Uomini del futuro: Takeshi Kovacs

Kovacs è ben poco cambiato dalle incarnazioni precedenti se non nella sua nuova, scadente custodia. Si trova alle prese con uno dei suoi traffici illeciti – un presunto recupero di pile – in un’attività che solo più avanti nella storia troverà una giustificazione nel suo passato a noi ancora ignoto. Un passato che unisce la giovinezza di Kovacs a Newpest e la maturità vissuta su Harlan’s World nella parentesi tra la missione terrestre a Bay City e la guerriglia di Sanzione IV. Un passato che si ripropone con prepotenza quando la famiglia Harlan mette sulle sue tracce un cacciatore di taglie che non è altri che la ricustodia di se stesso: un Kovacs giovane e feroce, appena rientrato dall’esperienza nel Corpo di Spedizione. Un back-up di cui il Kovacs che abbiamo conosciuto nei capitoli precedenti non aveva mai avuto ragione di sospettare l’esistenza, con cui dovrà ora inevitabilmente confrontarsi.Ma non è solo questa versione giovane di sé l’unica sorpresa che il passato gli riserva. Nella sua odissea su Harlan’s World, dall’arcipelago di Millsport ai territori contaminati di New Hokkaido, attraverso i campi di battaglia della Zona Sporca e quindi di nuovo indietro, a Tekitomura, e di qui alla sua Newpest per finire sulla Spiaggia di Vchira Beach, al di là della Distesa marina di belerba, Kovacs cambierà corpo guadagnandosi una custodia sportiva Eishundo, si procurerà nuove cicatrici e avrà modo di fare i conti con molti altri frammenti della sua storia, presenze già incontrate o sfiorate nelle pagine che ci hanno fatto appassionare al suo personaggio: l’inflessibile Virginia Vidaura, l’amore perduto per Sarah, e lo spettro immortale di Quellcrist Falconer, forse la più riuscita invenzione di Richard Morgan. E decine e decine di altri personaggi: disAt e mercenari, yakuza e i loro rivali della mafia haiduci, topi di dati e basisti, quellisti dediti al surf e nostalgici della rivoluzione, Spedi e servizi di sicurezza degli Harlan. Una galleria di nomi e di segni, sulla pelle e nella memoria: ognuno con la sua storia da raccontare, ognuno con la sua causa da inseguire.

La caratteristica che emerge prepotente da Il ritorno delle furie è la complessità del mondo dipinto da Morgan. Un mondo che finalmente ci viene rivelato nella sua totalità attraverso elementi di storia e di sociologia, di archeologia e di ecologia, di politica, di cultura e di immaginario (a livello di spettacolo ma anche di dicerie popolari). Un mondo svelato nella sua totalità ma non nella sua interezza, perché si ha la chiara sensazione che dietro la superficie la creazione di Morgan nasconda una profondità di ordine superiore, che occasionalmente affiora dai meandri di una storia altrettanto complessa e ambiziosa.

Il ritorno delle furie è un romanzo di sintesi, che fonde le istanze del future noir, l’hard boiled declinato in chiave futuristica che avevamo avuto modo di apprezzare in Bay City, con la fantascienza di stampo bellico che ci aveva iniettato orrore e adrenalina attraverso le pagine di Angeli Spezzati. L’ambientazione urbana e i teatri di guerra si alternano scorrendo le righe di questo capitolo conclusivo delle avventure di Kovacs, dedicato in maniera quasi obbligata alla figura ideologica che lo ha sempre accompagnato – come monito o come lezione – attraverso le sue peregrinazioni cosmiche: Quellcrist Falconer.