“For All Mankind”, che significa “Per tutta l’umanità”, è la frase finale di una targa che gli astronauti della missione Apollo 11 lasciarono sulla Luna, quando per la prima volta nel 1969 l’umanità mise piede su un altro corpo celeste. Sulla targa, di acciaio inossidabile, c’è una frase che commemora lo sbarco e fornisce alcune informazioni su chi siamo, per tutti coloro che dovessero fare un salto sul nostro satellite. Sulla targa c’è scritto: «Here men from the Planet Earth first set foot upon the moon, July 1969, A.D. We came in peace for all mankind» (Qui, uomini dal pianeta Terra posero piede sulla Luna per la prima volta, luglio 1969 d.C. Siamo venuti in pace, a nome di tutta l'umanità).

La targa raffigura i due emisferi del pianeta Terra, ed è firmata dai tre astronauti (Neil Armstrong, Michael Collins e Buzz Aldrin) e dall'allora presidente degli Stati Uniti d'America Richard Nixon.

For All Mankind è anche il titolo della serie TV andata in onda sulla piattaforma streaming Apple TV nel novembre del 2019 e giunta alla seconda stagione quest’anno. Tra gli autori c’è una vecchia conoscenza degli appassionati di serie TV di fantascienza: Ronald D. Moore, che firma la serie insieme a Emmy Ben Nedivi e Matt Wolpert.

Ambientata alla fine degli anni Sessanta, la serie parte da una premessa molto particolare: i primi uomini a sbarcare sulla Luna non sono stati gli americani, bensì i sovietici. Ma facciamo un passo indietro, nel tempo e nel mondo reale.

Siamo negli anni Sessanta. L’unione Sovietica ha mandato un satellite in orbita, lo Sputnik, il 4 ottobre 1957. Il satellite era fatto di una lega di alluminio, aveva una forma sferica su cui erano poste 4 antenne. Al suo interno vi erano state installate due trasmittenti, delle batterie e un termometro. Emetteva un semplice suono, un bip bip, che venne captato dai radioamatori di tutto il mondo nei giorni successivi.

Solo 12 anni più tardi gli americani manderanno un uomo sulla Luna, ma in quel lontano 1957 gli Stati Uniti non poterono che prendere atto del primato raggiunto dai sovietici, nonostante nel 1955 il presidente Dwight D. Eisenhower avesse annunciato che l’America avrebbe messo in orbita un satellite. La previsione di Eisenhower si rivelò troppo ottimistica, anche se gli USA mandarono il loro primo satellite in orbita – l’Explorer 1 – solo qualche mese dopo, il 31 gennaio 1958.

Lo choc per il mondo intero fu comunque enorme. Ma altre tappe clamorose segnarono la corsa allo spazio tra USA e URSS: il 3 novembre 1957 venne lanciato un nuovo satellite, con a bordo un cagnolino di nome Laika; il 12 aprile 1961 il 27enne Jurij Gagarin possa compiere la missione più importante dell’era spaziale, almeno fino a quel momento, raggiungendo l’orbita terrestre.

Il successo del lancio dello Sputnik 1 e il conseguente choc che causò nell’Occidente, Stati Uniti in testa, rese palese ai sovietici che la strada percorsa era quella giusta e la naturale conclusione avrebbe dovuto essere il primo uomo sulla Luna, un sovietico ovviamente; quattro mesi più tardi German Titov, il cosmonauta che era la riserva di Gagarin, ebbe il suo momento di gloria. A bordo della Vostok 2, il 6 agosto 1961, fu lanciato in orbita e vi rimase per 1 giorno, 1 ora e 17 minuti, compiendo 17 orbite complete. Per la prima volta la Terra ricevette immagini dalla navicella e vennero anche realizzati degli esperimenti relativi all’assenza di gravità; il 22 febbraio 1965 Aleksej Archipovič Leonov fu il primo cosmonauta a lasciare la navicella spaziale e a fluttuare nello spazio; a 26 anni, il 16 giugno 1963, l’orbita terrestre venne raggiunta dalla prima cosmonauta donna al mondo. Valentina Tereškova.

Ovviamente, i sovietici lavoravano per sbarcare sul nostro satellite e, a tal scopo, venne progettato un nuovo vettore N1, molto più potente dei precedenti missili intercontinentali realizzati dai sovietici, che però si rilevò un fallimento. Da qui, il sorpasso degli americani a l’allunaggio di Armstrong e Aldrin il 20 luglio del 1969.

È difficile identificare con certezza le cause di questo improvviso scatto in avanti degli americani, ma probabilmente furono tre i fattori che misero il programma spaziale sovietico in stallo. Il primo fu senza dubbio la morte del capo progettista Sergej Korolëv, uno dei padri dell’astronautica, non solo sovietica. L’uomo che aveva progettato e realizzato i razzi vettori che portarono i primi satelliti e i primi esseri viventi nell’orbita terrestre muore nel momento decisivo: quello che avrebbe dovuto portare un sovietico sulla Luna. Un secondo fattore fu il cambio della leadership dell’URSS: Leonid Brežnev prendeva il posto di Nikita Krusciov. Brežnev assunse nel 1964 sia la carica di Segretario generale del PCUS (Partito Comunista dell’Unione Sovietica) sia di Presidente del Consiglio dei ministri dell’URSS, ma non aveva la stessa passione per lo spazio del suo predecessore e soprattutto non possedeva la capacità di sfruttare propagandisticamente i risultati raggiunti dal programma spaziale sovietico. Infine, una terza causa, forse la decisiva, è che per mandare un uomo sulla Luna servivano ingenti risorse economiche, di cui i sovietici non disponevano; i tagli al sogno di andare sulla Luna furono probabilmente la causa decisiva che portò al naufragio del programma spaziale sovietico. Gli americani, invece, riuscirono a coinvolgere sia gli apparati statali sia le industrie private e poterono contare su un budget considerevole per portare a termine il sogno di andare sul nostro satellite.

For All Mankind ribalta questa realtà e ci presenta un gigantesco “what if?”, cosa sarebbe successo se a sbarcare per primi sulla Luna fossero stati i sovietici?

Uscita proprio nel 50esimo anniversario dello sbarco sulla Luna, la serie TV, andata in onda sulla piattaforma Apple TV, è incentrata principalmente su due famiglie di astronauti e all'ingegnere della NASA Margo Madison, con un casto formato da Joel Kinnaman, Michael Dorman, Wrenn Schmidt, Sarah Jones, Shantel VanSanten, Jodi Balfour, Krys Marshall, Sonya Walger, Cynthy Wu.

Seguiamo così le vicende di personaggi immaginari, come l’astronauta Edward Baldwin, interpretato da di cui conosciamo anche la famiglia formata dalla moglie Karen Baldwin, interpretata da Joel Kinnaman, classico eroe americano; di sua moglie Karen Baldwin, interpretata da Shantel VanSanten, casalinga devota al marito, ma che riserva molte sorprese nel corso delle puntate; dell’astronauta Gordo Stevens (Michael Dorman), un pilota che diventa astronauta, ma che ha difficoltà a gestire le proprie paure e di sua moglie Tracy Stevens (Sarah Jones), decisamente ambiziosa rispetto al ruolo che tutti le vogliono affibbiare, ossia quello di madre e moglie; c’è Margo Madison (Wrenn Schmidt), un ingegnere della Nasa che deve sgomitare per essere considerata in un ambiente lavorativo quasi totalmente al maschile; infine, Sonya Walger interpreta Molly Cobb, una pilota veterana che ha fatto parte del primo gruppo di donne astronaute. Sullo sfondo, c’è poi la storia della piccola Aleida Rosales (Olivia Trujillo), una ragazzina messicana che ha visto il primo allunaggio e grazie all’enorme talento che ha in matematica, sogna di lavorare alla Nasa, dove il padre lavora come addetto alle pulizie. Intorno a loro, come personaggi secondari, ci sono anche personaggi storici, realmente vissuti, come i tre astronauti dell’Apollo 11, Armstrong, Collins e Aldrin, Wernher von Braun, l’ingegnere tedesco (già nelle file degli ufficiali nazisti che idearono per Hitler i primi missili, i famigerati V2), Gene Kranz, direttore delle operazioni di volo della NASA durante i programmi Gemini ed Apollo.

La forza della serie è quella di proporre una storia alternativa credibile, il cui motore di ogni sequenza è formata dalla vita privata e quella alla Nasa dei vari protagonisti. I fatti storici vengono continuamente capovolti, con gli astronauti, gli ingegneri e tutto il personale dell’ente spaziale americano cerca di affrontare le nuove sfide imposte dai sovietici, che di fatto hanno vinto la corsa allo spazio. Lo spettatore, dunque, viene continuamente sfidato a mettere a confronto la storia delle missioni dell’Apollo, come le conosciamo, e quella alternativa che la serie TV ci propone, generando un’attesa e un’emozione che desta un interesse sempre maggiore, puntata dopo puntata.

Nella seconda stagione cambia totalmente lo scenario. [Attenzione Spoiler]

John Lennon è vivo, Roman Polanski è stato arrestato, Il principe Carlo ha sposato Camilla Parker Bowles (e non Diana Spencer): benvenuti nel 1983, ma non quello reale, bensì quello alternativo immaginato da Ronald D. Moore, Emmy Ben Nedivi e Matt Wolpert nella serie TV For All Mankind, arrivata alla seconda stagione. E gli eventi che abbiamo appena descritto fanno parte, per l’appunto, della seconda parte del serial televisivo che racconta una storia alternativa della corsa allo spazio, con i sovietici della vecchia URSS che hanno surclassato gli USA, mandando l’astronauta, pardon cosmonauta, Leonov sulla Luna. E come se non bastasse, hanno spedito anche una donna sul nostro satellite. Ma questo è accaduto nel 1966, nel 1983 la storia è completamente differente.

Sia gli americani sia i sovietici sono sulla Luna con una base permanente. Non solo. Siamo all’apice della Guerra Fredda e le due basi ospitano decine di astronauti o cosmonauti. Entrambi i paesi sono impegnati nello sfruttamento delle risorse del nostro satellite e non mancano scintille fra i due gruppi.

Sotto l'amministrazione Reagan la Nasa e le missioni sulla Luna sono sempre più militarizzate e accanto agli astronauti ormai ci sono anche soldati, per garantire la sicurezza. Sulla Luna si va con gli Shuttle e alla fine il più avanzato di loro è stato dotato di missili. Uno spiraglio s’intravede quando sovietici e americani decidono di intraprendere una missione congiunta…

Come sempre seguiamo la storia privata e pubblica di vari personaggi e come nella prima stagione non mancano le strategie diplomatiche, le manovre politiche, la burocrazia, ma anche la sincera voglia di molti tecnici, scienziati e astronauti di continuare a far fare progressi all’umanità, portando avanti il programma spaziale su basi scientifiche. Una sincera voglia che accomuna sia i sovietici sia gli americani, ma in questa seconda stagione prevale la politica e con essa le forze militari, tant’è che si sfiora la Terza Guerra Mondiale. Ci sono0 perfino duelli spaziali che si svolgono sulla Luna, in stile quasi western.

L'astronauta Ed Baldwin (interpretato da Joel Kinnaman) non è più operativo, ma è colui che sceglie gli astronauti per le varie missioni. In questa veste decide di assegnare al suo amico Gordo Stevens (Michael Dorman) una missione, proprio quando l’uomo, che ha divorziato da sua moglie Tracy  (Sarah Jones) ed è in piena crisi. Tracy, invece, è diventata astronauta e anche una celebrità, la faccia presentabile del programma spaziale, quella da spedire nei talk show per far arrivare i finanziamenti giusti dal Congresso americano.

La seconda stagione tiene il passo della prima, laddove in quest’ultima tutto si reggeva sul dare una versione differente di una Storia, quella della corsa allo spazio, che già si conosceva, mentre la seconda stagione di For All Mankind, si regge su un terreno più immaginifico, lanciando allo spettatore qua e là alcuni momenti storici inseriti nella trama del serial televisivo.