Intanto – è ormai noto anche questo – sono sorte società che pagano i loro dipendenti solo perché essi partecipino a giochi mmorgp e conquistino specifici obiettivi (spade magiche eccetera); poi questi "beni virtuali" vengono venduti dall'azienda ad altri giocatori in cambio di autentico denaro. Ed evidentemente si tratta di cosa sostanzialmente diversa dai tradizionali “beni immateriali”, come vengono definiti e codificati i “prodotti dell’ingegno” Qualche anno fa fece il giro del mondo la notizia d'un giocatore coreano che aveva venduto una spada magica a un antagonista, intascato il denaro, poi si era rifiutato di "consegnare la merce", finendo in galera per truffa. E tuttavia non esiste ancora al mondo un ramo del diritto che regolamenti le vendite del "nulla", di oggetti immaginari (potremmo dire: sensazioni di possedere un oggetto, o di rivestire un ruolo). Il che crea un vuoto giuridico delicato, complesso e soprattutto pericoloso.

Non è da ora, infatti, che si profilano balzelli e tasse (reali) su mondi virtuali.

Da tempo la Joint Economic Committee americana indaga sulle economie virtuali. Sono oltre dieci milioni gli avatar disseminati in questo o quel cyberspazio, e il giro d’affari ha assunto in effetti proporzioni gigantesche (senza dire delle implicazioni nell'ambito della proprietà intellettuale). Insomma si vuole valutare quali questioni possono sollevare le economie virtuali per le politiche pubbliche. Il problema, per la JEC, è capire cosa sia “potenzialmente tassabile” e “quali fattori delle economie virtuali si intersecano con le economie reali”. Insomma: un altro potenziale mercato da spremere; altri paletti a una “frontiera elettronica” i cui confini si fanno sempre più ristretti e lontani. C’è il rischio di fraintendimenti: il punto è, come stiamo sottolineando, che sempre più inestricabile diviene l’intreccio fra i gradi di realtà. Il giustificato timore è che si intervenga tassando le transazioni interne alle economie virtuali, mentre non c'è motivo di tassare rendite che non apportano alcunché nelle tasche delle persone reali. Al più il problema non sarebbe quello di tassare le rendite virtuali esistenti solo nelle economie virtuali, ma le ;rendite reali provenienti da scambi di beni, anche virtuali, in economie virtuali. Queste rendite, obiettivamente, non mancano e sono ingenti. Ecco, però, che, a complicare la situazione, entra in gioco l'intreccio di gradi di realtà che si sovrappongono in modi differenti in differenti MMORPG. Il documento della Committee affiancava con disinvoltura Second Life e World of Warcraft.

Second Life è un mondo virtuale, ma i suoi frequentatori sono restii a ritenerlo un gioco. È un "territorio" creato nel 2003 dalla Linden Lab, di San Francisco, la quale si è posta il problema di "usare i computer per creare una simulazione digitale del mondo". Si entra in questo scenario semplicemente per... viverci e svolgervi attività, per esempio creare oggetti virtuali (scarpe, case, strutture) che ovviamente vengono venduti. Attualmente questo ambiente si "estende" per circa 150 km. quadrati. Dati tratti dal sito Second Life (http://secondlife.com/) il 15 settembre 2006, ora italiana 12.55:

- Second Life Time: 3:55:19 AM

- Total Residents: 709,409

- Logged in Last 60 Days: 308,449

- Online Now: 4,301

- Us$ spent Last 24 Hrs: 325,945

Dati al 2 febbraio 2007, ora italiana 13,30:

- Total Residents: 3,207,637

- Logged in Last 60 Days: 1,026,594

- Online Now: 16,721

- Us$ Spent Last 24h: $ 1,322,499

- LindeX Activity Last 24h: $ 210,142