Di tutti gli attori della saga Marvel sugli Avenger, Chris Hemsworth è stato in grado di realizzare qualcosa che nessuno dei suoi compagni di squadra è riuscito a fare: un quarto film da solista, Thor: Love and Thunder. E ad imbastire la storia ci ha pensato Taika Waititi, che ci ha infilato Jane Foster, i Guardiani della Galassia, Korg, La Valchiria, Gorr il macellaio degli dei e (perfino) Zeus.

I film in solitario di Thor hanno sempre avuto dei risultati non all’altezza degli altri con un singolo ersonaggio, il primo, diretto da quello che venne definito un Branagh Shakespeariano, forse è stato quello più apprezzato, Dark Wolrd, il secondo, è saldamente al fondo della classifica degli appassionati MCU e Ragnarok, beh, ha segnato l’ingresso di Taika Waititi nell’universo Marvel con tutto il suo bagaglio di commedia, ironia, multicolore divertimento e dramedy.

Ma, come dicevamo all’inizio, è Chris Hemsworth, ad aver lavorato perché il personaggio andasse oltre l’Endgame che ha fermato i contratti di Chris Evans/Capitan America e Robert Downey Junior/Iron Man confermando la propria disponibilità a mettere in scena anche la sua vena comica, grazie alla quale ha portato in Endgame l’evoluzione di Thor in un panzone depresso che solo alla fine trova nei Guardiani il nuovo stimolo per viaggiare nella Galassia.

Il Thor: Love and Thunder è frutto sia di Waititi che di Hemsworth e del loro modo di intendere professione e vita. Se a questo uniamo il progetto Disney di attirare verso l’MCU le generazioni più giovani, che non hanno voglia tempo e disponibilità per approcciarsi ai comics, il risultato non può che essere questa quarta pellicola dedicata all’eroe asgardiano.

Il film è fondamentalmente una commedia che a tratti si sbraca anche troppo, tanto che le parti drammatiche che riguardano il tumore da cui è affetta Jane e che la porterà verso un tragico epilogo, come avvenuto nei fumetti, o il desiderio di vendetta che muove il cattivo Gorr che all’inizio del film comprende dopo la dolorosa morte della figlia come le divinità siano poco affidabili e, soprattutto, poco interessate alle sorti dei loro fedeli, e che quindi dovrebbe funzionare come pungolo di una vendetta senza redenzione, appaiono quasi fuori luogo.

Il senso generale sembra essere: abbiamo un ragazzone muscoloso e potente che si diverte andando a zonzo per la galassia, pare sia una divinità, e pare che ce ne siano altre, pare anche che ci siano esseri ancora più potenti che potrebbero annichilire l’universo, ma facciamoci una risata su e andiamo avanti, che potrebbe anche avere un senso catartico ed esorcizzante in un periodo di pandemie e guerre.

E così scopriamo che la nuova arma di Thor: Stormbreaker, è dotata di un carattere suscettibile, ci sorbiamo la voce fuori campo di Korg, un personaggio che sta piano piano scivolando nello JarJarBinismo, fino ad arrivare al momento più cringe dell’intera storia: il consesso degli dei presieduto da uno Zeus/Russel Crowe in gonnellino e mossette che più sopra le righe non si può dove, per la gioia di chiunque lo apprezzi, Thor mostra il suo culo sodo e fa svenire le ninfe della corte di Zeus che ne osservano il “lato A”.

Non è mai stato facile gestire un personaggio come Thor, e questo o hanno detto a più riprese Stan Lee, Jack Kirby, Walt Simonson e Jack Aaronson, tanto per citare solo alcuni dei creatori delle sue storie. E questo perché l’idea della divinità nel mondo Marvel non era semplice da approcciare. Una volta introdotto il corpus degli dei norreni fu inevitabile arrivare a quelli dell’Olimpo, ma la metafisica di questo universo veniva anche esplorata dal Dottor Strange e dalle saghe cosmiche di Jim Starlin creando forse il settore più problematico da riordinare e gestire fra tutti.

Le due ore del film passano veloci, anche se resta qualche dubbio su questioni quali: Thor che rende un plotone di bambini tutti miniThor suddividendo con loro il proprio potere e, come se ciò non bastasse, finisce per diventare il tutore/zio della figlia del macellaio Gorr, che quest’ultimo chiederà di far risuscitare. Un tutore/zio (Thor) che se la porta dietro nelle sue missioni/avventure e alla quale fa usare Stormbreaker (ormai i martelli e le asce di Thor li usano tutti, come la mia vecchia Panda), il minutaggio risicatissimo dei Guardiani (che forse li salva dopotutto), la comparsata di Sif e altre cose che fanno pensare ad un brainstorming tipo: “Ehi vogliamo metterci Godzilla?” “Sarebbe carino, ma le royalties sono un disastro, altre idee?”.

Bravi nei rispettivi ruoli  Natalie Portman, Tessa Thompson e Christian Bale, quasi irriconoscibile.

Ovviamente ci sono le scene post credit, e una riguarda Zeus che si lamenta di come i supereroi stiano surclassando gli dei, quindi invia suo figlio Ercole a uccidere Thor (che però sarebbe un dio, o mi sbaglio?).

Stavolta mira alla testa.
Stavolta mira alla testa.

I titoli scorrono e alla fine compare la frase Thor will return che suona come una promessa o forse una minaccia, non si sa.

Insomma non è uno dei migliori film MCU finora passati sullo schermo in questa fase 4, che a tutt’oggi ha visto la Vedova Nera, Shang Chi, Gli Eterni, Spiderman No Way Home e Doctor Strange in the Multiverse of Madness e che dovrebbe proseguire con Wakanda Forever, Ant Man Quantumania, Guardiani della Galassia 3, The Marvels e (a chiudere) Fantastic Four, ma il film funziona.

Una volta davanti ad un programma del genere avrei avuto una crisi da hype, adesso no. Il problema principale è che qualunque sia il filo conduttore, il progetto, la storia verso la quale sta andando il MCU (che per ora appare fumosissima ed estremamente incerta) questo film appare del tutto ininfluente, e, soprattutto ben lontano dalla tensione narrativa e dal finale epico della Infinity Saga. Anche quelli che lo hanno preceduto, sinceramente, sembrano più esplorazioni di nuovi approcci per il genere cinecomics che altro.

Se poi a questo aggiungiamo le serie in streaming su Disney+, nelle quali va essenzialmente compresa anche quella a cartoni animati What If c’è tanta, troppa carne al fuoco.

Stiamo parlando di indigestione?

Direi che ci siamo pericolosamente vicini.

Ma non facciamo troppo i musoni e, se avete dei bambini in famiglia che amano i supereroi Marvel, portateli a vedere il film. Quando ci sono andato io ce n’erano abbastanza e si sono divertiti un mondo, hanno applaudito e uscendo volevano tutti un martello di Thor per giocarci.

E chi siamo noi per intristirli in tempi come questi?