Prima di iniziare a parlare di questo anime, bisogna fare una piccola operazione mentale. Allora, prendete tutti i cartoni giapponesi sui robottoni che conoscete: Gundam, Mazinga, Daitarn 3, Jeeg, Evangelion, Zambot...

Fatto? Benissimo. Adesso potete cancellarle. Fatto anche questo? Perfetto, allora possiamo iniziare a parlare di Bokurano, che in giapponese vuole dire "il nostro gioco".

Realizzato dallo Studio Gonzo (i realizzatori di Last Exile per intenderci) e tratto dall'omonimo manga di Mohiro Kito (già autore di Narutaru), Bokurano narra le vicende di un gruppo di quindici ragazzini i quali si conoscono durante una vacanza al mare in estate. Una sera tutti quanti decidono di avventurarsi dentro una grotta a ridosso della spiaggia e lì, inaspettatamente, incontrano un uomo dall'aspetto distinto che dice di chiamarsi Cocopelli. Questi propone loro di testare un "gioco" e i ragazzini ingenuamente accettano di registrarsi incuriositi... da qui inizierà il loro incubo. Infatti il cosiddetto gioco a cui si sono registrati è un gigantesco robot che loro dovranno pilotare per sconfiggere i nemici che uno dopo l'altro attaccheranno la Terra: il punto è che terminata la battaglia il bambino che ha pilotato il robot puntualmente dopo poco muore. Impossibile però tirarsi indietro a questo punto, perchè se anche uno di loro perde o si ritira l'umanità sarà distrutta dai nemici...

Che in Bokurano non ci sia nessuno dei canoni a cui le serie animate fantascientifiche con i robot ci hanno sempre abituati si capisce già dalla locandina. Il nome del robot non dà il titolo all'anime (anzi un nome nemmeno ce l'ha di suo, glielo danno i giovani piloti ed è Zearth), non ci sono ambientazioni futuribili, i protagonisti non hanno né l'aspetto né il carisma degli eroi. Sempre vedendo la locandina, sembra quasi una vicenda di vita quotidiana che ha nello sfondo la più brutta macchina da guerra realizzata nella storia degli anime.

Non è un caso però che il mecha design in questa serie sia appena abbozzato. Qua il robot non è il fulcro della vicenda perchè non è una speranza per nessuno, nè qualcuno sa dire il motivo per cui si combatte. I protagonisti si trovano senza alcun preavviso, ogni volta che giunge il nemico, catapultati nella carlinga del robot e ad uno ad uno si vedono morire. Non c'è pathos nella battaglia, non c'è epica, non esiste lieto fine: a differenza di tutta la produzione del genere antecedente, il momento dello scontro con il nemico è totalmente scarnificato, ridotto all'osso. La vittoria non conosce gioia: come può esserci partecipazione emotiva se si sa che il vincitore comunque morirà?

La profonda bellezza di questa serie infatti non sta nell'eroismo dei protagonisti che con la loro forza riescono sempre a trovare il modo di trionfare sul crudele nemico. Risiede invece nella narrazione del vissuto dei ragazzi, i quali l'unica cosa che non possono dire con certezza del loro futuro è il giorno in cui moriranno. Senza scadere nel melodramma ma con estrema sensibilità nonchè crudo realismo, la storia indaga nelle loro vite e nella loro tragedia, riuscendo in ogni puntata a fornire dei quadri umani originali, veritieri ed estremamente drammatici. 

Come già si è accennato prima, il mecha design di robot e nemici lascia veramente a desiderare, ma ripeto, non si tratta di sciatteria: semplicemente le battaglie sono semplicemente il mezzo per esplicare il reale plot. Giusto un appunto si può fare nei confronti delle animazioni delle battaglie, che è decisamente brutta per qualsiasi standard e per qualsiasi decennio. Anche il character design è molto originale, come del resto lo stile di Kitoh: figure magre e allungate, poco particolareggiate, quasi essenziali.

Un anime decisamente nuovo, al di là della data di realizzazione (2007), sicuramente per stomaci e spiriti forti.

Consigliatissimo.