Una delle (tantissime) frasi di Oscar Wilde è: “Il vero critico trova nell'opera cose che l'artista non vi aveva messo” che, personalmente, adatterei sostituendo a critico il termine appassionato.

Ovviamente quando si parla di appassionati si parla di fandom, e qual è uno dei fandom più temuto e pericoloso? Quello di Star Wars, a pari merito (direi) con quello di Star Trek.

Non a caso parliamo di due dei franchising più longevi, ma anche quelli nei quali, sotto la superficie fatta di pianeti, astronavi, alieni, esplorazioni ed avventure, spesso sono stati sottesi anche interessanti spunti di riflessione.

Sono sicuro che tanti di noi, in questi ultimi tempi, guardando alle guerre in corso, al cambio dei vertici di nazioni fondamentali per l’equilibrio mondiale come gli USA, alla evidente impossibilità da parte di organismi quali l’ONU di far rispettare il semplice diritto alla vita dei popoli hanno pensato alla battuta di Padmé, “È così che muore la libertà… sotto scroscianti appalusi”.

Bene, se vi è capitato, sappiate che in un’intervista che George Lucas ha rilasciato a James Cameron e pubblicata sul sito Screenrant, il regista ha chiaramente detto che ha sempre inteso Star Wars come un film apertamente politico. Ha detto anche che voleva che fosse chiaro che gli imperi, non solo come quello di Star Wars, ma anche (per usare le sue parole) l'Impero inglese e l'Impero americano nella vita reale, erano nel torto.

Sebbene precedenti interpretazioni abbiano interpretato la “ribellione all’impero” come quella della nuova generazione di cineasti dell’epoca (Lucas, Coppola, Spielberg…) contro le Major di Hollywood, sostenendo che nonostante Star Wars parli di guerra, governo e politica nella galassia non commenta la politica del mondo reale, né prende posizione su un particolare paese, partito politico o politico, quello che George Lucas dice in questa intervista dimostra che ha sempre specificamente paragonato l'Impero all'America. Non solo sottolineando il legame tra la trilogia originale e la guerra del Vietnam, ma anche, quando Cameron menziona la battuta di Padmé, citata sopra, Lucas afferma che stiamo ancora affrontando questo problema.

Anche quando Cameron afferma che l'America ora è “diventata” l'Impero, Lucas lo corregge, dicendo: “Era già l'Impero durante la guerra del Vietnam”. E prosegue spiegando che questa è una lezione che l'America non ha ancora imparato. L’esplicita correzione a Cameron è fatta non per mostrare che Cameron ha torto, ma per chiarire che la stessa cosa era già evidente quasi 50 anni fa, quando stava scrivendo Una Nuova Speranza. E questo, a quanto pare, lascia poco spazio a chiunque voglia sostenere che Star Wars non fosse politico nel 1977 e che non lo sia nemmeno oggi.

Solo perché Star Wars è ambientato “molto tempo fa in una galassia lontana lontana” non significa che i film non possano anche offrire una critica a questioni reali.

Ovviamente, Star Wars ha in se molti elementi divertenti e creativi come la Forza, i Jedi e le spade laser, può fare (e fa) più cose contemporaneamente. In parte, Star Wars è pieno di storie incredibili, personaggi amati e una galassia fantastica, ma ha sempre avuto anche qualcosa da dire su ciò che accadeva nel mondo reale all'epoca.

Questo non fa altro che rafforzare l'affermazione che Star Wars non è mai stato politicamente debole. Se l'intenzione di Lucas era esplicitamente quella di riferirsi alla guerra del Vietnam e criticare il colonialismo, come afferma in questa intervista, è ovvio che si tratta di un'affermazione politica.

Le aggiunte più recenti alla cronologia di Star Wars hanno continuato questa tradizione, e Andor, serie di cui sta uscendo la seconda stagione su Disney+, ne è forse il miglior esempio fino ad oggi.

Andor è stata giudicata dal “famigerato fandom” come una delle migliori serie TV di Star Wars, anche perché onora in modo sincero i messaggi e le intenzioni originali di George Lucas. Proprio come Una Nuova Speranza, L'Impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi, Andor si concentra sugli sforzi dei Ribelli (i “piccoli”, per usare le parole di Lucas) mentre combattono contro un Impero immensamente potente. Andor è forse ancora più in linea con questo messaggio, data la sua particolare attenzione agli sforzi nella vita di tutti i giorni e mettendosi perennemente a rischio della Ribellione e dei suoi eroi meno noti.

In Una Nuova Speranza, Luke Skywalker non era poi così diverso da Cassian Andor. Quando lo conosciamo è solo un giovane ragazzo con gli occhi pieni di stelle proveniente dal pianeta desertico di Tatooine, cresciuto come contadino con il sogno di diventare qualcosa di più. Sappiamo bene che la trilogia originale ha poi rivelato che Luke era in realtà il figlio di Darth Vader e la successiva trilogia prequel ha aggiunto ulteriore importanza a Luke rivelando quanto Anakin Skywalker fosse fondamentale per il destino dell’intera galassia. Da allora, Luke è diventato un'icona assoluta in Star Wars, il che ha ribaltato completamente l'idea che fosse un “nessuno”. Cassian Andor, pur non avendo nessuna eredità familiare da Jedi o poteri eccezionali, riveste un ruolo simile, essendo la chiave per poter giungere alla prima grande sconfitta dell’Impero: la distruzione della prima Morte nera, come visto in Rogue One. E questo rafforza ancora di più la particolare attenzione di Lucas riguardo ai “piccoli”.

La seconda stagione di Andor non farà che evidenziarlo ulteriormente, il che renderà ancora più difficile affermare che Star Wars non sia un film politico. Anche se sarà molto difficile che venga detta una parola definitiva in merito, considerando la discussione pro e contro questo tema.

È noto a tutti quanto sta facendo l’amministrazione Trump su questioni che riguardano la libertà personale e di pensiero dei singoli individui. La Columbia University ha volontariamente rinunciato ai finanziamenti pubblici pur di non sottomettersi ai diktat governativi e, qualsiasi siano le nostre opinioni personali, quello che penso accomuni tutti è di sicuro la volontà di poterle esporre liberamente e non di imporle o farcene imporre con metodi costrittivi.

Chissà, allora, che guardando la seconda stagione di Andor (o riguardando i film) potremo ritrovarci a pensare che anche gli sforzi quotidiani, nascosti, di chi vive e lavora nella polvere e nel fango (come tante organizzazioni umanitarie) sono segno di una speranza che, anche noi nel nostro piccolo, non dobbiamo far morire.

Quella di un mondo migliore. Per tutti.