Un futuro quasi irriconoscibile, intimamente contaminato dall'irreale, è descritto nel racconto di Mary Rosenblum Sintesi (1992; il titolo è già esplicativo). Le persone vengono "reticolate" (cioé dotate di chip e connessioni) quando sono ancora nell'utero; fili argentati scorrono nella pelle umana e trasmettono ogni guizzo muscolare, ogni spostamento biochimico, a visualizzatori corporali di effetti particolari: un po’ come i programmi musicali nei computer. Perfino i sassolini inglobano chip, basta gettarne in una vasca per osservare luminosi arabeschi d'acqua; le virtualizzazioni puramente pratiche si confondono con quelle ludiche o artistiche.

In un'altra intensa storia, Il bosco onirico (1986) di Cherry Wilder, i personaggi si immergono nella consueta RV ma si scopre che, inattesamente, le loro azioni virtuali trovano un'inquietante corrispondenza in eventi del mondo di tutti i giorni.

E siamo più che mai al nostro tema: natura e artificio ormai indissolubilmente amalgamati.

Appare verosimile, forse “certo”, che i confini tra reale e virtuale diverranno sempre meno definiti e più incerti, "porosi". Una compenetrazione, una "vittoria" del nulla sul concreto che potrebbe toccare livelli inimmaginabili divenendo "realtà corrente". Con imprevedibili ricadute sulle nostre vite.