Uomini del futuro: Takeshi Kovacs
La caratteristica che emerge prepotente da Il ritorno delle furie è la complessità del mondo dipinto da Morgan. Un mondo che finalmente ci viene rivelato nella sua totalità attraverso elementi di storia e di sociologia, di archeologia e di ecologia, di politica, di cultura e di immaginario (a livello di spettacolo ma anche di dicerie popolari). Un mondo svelato nella sua totalità ma non nella sua interezza, perché si ha la chiara sensazione che dietro la superficie la creazione di Morgan nasconda una profondità di ordine superiore, che occasionalmente affiora dai meandri di una storia altrettanto complessa e ambiziosa.
Il ritorno delle furie è un romanzo di sintesi, che fonde le istanze del future noir, l’hard boiled declinato in chiave futuristica che avevamo avuto modo di apprezzare in Bay City, con la fantascienza di stampo bellico che ci aveva iniettato orrore e adrenalina attraverso le pagine di Angeli Spezzati. L’ambientazione urbana e i teatri di guerra si alternano scorrendo le righe di questo capitolo conclusivo delle avventure di Kovacs, dedicato in maniera quasi obbligata alla figura ideologica che lo ha sempre accompagnato – come monito o come lezione – attraverso le sue peregrinazioni cosmiche: Quellcrist Falconer.
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