Il secondo volume della Magic Press, uscito proprio in questi giorni, contiene invece il prosieguo dell’arco narrativo iniziato con Tempesta: le due miniserie complete che continuano la storia del colonnello Mary Randall, unica sopravvissuta della squadra di assassini umani inviata ad uccidere il creatore di Skynet, e di Dudley, l’ibrido uomo-macchina alla ricerca di quanto è rimasto della propria parte umana. In Obiettivi Secondari ritroviamo James Robinson all’opera per la sceneggiatura, coadiuvato dal bravo Paul Gulacy alle matite. Sembra che, dopo essersi lasciato alle spalle i virtuosismi letterari esibiti in One Shot, qui Robinson si sforzi di adeguarsi allo stile crudo, noir ed iperealistico di Gulacy con una narrazione sincopata, cruda e disperata. Un'altra terminatrice (l’idea esibita nel terzo film non è poi così originale) dovrebbe raggiungere dopo pochi istanti la squadra appena partita per fornire loro supporto, ma un errore nella dislocazione spaziale, non temporale, la materializza in mezzo al Pacifico. Riguadagnerà la costa troppo tardi per impedire gli avvenimenti di Tempesta ma non troppo per mettersi in contatto con l’unico suo simile superstite e riprendere la caccia degli obiettivi secondari della loro missione: Sarah Connor, sparita in Messico da tempo, e il Terminator rinnegato, a sua volta sulle tracce della Connor assieme al colonnello Randall. Nel frattempo il Dottor Hollister, ormai fuori dalla portata dei ribelli, continua i suoi studi sull’intelligenza artificiale aiutato dal teschio metallico di uno dei suoi salvatori. Questa volta, nonostante la bravura di Robinson, la trama stride e la struttura non regge mentre sembra che in poche settimane una vera e propria invasione di Terminator si scateni fra la California ed il Messico. Stragi efferate e mucchi di cadaveri seguono le tracce dei due cyborg che, in un violentissimo scontro finale, si affronteranno faccia a faccia tentando di distruggersi a vicenda, grazie all’intervento di Dudley riuscito nel frattempo a riprogrammare la mente del suo vecchio caposquadra. I disegni affascinanti e le ottime ed efficaci sequenze narrative sono gli unici punti di forza di una storia che non è invecchiata bene e che si porta dietro tutte le tare e le ingenuità del periodo in cui è stata scritta. Ian Edginton (Blade, Vampirella, Judge Dredd) scrive il terzo capitolo di un’avventura che avrebbe benissimo potuto finire al secondo: così nasce e conclude il secondo volume Il nemico dentro, miniserie illustrata da un giovane Vince Giarrano (Batman, X, Manhunter). Questa volta è guerra aperta fra il Terminator sopravvissuto alla devastazione precedente e rinsavito, rimessosi pure a nuovo con i frammenti della compagna distrutta, ed i suoi nemici di sempre: Dudley, il colonnello Mary Randall ed un giovane assistente rinnegato di Hollister che li accompagna. Nel frattempo, nella futura Los Angeles, una nuova squadra di ribelli sceglie di seguire le orme del colonnello Randall decisi a finire quello che lei potrebbe aver lasciato incompiuto, l’assassinio cioè del creatore di Skynet, il Dottor Hollister. Già da queste premesse il canovaccio della storia prende toni surreali, se poi ci si sofferma, in un secondo momento, sugli altri elementi che vengono buttati nel calderone del già complesso intrigo, un piccolo sorriso sorge spontaneo. Doppi giochi, tradimenti, operazioni al cervello nel soggiorno di casa, poliziotti stile Arma Letale sono tutte parti integranti di un caos che, per fortuna del lettore, viene “terminato” a fucilate proprio dalla nostra ormai affezionata macchina assassina. Il Terminator (ne è rimasto solo uno come in Highlander) diventa in questa saga un ottimo deus ex machina meccanico che ripulisce la struttura narrativa lasciando in scena solo l’affascinate colonnello ed un valente nonchè generoso poliziotto. Siamo di fronte ad un fumetto che si colloca quindi perfettamente fra molti suo simili degli anni Novanta e lo fa certamente anche dal punto di vista artistico, tanto che i personaggi presenti nelle precedenti puntate e qui ritratti da Giarrano sono quasi irriconoscibili, con fisici stilizzati da pin-up, pose plastiche e vestiti che sembrano costumi supereroistici: per l’occasione assistiamo anche ad un vero e proprio restyling del nostro cyborg in un incubo tutto lame e corna di metallo probabilmente a suo agio anche fra le pagine di Ghost Rider.