E' stato annunciato da anni, è stato presentato all'ultimo Festival del Cinema di Venezia, è stato strombazzato, osannato e poi anche un po' stroncato. Tutto questo prima della sua uscita ufficiale. The Fountain, ovvero L'albero della vita, titolo con il quale molto probabilmente verrà distribuito in Italia, è riuscito comunque nell'impresa di far parlare moltissimo di sé, nel bene e nel male; merito del tema trattato, delle vicissitudini della lavorazione, dell'intrigante figura di Darren Aronofsky, autore e regista sicuramente fuori dal comune e, a tratti, anche dalle righe. Del film abbiamo parlato diffusamente sulle pagine del Corriere, in ultimo con una bella intervista al regista (la trovate qui, www.fantascienza.com/magazine/servizi/8626/), in cui Aronofsky traccia le linee guida del suo lavoro e, in generale, del suo pensiero.

Al di là dell'oceano, in un'altra dichiarazione rilasciata a Sci Fi Wire, Aronofsky ha continuato la difesa del film, la cui critica forse un po' ingenerosa è stata probabilmente diretta conseguenza delle troppe aspettative. Stavolta il regista ha voluto ribadire la natura assolutamente fantascientifica di The Fountain. "E' sconvolgente perché ho incontrato delle persone per strada" dichiara il regista, "che mi dicono che non è fantascienza perché non ci sono le pistole a raggi. Ovviamente non usano queste parole ma il concetto che esprimono è questo. Il fatto è che la fantascienza al cinema è stata traviata dalla lussuria tecnologica e da quello che chiamiamo 'fantascienza dei bottoni', dove tutto è appunto bottoni e ologrammi.

La storia del film viene narrata in tre vicende parallele che coprono un arco temporale complessivo di mille anni, partendo dall'epoca dei conquistadores spagnoli, passando per i giorni nostri e terminando in un futuro remoto ambientato in un'astronave a forma di bolla. Ed è quest'aspetto che svia l'attenzione dai temi fantascientifici, sostiene Aronofsky. A differenza dei produttori che tendono a minimizzare, il regista, appassionato di fs, si dimostra invece orgoglioso dei contenuti del suo film.

"Nei primi bozzetti del film" continua Aronofsky, "l'uomo nello spazio aveva il suo bravo, piccolo olografo. Ma noi abbiamo voluto spingere la science fiction di The Fountain molto più lontano nello spazio, e la tecnologia molto più lontano di quanto si faccia ora. Non ci sono camion che girano tra le stelle. Siamo ritornati a una singolarità organica, in modo tale che lo spazio esterno diventi improvvisamente spazio interno. Questo perché penso che sia lì che la tecnologia ci porterà... Non si possono più mettere in piedi trucchi, ma occorre semplificare al massimo qualcosa che è assoluto, qualcosa che è mentale e non più elettronico. Penso che la fantascienza vada in questa direzione. Penso che questa direzione sia assolutamente fantascientifica."

Un concetto, quello di Aronofsky, che forse a parole non colpisce appieno ma che viene espresso meglio dalle immagini del film. Il quale può non piacere, ma ha almeno il merito di aver tentato un approccio al futuro un po' diverso dal solito.