Gliese 581 è una stella, una nana rossa variabile del tipo BY Draconis, appartenente alla costellazione della Bilancia. Era già nota per ospitare altri cinque pianeti. Il sesto, appena scoperto, Gliese 581g, sarebbe tre o quattro volte più massiccio della Terra. Ma soprattutto ricade in quella che gli astronomi chiamano scherzosamente la "Goldilocks zone" (la ciotola di porridge della fiaba di Riccioli d’oro e i tre orsi), perché non è né troppo calda né troppo fredda, ma perfetta per consentire la presenza di acqua.

Gliese 581g ha una massa compresa fra 3,1 e 4,3 masse della Terra e un raggio stimato fra 1,2 e 1,5 raggi terrestri. È probabilmente roccioso e molto somigliante al nostro pianeta. Scoperto grazie al Keck Observatory nelle Hawaii, Gliese 581g orbita a una distanza dalla sua stella madre dove riceve l'energia necessaria per sostenere eventuale acqua allo stato liquido. Inoltre la sua forza di gravità, simile a quella terrestre, renderebbe possibile anche la presenza di un’atmosfera.

Questo sistema extrasolare ha una sua particolarità: mostra sempre la stessa faccia alla sua stella, in modo tale che una parte è sempre calda e illuminata e l’altra è sempre buia e fredda. La linea che separa le due metà si chiama terminatore e in corrispondenza di questa linea la temperatura è compresa tra i -12 e i -31 gradi (quindi forse la zona più ospitale potrebbe essere quella a "cavallo" del terminatore stesso).

"Per comprendere se il pianeta possa ospitare forme di vita - ha detto Raffaele Gratton, astronomo dell’INAF-OA di Padova - occorre poterne studiare l’atmosfera. Pensiamo che l’indicatore fondamentale sia la presenza di O2, molecole di ossigeno che dovrebbero essere abbondanti nell’atmosfera solo in presenza di fotosintesi clorofilliana. Forme di vita che non usano la fotosintesi sono naturalmente possibili, ma sembra molto più difficile rivelarne la presenza." Questa scoperta, sempre secondo Gratton, "sarebbe quasi sicuramente una di quelle da premio Nobel anche se il merito andrebbe diviso tra molti gruppi di ricerca, fondamentali nel campo degli esopianeti".

Ma la vita, in realtà, c'è? Non lo sappiamo e non abbiamo, al momento, i mezzi tecnologici per scoprirlo. Tuttavia, se pure su quel pianeta non ci fosse alcuna forma di vita, per noi sarebbe importante comunque. Perché ci dimostra come i pianeti rocciosi nella "zona abitabile" delle stelle siano un fenomeno comune nell'universo. "Se fossero rari, non ne avremmo trovato uno così in fretta e così vicino," afferma Steven Vogt, astrofisico dell'Università della California a Santa Cruz e primo firmatario dell'articolo. "La frazione di sistemi planetari potenzialmente abitabili è probabilmente fra il dieci e il venti per cento, e se si moltiplica questo valore per le centinaia di miliardi di stelle nella Via Lattea si ottiene un numero enorme. Potrebbero essere decine di miliardi nella nostra galassia". Forse il vecchio Drake con la sua equazione c'era andato vicino.

Altro quesito: nel frattempo il SETI non potrebbe puntare all'osservazione/ascolto di questi sistemi planetari ritenuti "abitabili"? Lo sta facendo? Lo farà? Sarebbe interessante poter sfruttare queste scoperte scientifiche anche in maniera "cross" e focalizzare le ricerche di segnali extraterrestri in maniera più razionale. Che ne pensate?