La fama e la leggenda di Twilight Zone perdurarono nei decenni a venire. Molti dei ragazzi che erano cresciuti sulle sue note ed immagini ora si dedicavano al cinema e narrativa con successo sempre più crescente. Uno di questi, un giovanotto occhialuto a nome Steven Spielberg, decise di produrne un remake per il grande schermo targato Warner Bros. Il risultato fu Twlight Zone: The Movie (1983) un revival suddiviso in quattro storie, tre rifacimenti ed un inedito, diretti da John Landis, Joe Dante, George Miller e Spielberg stesso. Il (relativo) successo del film spinse la CBS a mettere in cantiere una nuova versione del programma. Tre nuove stagioni, dal 1985 al 1988, furono prodotte per un totale di 73 episodi, molti suddivisi in più storie brevi. Il colore venne a sostituirsi all’evocativo bianco e nero con nuovi registi (fra cui Wes Craven, William Friedkin, ancora Joe Dante) che adattarono eccellenti racconti di Arthur C. Clarke (La Stella), Robert Mc Cammon (I Serpenti della Notte), Harlan Hellison (Il Paladino dell’ora perduto, episodio vincitore di un Emmy), Stephen King (La Nonna) e George R. R. Martin (L’Altra Strada). Ma i risultati non furono quelli sperati. I fan della vecchia serie erano troppo legati al suo taglio originale e alla presenza di Serling sullo schermo. I giovani, cresciuti con horror come Halloween e fanta-kolossal alla Guerre Stellari, semplicemente non capirono.

Gli episodi-racconti

Molti degli episodi della serie antologica – che mescolava tutti i generi letterari, dal western, alla fantascienza, al fantastico, alla detection story – furono scritti dallo stesso Serling e diventarono in seguito delle antologie di racconti, uscite su Urania e recentemente ristampate dalla Fanucci Editore.Dopo l’esperimento dell’episodio The Time Element, inserito nel serial Playhouse 90, Serling scrive di persona quello che sarà il vero e proprio pilota di Ai confini della Realtà, che in seguito sarà antologizzato come racconto: Where is Everybody? (intitolato in Italia La barriera della solitudine). La storia è quella di un uomo si trova in una città completamente deserta. Ogni suo tentativo di incontrare qualcuno è vano. Quando si trova sull’orlo della pazzia, viene soccorso da uomini in divisa: era la cavia di un esperimento di simulazione di un lungo volo spaziale, ma il suo desiderio di compagnia aveva preso il sopravvento, rendendo insopportabile anche solo la simulazione della solitudine nel vuoto spaziale. Il racconto è angosciante al punto giusto e presenta un po’ tutte le caratteristiche della narrativa breve di Serling: personaggi poco caratterizzati dal punto di vista psicologico, finali con effetto sorpresa, presenza massiccia di colpi di scena. Non c’è dubbio che i racconti di Serling risentono del fatto di essere stati pensati e creati per la televisione, e quindi è quasi normale che nel caso dello scrittore americano che lo “script” coincida in tutto e per tutto con il racconto.Tra i racconti/episodi più belli a angoscianti c’è sicuramente da annoverare Il rifugio. Il dottor Stockton sta festeggiando il suo 44° compleanno insieme alla sua famiglia e ad un gruppo di amici, quando alla radio viene annunciato un possibile attacco nucleare. Stockton è l’unico che ha un rifugio antiatomico, e quindi con moglie e figlio comincia a trasferire nel rifugio delle vettovaglie preparandosi all’emergenza. Amici e vicini di casa li guardano invidiosi e stazionano fuori della cantina, chiedendo loro di aprire, ma ricevendo secchi dinieghi in risposta. Ben presto la paura e la disperazione per la sorte dei propri cari rende queste famiglie un branco di bestie inferocite ed egoiste. Proprio loro, che avevano sbeffeggiato Stockton mentre costruiva il rifugio, ora vorrebbero utilizzarlo, senza considerare che c’è spazio solo per tre persone e, imbestialiti, riescono, dopo un crescendo di tensione, ad abbattere la porta.