Nessuna figura storica poteva seppur lontanamente avvicinare per importanza il Primo Padre. Era il motivo per cui l’umanità era giunta su quel mondo meraviglioso, e ogni chiesa doveva a lui la sua esistenza. Nonostante ciò, l’uomo restava una figura misteriosa ed elusiva – una presenza inconoscibile profondamente radicata nel tempo e nell’immaginario collettivo.

Non c’erano due fedi che tramandassero lo stesso ritratto del loro fondatore. Una biografia tradizionale era quella che si trovava nei testi scolastici, ma ciò che riferivano gli insegnanti era piuttosto diverso da quanto una ragazza sveglia non potesse trovare sugli scaffali di una biblioteca ben fornita. La verità era che quell’uomo era un vero enigma e quando si arrivava a ricostruire la sua storia, tutto era possibile. Gli unici dati in comune erano la sua nascita sulla Vecchia Terra negli ultimi giorni del XX secolo, e che, la mattina di un venerdì di primavera, a un’età di poco superiore ai ventinove anni, il Primo Padre scelse il proprio destino.

Gli uomini avevano appena cominciato a costruire i primi Ripper. Erano macchine rozze, strumenti di ricerca dal comportamento instabile, che i fisici utilizzavano per provocare dei buchi temporanei nella realtà locale. Gran parte di questi squarci portavano al vuoto cosmico e a un freddo inimmaginabile; è quello infatti lo stato standard di gran parte del multiverso. Comunque gli effetti quantici e le armonie topologiche indicarono la strada giusta: se il Ripper apriva il suo varco lungo una delle dimensioni invisibili, c’era in attesa un’isola di instabilità. L’isola si era separata dall’Adesso due miliardi di anni prima e dall’altra parte del buco aspettavano un numero infinito di Terre-gemelle, ognuna dotata degli stessi movimenti di rotazione e della stessa massa del pianeta dove era nato l’uomo.

Improvvisamente ogni scienza dimostrò un notevole interesse per quel lavoro. Le grandi scuole e le piccole nazioni avevano i propri Ripper personali. I biologi recuperavano campioni microscopici di aria e terreno, ognuno contaminato da batteri e strane spore. Ogni specie era a suo modo nuova, ma tutte condividevano gli ingredienti base della vita terrestre: i codici del DNA per lo stesso esiguo numero di aminoacidi che costruivano famiglie di proteine non troppo dissimili da quelle che si trovavano dentro uomini ed erbacce.

Il Creato era un affare che non richiedeva sforzo e non aveva limiti. Questa era la cosa che gli esseri umani andavano imparando e con l’attrezzatura adatta e brevi scosse di energia titanica era possibile raggiungere questi reami infiniti, per esplorare una minuscola porzione dell’infinito.

Ma i Ripper avevano anche un secondo e più intrigante potenziale. Se quelle stesse terrificanti energie venivano incanalate in maniera lievemente differente, il varco poteva cambiare di forma e natura e quella distorsione temporanea dello spazio poteva espandersi attraverso le tre dimensioni più semplici, inglobando il macchinario e quello che gli stava attorno in una bolla plasmatica, e quella bolla poteva funzionare da traghetto, trasportando il suo carico attraverso un passaggio troppo piccolo per poter essere misurato e troppo ostinato per lasciare passare la normale materia.

Chiunque sia stato, il Primo Padre comprese quello che i Ripper potevano fare. Gran parte delle chiese lo vedevano come uno scienziato visionario, mentre lo storico medio lo pensava troppo giovane per poter ricoprire questo ruolo, descrivendolo invece come un promettente neo-laureato. E ci furono sempre voci fuori dal coro che lo ritenevano un tecnico di laboratorio o qualcosa di quel genere: un uomo da poco, dotato di un minimo di conoscenze specifiche oltre che l’accesso a un Ripper funzionante.

Senza farsi notare, il Primo Padre portò via un set di batterie super-conduttive e, nel corso di parecchie settimane e mesi, le caricò segretamente con energia sufficiente a illuminare una città. Comprò anche, o rubò, una grande quantità di provviste, comprese sementi e medicinali, attrezzi assortiti, e abbastanza cibo in scatola da nutrire per mesi un centinaio di persone.

Lavorando da solo, riempì fino all’orlo due grossi camion e, scelta la notte giusta, in aprile, guidò i camion nel luogo prescelto, parcheggiandoli in divieto di sosta, con il freno a mano tirato e i pneumatici sgonfi. Un terzo camion fu manovrato presso il piazzale di carico dietro al laboratorio di fisica, e, utilizzando chiavi o password, il giovane guadagnò l’accesso a uno dei più potenti Ripper del pianeta: un groviglio di cavi elettrici e spazi nulli imbottigliati, poco più grande di una bara.

Il giovane trascinò o fece rotolare la sua preda all’interno del veicolo, e con movimenti rapidi e ben allenati lo collegò alle batterie interamente caricate, aggiungendo un nuovo software. Poi, prima di essere notato da qualcuno, partì a razzo, sparendo nelle tenebre.