soprattutto nei dialoghi tra i due poliziotti (Montorsi e il suo vice Mushmar), impegnati in qualche serrata considerazione a due voci sulla natura dei cartoni animati. Era probabilmente vero, per questo accettai l’osservazione di buon grado e ne feci tesoro. Poi, però, mi chiesi che cosa sarebbe stato della narrazione se il lettore non avesse potuto “origliare” quei dialoghi e ricavarne informazioni utili sul rapporto umani-cartoon. In fondo, non avevo fatto altro che utilizzare il solito adagio poliziotto buono/poliziotto cattivo declinandolo in termini di poliziotto sgamato e poliziotto disinformato. Parlandosi, i due finivano per arricchire di indizi certi punti “oscuri” della storia e dei protagonisti. A tutto beneficio, o almeno così sembrava a me, del lettore.

La fiction, in tv come al cinema, è piena di esempi analoghi: di poliziotti e medici, criminali e avvocati che si scambiano bellamente informazioni utili alla comprensione della trama, dell’ambiente, dei personaggi. E nessuno s’indigna. Il solo fatto che pochi spettatori se ne accorgano è una questione di proporzione e di alternative. Proporzione, perché i tempi “cinematografici” sono forzatamene contratti e per quanto infodump si possa “compattare” in un dialogo, ce ne sarà sempre una dose non tossica; alternative, perché non inserire una spiegazione in un dialogo tra due individui equivale quasi sempre a rinunciarvi tout court (assumendosene quindi le conseguenze in termini di chiarezza dell’insieme)...

I dialoghi sono un escamotage ideale per occultare l’infodump: sempre che li si usino con buonsenso. È una questione di sobrietà e di dosaggio, ma anche di verosimiglianza: non c’è nulla di più fastidioso di doversi sorbire una lezioncina alle soglie di una scena di azione, quando qualsiasi individuo di buon senso reagirebbe con un sacrosanto: “non credi che dovremmo parlarne in un altro momento?”. Trattare i propri personaggi alla stregua di persone vere sta alla base di qualsiasi buona storia.