Quello che un po’ tutti temevamo è accaduto: Flashforward non avrà un seguito - nessuna redenzione.  Quello che ci troviamo di fronte è una delle più grandi occasioni sprecate della storia televisiva.  Raramente è accaduto di avere così tanti mezzi a disposizione per poter sviluppare una serie adeguatamente, raramente si era potuti partire da un’idea di base assolutamente innovativa e convincente.  Nonostante questo, il flop non solo di ascolti ma anche qualitativo è più che evidente. 

Adesso che la serie si è conclusa possiamo analizzare serenamente e con rammarico quelli che sono stati i fattori che hanno portato all’insuccesso.  Una buona serie infatti non solo deve avere una forte idea di base, e in questo Flashforward non era certo deficitario, ma deve anche e soprattutto reggersi sulle storie secondarie e deve essere puntellata, sostenuta efficacemente, da tutti quei personaggi che compaiono a comporle.  Quindi dobbiamo puntare il dito innanzitutto sulle sottotrame, un elenco lunghissimo nel quale è sorprendente come non ne sia presente neanche una che abbia funzionato, e sottolineo nemmeno una.  Il peggio del peggio è sicuramente rappresentato dalla sottotrama del dottore all’affannosa ricerca della propria giapponesina, con il soporifero triangolo rappresentato da “lui-lei-l’altra” e il suo spettro di una morte per annegamento.
  Altra sottotrama devastante ai fini della narrazione è stata quella del mentore degli alcolisti anonimi che finisce in Afganistan alla ricerca della figlia perduta.  Vogliamo poi parlare del disgustoso tira e molla tra Simcoe e Olivia?  Oppure dell’agente lesbica dell’FBI che rimane incinta dello Spirito Santo che ha la forma di colui che doveva morire e invece frega tutti non morendo, lasciando con un palmo di naso pure la sua bella ex fidanzata in una montagna russa di banalità ed egoismi degna del peggior Beautiful?  Ma la lista non si ferma certamente qui e sarebbe davvero troppo lunga.  Anche la gestione dei personaggi principali è stata superficiale e macchiettistica, in special modo per quanto riguarda la figura di Mark Benford: è difficile infatti potersi identificare in un protagonista che di fatto è un deficiente, ma non nel senso buono del termine che può essere anche sinonimo di divertente, Mark Benford si comporta in maniera assurda, avventata, il più delle volte senza accendere nemmeno un neurone, e gli altri personaggi glielo lasciano fare fino a quest’ultima puntata, dimostrando così altrettanta deficienza. 
Le uniche cose che si salvano in questo marasma sceneggiativo sono per l’appunto la trama principale, quella legata al flashforward e ai misteri collegati ad esso, e il povero Dominic Monaghan che nel ruolo di Simon Campos si affanna a far remare una barca che affonda.  Stoico.  Come detto in principio, ci troviamo di fronte a uno dei più dolorosi flop della fantascienza televisiva, con un’idea di base dalle potenzialità enormi sviluppata in un modo così indegno da far recriminare pesantemente anche quei pochi fan che gli erano rimasti fedeli fino alla fine.  Eutanasia.