Quello che il Matt Trent cupido telematico non può controllare è il “bug”, l’imprevisto, il fattore umano che irrompe prepotente a scompaginare ogni routine. Microspoiler: ah, se solo lo sfigato avesse scelto la bionda… chissà.Non solo supporto per il dating: ben più comprensibile e “ragionevole” sembra la tecnologia per ottimizzare la domotica attraverso strumenti digitali. Allo scopo di forgiare una intelligenza artificiale da mettera a capo della propria smart home Greta si fa impiantare un cookie per memorizzare gusti e abitudini.

In Black Mirror ritroviamo il costrutto rom dell’individuo concepito da William Gibson (Neuromante): incorporea forma di coscienza basata sull’accumulo di ricordi. Proprio perché distaccata da una matrice biologica (e quindi virtualmente immortale) scopriamo questa intelligenza artificiale alla mercé degli umori dei personaggi reali che, da programmatori sadici, possono disporre a piacere del tempo e dello spazio da essa percepito. Come si tortura un avatar? Basta programmarlo per vivere in uno spazio chiuso una certa quantità di giorni, mesi o anni senza avere assolutamente nulla da fare. Qui la satira su una umanità che indugia troppo nella ricerca del comfort tecnologico dimenticando che anche i tostapane possono avere un’anima strapperà un sorriso a quanti lavorano nel campo dell’informatica o delle tecnologie in generale.

Oggi la società dei selfie e della sovraesposizione del sé sui social media incoraggia (spesso viscidamente) la produzione di quelle tracce digitali che diventano oro per le aziende che sanno come setacciare statistiche per creare valore aggiunto e quindi servizi da vendere. Le chiavi di questi commerci risiedono in una festa dei “big data” al grido di: miglioriamo la vita, tagliamo la noia, dolcifichiamo la routine.

In tutto questo cosa c’entra il Natale? Il Natale è spesso legato ad un lavoro sulla memoria che si intreccia con l’affettività ovvero il più spontaneo e umano accumulo di dati. Con la casetta innevata nella palla di vetro Charlie Brooker alza il tiro delle citazioni portando Black Mirror dalle parti di Quarto potere e di Orson Welles. Certo in White Christmas non si parla di memorie infantili e il bianco della neve si tinge di rosso. Come simbolo di falsificazione il ninnolo con neve è un oggetto che ha giustamente colpito molte volte la testa (opsss), l'immaginario del cinema. Sul filo dei ricordi, il Natale diventa un mondo fantastico fruibile con estrema facilità perché recluso in uno spazio minuscolo e maneggevole. Proprio come le memorie audiovisive in Black Mirror: così facili da leggere portano spesso a

delle interpretazioni errate o comunque parziali. Del resto dopo tanto parlare di loop narrativi e di manipolazione della realtà tramite l’audiovisione poteva mancare un tributo a Orson Welles? Non a caso le carriere di Welles e Rod Serling si sfiorarono diverse volte ai confini della realtà.

Quel mestiere, quella magia narrativa viene colta da Charlie Brooker che riesce a drammatizzare investimenti affettivi basati su dettagli apparentemente insignificanti. Facile raccogliere le informazioni in un cookie, più complesso capire fino in fondo i collegamenti che si celano dietro oggetti semplici. Cosa rappresenta davvero Rosebud per il cittadino Kane?

Il discorso sull’ambiguità semantica di qualsiasi oggetto passibile di nostalgia ricorda anche altre suggestioni provenienti dalla storia del cinema di fantascienza. Per esempio Blade Runner, tratto da Philip K. Dick (altro maestro di mondi virtuali finiti in acido e paranoia). Alla ricerca di indizi per la sua indagine, l’agente Deckard utilizza una fantomatica “Esper Machine” (marchio di fabbrica degli sceneggiatori del film di Ridley Scott) che riesce a scandagliare una fotografia forzando una certa tangibilità tridimensionale della scena ripresa. L’intuizione su cosa cercare in questa “realtà aumentata” viene a Deckard forse dal magone provocato dalle foto di famiglia o forse dallo sciamanico sogno del misterioso unicorno. I replicanti di Blade Runner hanno un debole per le fotografie in quanto legame tangibile con un passato che in realtà non esiste. In Black Mirror, coevo ai social media, i ricordi non sono “lacrime nella pioggia”: possono diventare un acido corrosivo che può avvelenare esistenze (non solo la propria) oppure un’intelligenza artificiale misteriosamente emersa da un carotaggio scavato via dal nostro vissuto.

Finora questo articolo ha provato a rimanere sul vago rispetto ai colpi di scena di questo “White Christmas” ma se si lasciano troppi puntini in giro si cominciano a tracciare delle linee… Dopo averci girato un po’ intorno eccoci giunti ad uno spoiler alert più deciso. Meglio vedere prima di continuare la lettura.