Dopo gli annunci di George W. Bush, intenzionato a portare l'uomo su Marte con largo anticipo sulle previsioni dei più realisti tra gli scienziati, una nuova voce è venuta fuori in questi ultimi giorni da Cape Canaveral, e il fatto che stavolta non ci si trovi in campagna elettorale lascia quantomeno sperare per la sua fondatezza. L'agenzia spaziale americana starebbe pianificando un futuro di gloria per i sogni spaziali di intere generazioni di sognatori: il primo passo dovrebbe essere un replay di quello storico compiuto da Neil Armstrong il 20 luglio 1969. Trentasette anni sono passati da quel giorno, e trentaquattro dall'ultima missione lunare che vide protagonista nel 1972 l'equipaggio dell'Apollo 17. Nel frattempo c'è stato modo di spegnere la rivalità ufficiale tra le due superpotenze spaziali del pianeta, passando per la demolizione del Muro di Berlino e la capitalizzazione della nuova Russia nelle grinfie di oligarchi rampanti.

 

Ma se Mosca sembra ormai a malapena capace di prestare appoggio logistico alle missioni rivolte alle stelle (e in effetti la tecnologia dei suoi vettori, per quanto obsoleta, si presta ancora bene ai collegamenti a breve raggio tra la Terra e la stazione orbitante internazionale), un nuovo gigante comincia a muovere i primi passi nello spazio: dopo aver mandato nello spazio i suoi primi cosmonauti, proprio negli scorsi mesi la Repubblica Popolare Cinese ha cominciato a prospettare luminosi piani di sbarco sulla Luna. Velleitari, forse, ma nel corso della loro storia gli USA hanno imparato a non sottovalutare le minacce, almeno quando si tratta di sfide tecnologiche. Come da programma, ecco allora arrivare il rilancio della NASA. Nel 2020 gli americani torneranno sulla Luna, ma stavolta con l'obiettivo di restarci. Le prime missioni serviranno infatti a predisporre l'installazione di una struttura atta a supportare missioni di lunga durata. Il campo permanente sorgerà probabilmente in prossimità di uno dei due poli, dove le sonde inviate in ricognizione negli ultimi anni hanno rilevato tracce di acqua sottoforma di ghiaccio e più lunga è l'esposizione ai vitali raggi del Sole.

 

Le prime missioni non dovrebbero durare più di una settimana, ma non appena i pannelli solari montati sulla superficie lunare riusciranno a garantire un approvvigionamento energetico stabile e costante, le missioni si allungheranno fino a raggiungere i sei mesi di permanenza. In questi progetti non è escluso il ricorso all'energia nucleare per fornire un rifornimento adeguato a supportare le condizioni vitali. Oltre alla possibilità di svolgere esperimenti scientifici in condizioni atmosferiche e gravitazionali difficilmente riproducibili sulla Terra, la base lunare avrebbe anche una più diretta importanza tecnologica, in quanto potrebbe essere usata per testare materiali, impianti, attrezzature e procedure in vista dell'esplorazione di altri pianeti. La Luna infatti dovrebbe essere solo il trampolino di lancio verso lo spazio: la fermata successiva presumibilmente sarà Marte, ma subito dopo potrebbero essere la volta della cintura degli asteroidi, ricchi di minerali, e poi delle lune di Giove e Saturno.

 

Siamo ancora sul vago per quel che riguarda i dettagli. Un piano più

Una rappresentazione grafica del nuovo vettore spaziale Orion, messo a punto dalla Lockheed Martin.
Una rappresentazione grafica del nuovo vettore spaziale Orion, messo a punto dalla Lockheed Martin.
circostanziato verrà messo a punto nel 2007. Quello che è certo è che saranno i nuovi vettori Orion della Lockheed Martin a portare gli uomini sulla Luna. Gli shuttle, che andranno definitivamente in pensione nel 2010, saranno comunque determinanti nei piani della NASA: i fondi per finanziare la base lunare saranno infatti dirottati dal programma delle navette attualmente in uso per i collegamenti orbitali, che assorbe circa 16 miliardi di dollari all'anno. Il prossimo passo, prima di pensare alla Luna, sarà però il completamento della ISS, che ha subito rallentamenti proprio a causa dei ripetuti incidenti occorsi agli shuttle in questi ultimi tempi, a partire dalla tragedia del 2003 che costò la vita all'intero equipaggio del Columbia.

 

Rassicura apprendere che la NASA cercherà di coinvolgere, diversamente dal passato, anche altri partner internazionali: un consorzio di 13 Paesi, tra cui spiccano l'Unione Europea nel suo complesso e l'Italia in particolare, ha già manifestato il suo interesse nell'impresa. Forniranno sistemi di alimentazione addizionali, moduli vitali e veicoli per l'esplorazione di superficie, e ovviamente contribuiranno alle spese. Come i russi, neanche la NASA sembra passarsela troppo bene, e Pechino ha subito offerto il suo appoggio allo sforzo. Forse, più di ogni altra cosa, la futura Base Alpha sarà un laboratorio in cui proseguiranno gli esperimenti di pace e collaborazione già intrapresi sulla ISS.