Dicembre 1980. La notizia dell’assassinio a New York del più famoso tra i Beatles sgomenta lo scrittore britannico James G. Ballard, impegnato nella stesura definitiva del suo Hello America. Affranto per questa morte insensata, decide di raccontare in un testo autobiografico la sua amicizia con l’ultimo elemento arrivato a comporre i Fab Four: l’ex scrittore Michael Moorcock, che nel ’62 abbandona la fantascienza per diventare batterista della band di Liverpool. Travolto dai ricordi e dai rimpianti, Ballard riassume un quarto di secolo di storia: gli anni in cui tutto sembrava dovesse cambiare, la nuova musica, il Sessantotto, l’LSD, la creatività, il protagonismo dei giovani, l’India, la minigonna, la fantascienza sociologica, la via per lo spazio interiore. Un’amicizia nata in una convention di fantascienza, forgiata dalle cose della vita — donne e sesso, affetti e tradimenti: la grande avventura che avrebbe potuto essere la musica giovane se Michael Moorcock fosse arrivato prima di Ringo Starr negli studi di Abbey Road.

James Graham Ballard, scomparso quasi dodici anni fa, ricambia il mio sguardo dallo schermo lievemente sfuocato. La tecnologia per conversare con i morti è instabile e affamata di energia, e offre un collegamento a modesta risoluzione. Tra l’altro, il Maestro non mi sembra neppure entusiasta di partecipare.

Maestro, abbiamo accolto con immutato piacere la nuova edizione italiana del suo La banda del Club Cuori Solitari del sergente Ballard”, come un regalo che ci arriva da un passato in cui eravamo felici e innocenti. 

Capisco. Dunque mi contattate dal continuum in cui Mike è il batterista dei Beatles, non da quell’altro in cui scriveva fantascienza.

Fantascienza, Maestro? Lei vede più di un continuum per volta? 

Non importa. Dovete prendere quel testo come un omaggio privato. Una maniera per dire addio agli anni Sessanta, che come sapete sono tracimati lungo tutto il decennio successivo. Tutti abbiamo in mente una nostra personale colonna sonora di quel decennio abbondante. Tra l’altro, io sono forse il meno indicato a parlare di musica. Come è noto, dopo che i miei figli lasciarono casa per seguire la loro strada, non possedevo più un disco e non ascoltavo mai musica. Accolgo come uno scherzo del destino il fatto che il mio migliore amico, quello che conoscevo da più lunga data, fosse parte della più famosa band nella storia della musica giovanile. Le mie figlie da bambine hanno Love Me Do e Please Please Me, senza capirne i testi perché erano troppo piccole; sono convinto che sarebbero accorse in prima fila negli stadi per tirarsi i capelli e gridare istericamente fino a coprire la musica, se solo avessero avuto qualche anno in più. Prima della Beatlemania, l’Inghilterra era un paese meschino e conservatore. Tirava la stessa aria stantia che mi accolse la prima volta che vi sbarcai dopo la guerra, dopo l’internamento nel campo di prigionia giapponese insieme agli altri occidentali che vivevano a Shanghai, dove sono nato. Si può dire che Mike e io combattevamo contro la stessa mentalità post-imperiale, divenuta anacronistica come un profilattico usato sopra la copertina di un libro di Jane Austen. Gli anni Sessanta cominciarono nel 1963, con l’assassinio di Kennedy , percorsero una strada oscillante e sfarzosa al suono dei Beatles e dell’escalation in Vietnam e finirono nel 1980 per mano di Mark David Chapman. Philip Larkin ha scritto che il ’63 è l’anno in cui iniziò il sesso; se è vero, per me finì l’anno successivo con l’insensata morte di mia moglie in Spagna.

Dal testo si desume che sia tutt’altro che finito per lei nel ’64, il sesso. 

Gli episodi cui si riferisce lei, e che non hanno cessato di provocare scalpore nella middle class della vecchia Pista Prima, sono altra cosa: un antidoto contro la morte, non la congiunzione di due corpi. Diciamo che alla fine mi servì come documentazione “di prima mano” per opere successive, prima tra tutti Crash.

La Bleatlemania è una psicopatia come quelle che hanno condizionato la sua via allo Spazio Interno? Per intendersi, i disgustati assassini adolescenti di un gioco da bambini ascoltavano i Beatles prima di massacrare tutti gli adulti? 

No di certo. Diamo per scontato che in casa avessero solo dischi consentiti dai genitori: musica classica, forse lirica, magari Britten o John Dowland. È più probabile trovare i compact disc di Rubber Soul e Abbey Road nelle case di Chelsea Marina, in Millennium People che è di parecchi anni successivo.

Maestro, lei ha appena detto di non intendersi di musica. 

Ho detto che non la ascolto, non che non la conosco. Un po’ come il nazismo, in fondo: lo conosco ance senza aver bisogno di praticarlo.

Mi ha incuriosito il suo accenno a un diverso continuum in cui il suo amico fraterno Michael Moorcock, ultimo entrato a far parte della formazione dei Beatles, era invece… Scrittore di fantascienza, ho capito giusto? E magari The Lives and Times of Jerry Cornelius non è un concept-album solista di Mike dopo lo scioglimento della band, bensì… 

…un’antologia di racconti di fantascienza, esattamente. Di sicuro, in quell’altro continuum trovano innaturale che Mike sia il batterista dei Beatles. Ciò che per lei è utopia, in quell’altro mondo è distopia.

Un’ultima domanda, Maestro: ora che è dall’Altra Parte, le manca la vita? La letteratura, la famiglia, le donne? 

Evitiamo il ridicolo antropocentrico. Qui ho tutto ciò che avevo di lì, oppure validi surrogati. L’unica cosa che manca davvero è l’arte. Per il resto, perdonate il doppio senso, potete mettervi l’anima in pace.