Nomen omen, dicevano i romanisti di duemila anni fa, quando ancora purtroppo non potevano gridare Tottigol e quindi qualcos'altro dovevano pur trovarlo: il destino degli uomini, in qualche modo, è governato dal loro nome.

Prendiamo il buon Valerio Massimo Manfredi, per esempio. Fosse stato battezzato, mettiamo, "Giacomino", o "Pierino", avrebbe ottenuto lo straordinario successo di cui oggi gode? Sarebbero state plausibili notizie di stampa tipo: "Nuovo best-seller di Pinuccio Manfredi scala le classifiche di tutto il mondo", oppure "Ridley Scott dirigerà un film tratto dai romanzi di Gigetto Manfredi"?

Ovviamente no. Con un'anagrafica del genere, il nostro buon Manfredi vivrebbe oggi, con ogni probabilità, da tranquillo fontaniere-idraulico, o da sereno maestro elementare, in quel di Piumazzo di Castelfranco Emilia, frazione di Modena sconosciuta a tutti tranne che agli estimatori del buon Lambrusco.

Per fortuna, genitori vollero che il Nostro fosse invece insignito di un bel nome virile & imperiale (Valerio Massimo, signori, mica cazzi!). E con tale epiteto, proprio perché non poteva fare il gladiatore (com'è noto, l'INPS ha recentemente depennato tale attività professionale dalla lista dei codici contributivi), il Nostro ha quasi ineluttabilmente intrapreso una carriera da cultore del Mondo Classico e di studioso di grecità e/o latinità. E altrettanto inevitabilmente (Valerio MASSIMO, gente, mica Valeriuccio Junior!) ha scalato le vette del successo: è diventato professore universitario, ha condotto spedizioni scientifiche coi controcoglioni, ha curato scavi archeologici in mezzo mondo e inondato l'altro mezzo con dozzine di romanzi storici, è stato tradotto in 23 lingue e pubblicato in 45 paesi, ha venduto diritti cinematografici a produttori del calibro di Dino de Laurentis, ed è oggi adorato da direttori di giornali e da conduttori televisivi (tipo Cecchi Paone che se fosse per lui lo porterebbe in trasmissione anche per parlare della vita sessuale dei topporagni sudanesi).

Certo, il Nostro ha dalla sua anche qualcosina in più del bel nome. Per dirne una è, bisogna ammetterlo, vergognosamente, scandalosamente, mostruosamente bravo. Dal punto di vista tecnico possiede una scrittura limpida e potente, capace di mutare registro a comando e di figurare ad esempio scene perfettamente hollywoodiane accanto a credibilissime citazioni omeriche. Inoltre vanta una conoscenza spaventosa dell'argomento di cui scrive, e ha la capacità di sfoggiare tale conoscenza senza apparire saccente (qualità veramente ma veramente rara).

In più, ha saputo scegliere (anche in questo c'è bravura, diciamolo) la forma narrativa notoriamente di maggior presa presso il pubblico, ovvero il romanzo storico. Attenzione, Manfredi non scrive semplicemente avventure ambientate nel passato: a far quello son buoni tutti. Il Nostro produce romanzi epici, aventi come protagonisti figure storiche come minimo di livello imperiale, o comunque certamente citate nei testi scolastici del lettore medio, da Alessandro Magno a Ulisse. Una scelta che finanziariamente si è dimostrata perfetta.

Penultima qualità, Manfredi è straordinariamente capace di miscelare nelle sue trame omerico/tacitiane, tra l'epos e la pietas, un elemento erotico neppure troppo nascosto, un sottomessaggio pruriginoso che poi è notoriamente ben gradito dal già citato lettore medio di tutto il mondo.

Infine, perché non dirlo, il nostro ha assolutamente il fisico del ruolo. Look vissuto e misterioso da scienziato/avventuriero, parlantina fascinosa e sguardo penetrante, il Nostro è un Indiana Jones naturale. Ce lo raffiguriamo perfettamente, in piedi su una cattedra, a disquisire intorno all'ultimo tesoro sumero conquistato a colpi di frusta e pistola, mentre tra il pubblico le studentesse di archeologia gli lanciano reggiseni o strillano strappandosi i capelli.

In conclusione, mentre inviamo accorate lettere di protesta ai nostri genitori per non averci donato un nome di battesimo altrettanto augusto, assegniamo al prode Valerio Massimo un vasetto sotto spirito speciale, quello riservato alle risorse letterarie nazionali. E lo omaggiamo con l'usuale oltraggioso plagio, che vi invitiamo a leggere. Ridendo con adeguata epicità.

Alla prossima.