La magia di ritornare nei luoghi dell’infanzia, insieme alla scoperta di mondi sconosciuti e alla ritrovata consapevolezza del bene e del male che muovono il cuore e stravolgono la mente di persone un tempo molto amate. Paradise, il nuovo videogioco di Benoît Sokal, l’autore dei pluripremiati Amerzone e Syberia, è ancora un’avventura, ma dalle atmosfere alquanto diverse rispetto ai titoli precedenti. Non è così marcato l’aspetto della ricerca verso l’ignoto, anche se pure qui c’è una protagonista in viaggio, ci sono scenari mozzafiato, ci sono riferimenti diretti alla realtà (come in Syberia si entrava in contatto con i relitti dell’ex Urss post-comunista, così in Paradise si incrociano le trame della guerriglia e dei repentini colpi di stato nell’Africa post-coloniale), ci sono conti da regolare con se stessi e la propria storia. Per evitare delusioni e fraintendimenti, è però bene abbandonare subito parallelismi con Syberia e limitarsi a godersi Paradise per quello che principalmente è: un’avventura tra paesaggi esotici, con qualche contrattempo, colpi di scena, intrighi e soste forzate. La protagonista ci viene presentata tra le pareti lussuose e ovattate di un harem, dove è stata accolta per ritemprarsi in tranquillità dopo essere scampata a un incidente aereo nei pressi della città di Madargane. La ragazza ha perso la memoria e viene ribattezzata Ann Smith. Vuole capire cosa le è veramente successo, perché si trova nel Continente Nero e soprattutto trovare il mondo per rientrare a casa, in Europa. Girovagando nel giardino, si imbatte in un leopardo misterioso, che si rivelerà profondamente legato a lei e alla sua stirpe. La giovane è – lo si capisce presto – figlia di un re, attaccato dai rivoluzionari. Per ottenere la libertà, Ann dovrà impegnarsi a riportare il leopardo nella sua terra di origine. Da quando si schiudono i cancelli dell’harem a quando finalmente raggiungerà la sua meta - il ventre oscuro di una strana imbarcazione, lo Scrigno nero, ultimo rifugio del tiranno Rodon - per la ragazza comincia un itinerario denso di imprevisti e di vere e proprie trappole. Ci sono infatti spie e informatori che vigilano su ogni sua mossa. Lo stile adottato da Sokal per quest’avventura ricorda da vicino il fumetto. Alcuni filmati risultano particolarmente indovinati come effetto, ma lo scenario nel quale più si rivelano le capacità di fantasia e creatività dell’artista belga è il villaggio sugli alberi. Ingegnosa la progettazione di vie aeree, di capanne abbarbicate tra i rami, in un dedalo verde di eccezionale suggestione. Il resto del percorso compiuto da Ann Smith non regala altrettante emozioni. Si rintraccia comunque il gusto per l’esplorazione e per il disegno di nuove creature animali e vegetali. Nel cuore dello Scrigno nero ci si trova di fronte anche a un piccolo omaggio agli automi di Syberia, ma in generale c’è meno inventiva nelle ambientazioni, a favore di un lasciarsi andare alla narrazione di un’avventura tout court. La possibilità di identificarsi la notte nel leopardo offre ulteriori sguardi sulla realtà immersa nel sonno e nelle tenebre, la stessa che ricomparirà con forza nei capitoli finali, tra ancestrali riti voodoo, mercenari senza scrupoli e senza speranza, il faccia a faccia con un padre che forse non si riesce più ad amare.