L’America è da sempre terra di sperimentazione, sedimentata nel DNA di generazioni arrivate da ogni angolo del globo ad alimentare una nazione ricca di contraddizioni e slanci futuristici. Non a caso la fantascienza, vista la luce sul compassato suolo francese a opera di Jules Verne, ha trovato piena cittadinanza in una nazione che aveva quasi niente alle spalle e tutto invece davanti.
Succede, pertanto, che nel paese a stelle e strisce il Partito Democratico si prepari a svolgere le primarie per la scelta dei candidati alle presidenziali del 2008, primarie il cui senso di anticipazione stavolta è davvero unico. Da una parte Hillary Clinton, classico esempio di “donna con le palle”, figlia di un imprenditore e di una casalinga, di fede metodista, già moglie di un presidente e secondo alcuni già presidente “sullo sfondo” negli anni clintoniani.
Il suo contendente si presenta con il fascino della novità davvero fantascientifica: Barack Obama, padre keniota e madre del Kansas, incarna tutto ciò che ha sempre costituito la frontiera americana, ovvero quel gusto di mettersi alla prova che noi europei abbiamo seppellito sotto un bello strato di posata mediocrità. Nero, benestante, intelligente e brillante, ben introdotto nei circoli finanziari che contano e, non a margine, musulmano praticante, cosa che in tempi di lotta al terrorismo islamico rappresenta un’autentica incognita per l’elettorato medio americano.
Pur essendo entrambi degni rappresentanti di un establishment che ormai non fa più distinzione di razza o religione, ma soltanto di zeri sul conto in banca, la coppia assume il sapore della materializzazione di un sogno: quello del mitico Gene Roddenberry, la potente visione di una società multicomprensiva e aperta alle differenze. In Star Trek si può essere neri o gialli, cristiani o taoisti, alti o grassi, poveri o ricchi, umani o vulcaniani; ognuno ha la propria possibilità, una carta da giocare, un posto in una società in cui le discriminazioni sono state definitivamente bandite. La forza rivoluzionaria di quella visione sta proprio nella capacità di superare il “particolare” per puntare tutto sulla globalità. Barack e Hillary sono contemporaneamente sintesi di una società intera ed esaltazione delle differenze che non generano scontro ma confronto; è come mettere in competizione il comandante Sisko di DS9, responsabile eppure pieno di passioni, e la capitana Janeway di Voyager, dura e materna al tempo stesso. Sarebbero due candidati perfetti per la carica di Ammiraglio della Flotta Astrale nel 24° secolo; si scontreranno invece per la possibilità di accedere alla poltrona, più realistica ma anche più scomoda, di presidente dell’unica potenza mondiale rimasta, una versione fragile e primitiva della Federazione protesa in modo incerto all’esplorazione di un futuro ancora troppo pieno di incognite.
Si potrà mai verificare una simile varietà di confronti nella nostra arena politica? Proviamo a immaginare la campagna elettorale delle politiche del 2036: da una parte la formazione del Cappero, composta dagli Egualitari Un Po’ Di Sinistra e dalla MargheRosa nel Pugno Allentato, affiancati dal partito della Ristrutturazione Post-Marxista, dall’Udite Udeur Ipse Dixit e dai Verdi Pisello Ecologico. Il candidato premier, il novantaquattrenne professor Romagnolo Brodi, mette al primo posto del suo programma il risanamento del deficit pubblico, la lotta all’evasione e l’introduzione dell’ora di religione negli uffici pubblici. Lo schieramento alternativo vede la coalizione della Villa dell’Emancipazione, composta dal partito Evviva l’Italia E Anche San Marino, da Alleanza Ipermeganazionale e dalla Lega Nord-Nord Est Esclusa Monfalcone; in posizione più defilata stanno L’Unione di Quelli che Ci Entrano e L’Italia che Sta Sempre in Mezzo. Leader di questa coalizione è il novantasettenne cavalier Salvio Borgognoni, le cui priorità consistono nella liberalizzazione dell’economia, nel ridimensionamento dello strapotere della magistratura e nella libertà per tutti di evadere il fisco.
Per fortuna un demiurgo inaccessibile ha concesso a Roddenberry la cittadinanza americana. Fosse nato dalle nostre parti avrebbe finito per scrivere le sceneggiature di “Un posto al sole”…
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