- Lei è una signora molto affascinante - e tenne per un po' quella mano grande e calda fra le sue, tenne la mano di lei che lo sovrastava un po' e che adesso gli sorrideva, anche se lui sapeva che avrebbe sorriso a chiunque, in quelle circostanze, e chissà quanti ubriachi le avevano detto cose simili dopo un pranzo, del resto chi avrebbe sorriso se non per educazione a un uomo come lui, anziano ormai, piccolo, dagli occhi slavati, ma nonostante tutto fu contento perché ciò che vedeva era solo la bellezza di lei che sorrideva.

Si era già riempito di liquore tre o quattro bicchierini di cioccolata, e dopo aver bevuto li aveva mangiati lentamente, con voluttà. Attraverso una porta che era rimasta socchiusa si vedeva la cucina, una striscia di sole illuminava le piastrelle bianche e azzurre del pavimento, le pentole e i tegami lustravano sulla stufa immensa che anche da lontano sembrava emanare un cociore invincibile. La caldura però si disperdeva subito in quella luce pacata, che doveva aver attraversato il verde di un giardino. In cucina qualcuno parlava, nascosto alla vista. Le parole gli sembrava di capirle, ma il senso delle frasi gli sfuggiva, sembrava dilatarsi in una leggerezza vaporica alla quale lui si abbandonava fiducioso come di sera negli orti e provava gratitudine per lo sconosciuto invisibile che pronunciava quel discorso giusto e misterioso. Nonostante il calore della nera stufa di ghisa, la cucina era animata da fresche correnti d'aria che nascevano negli angoli e migravano purificando la luce, facendo ondeggiare gli strofinacci appesi e portando fino a lui quelle parole, che forse per questo gli parevano così riposanti. Le cose uscivano dai loro confini naturali, sovrapponendosi leggermente, e tutto ciò era un po' triste ma molto tranquillo, come quando si abbandona qualcuno che si è molto amato.

Teneva la mano della cameriera, poi la lasciava per riprenderla subito fra le sue, rinnovare il contatto era la cosa più bella, sentire di nuovo la grandezza e la consistenza di quella mano che aveva da poco abbandonato come se non potesse più riprenderla e invece la riprendeva perché ne aveva il permesso. Con questi ripetuti contatti gli sembrava di aprire i piccoli sportelli di un mobile fastoso e pieno di riflessi dorati mentre qualcuno lontano rideva sotto la carezza del vento. Vide la cameriera che si allontanava ed entrava in cucina, e sulla porta era subito circondata da una luminescenza sontuosa che rendeva nero il suo contorno, proiettandolo sulle piastrelle come una macchia. Di nuovo i suoi pensieri si confusero, come se rimbalzassero debolmente su un fondo elastico e madreperlaceo e poi risalissero del tutto trasformati, palpitanti di luce striata.

Con un ramo di mirto in mano si rallegrava,

e un bel fiore di rosa,

la chioma le ombreggiava le spalle e il collo.

Si ripetè questi versi e si turbò come se contenessero un ordine o un presagio, ma fu solo rinviato al contorno nero della ragazza, che ormai era entrata nella cucina ed era ridotta a pura superficie.

Tutto si gonfiò, il tavolo di servizio dilagò per la sala, i bicchierini di cioccolata subirono una metamorfosi e si sottrassero alla sua mano che ne cercava ancora uno, dalla cucina si udì una risata che parve suggellare la fine di una lunga preghiera, poi qualcuno si mise a cantare e la porta si chiuse, sottraendogli la luce. Capì che qualcosa era cominciato, un viaggio o un racconto, e che doveva uscire. Gli vennero alla mente parole come volatile, martire, ma soprattutto immenso.

* * *

Le voci degli altri, che parlavano sul marciapiede tenendosi nell'ombra, lo fecero sussultare, perché in esse non vi era traccia della frescura e della luminosità azzurrata della cucina. Anche qui, sulla strada, era possibile capire le parole, ma che cosa volessero dire quei discorsi nel loro complesso gli sfuggiva. Il vento portava gli odori del Paese oltre il confine, un odore di ferro e di catrame, ma anche di ponti lontani e di valli al tramonto. Confrontò quegli odori con le parole dei colleghi e capì che doveva decidersi, doveva affrontare la zona di sole e di vento che si stendeva tra l'albergo e il confine. Sapeva che l'alta garitta nera gli avrebbe fatto da guida e che da lontano il fiume avrebbe approvato la sua decisione. Solo i cartelli stradali, con i loro rossi e i loro bianchi, attendevano senza pronunciarsi l'esito delle sue mosse. Guardò di nuovo la garitta, lontanissima contro il cielo: la garitta significava che era tardi per qualunque cosa. Ma poi vide sul prato l'enorme locomotiva nera come un relitto, e capì che doveva avanzare.