Se siete appassionati di fantascienza di vecchia data magari sarà capitato anche a voi. Ogni tanto vado in giro e penso: cavolo, siamo nel 2004. Siamo nel futuro. Quando cominciavo a leggere fantascienza, da piccolo, un quarto di secolo fa, mi chiedevo come sarebbe stato il prossimo millennio; ora ci siamo dentro e per noi non è più il futuro ma il banale presente, eppure se cerchiamo di guardarlo con i nostri occhi di allora possiamo riuscire, per un istante, a cogliere un po' di sense of wonder da ciò che ci circonda.

Non ci sono automobili che viaggiano galleggiando a mezz'aria né astronavi che solcano il cielo (a dire il vero col ritiro del Concorde si può ben dire che negli anni settanta in cielo c'era roba più fantascientifica di quanto ci sia ora). Però siamo circondati da tecnologia affascinante. Tiro fuori dalla tasca il mio Treo 600 e mi collego a internet per leggere le ultime notizie dal Corriere della sera... non è una cosa un po' fantascientifica? O magari possi fare un salto alla Sony Gallery per veder giocare il cane robot Aibo.

Questo per gli amanti della sf tecnologica. Questo gioco però probabilmente renderà ancora più soddisfatti gli amanti della sf antiutopica, che possono ammirare un bel mondo cupo, bellicoso, pieno di minacce e indirizzato verso qualcosa di simile all'autodistruzione.

Sì, siamo nel futuro. Il brutto è che noi appassionati di fantascienza lo sappiamo, ma gli altri... be', no, gli altri pensano che questo sia ancora il loro buon vecchio presente, e lo affrontano come avrebbero affrontato il loro presente o il loro passato. Un esempio lampante di questa distonia è rappresentato da qualcuna delle ultime leggi promulgate dal nostro governo su argomenti che sono propri di questo futuro, affrontati nel modo più passato possibile. La genetica... tema affascinante che gli appassionati di fantascienza conoscono bene. Una volta era abbastanza normale pensare che la genetica avrebbe risolto tanti problemi: come quello di evitare di far nascere bambini deformi, o magari anche quello dei "pezzi di ricambio" da far crescere appositamente per sostituire ciò che nel nostro vecchio corpo non andava più bene.

Sfortunatamente all'inizio del nuovo millennio abbiamo scoperto che tutto ciò era male, che il termine "clonazione" era una bestemmia impronunciabile e la genetica una pratica al limite della stregoneria. Abbiamo scoperto che la genetica non va utilizzata neanche per prevenire difetti genetici. Se oggi una donna vuole avere un figlio con l'inseminazione assistita, deve obbligatoriamente impiantarsi gli embrioni senza che possa essere effettuata un'analisi del DNA per verificarne l'integrità. Poi, eventualmente, in un secondo tempo potrà abortire.

E poi naturalmente c'è la rete, e la grande querelle del peer to peer, affrontato dalla legge Urbani varata proprio nei giorni in cui scrivo e che ha sollevato tante polemiche. Qui il concetto che viene affrontato sembra davvero difficile. Mette in discussione un valore, quello della proprietà, che è un caposaldo della cultura umana fin dall'età delle caverne.

A dire il vero, mi ricordo che quando facevo il liceo era pratica comune scambiarsi dischi e registrarsi le copie su cassetta. Non capisco del tutto quale sia la differenza tra una cassetta e un MP3, eccetto che l'MP3 si sente forse un po' meglio. L'industria discografica non è fallita quando sono stati introdotti i registratori a cassette, e non si vede perché debba fallire a causa degli MP3. Quindi, diciamo, un po' di "passato" da usare per valutare il futuro non è che non ci fosse.