– Ovviamente. – Il sorriso di lei ritornò al suo posto, in modo quasi meccanico. – Armiere Roic, è da molto tempo che servi Lord Vorkosigan?– Dall’inverno scorso, signora, quando si è liberato un posto nella squadra di armieri dei Vorkosigan. Sono stato inviato qui su raccomandazione della Guardia Municipale di Hassadar – aggiunse, in tono un po’ aggressivo, sfidandola a burlarsi delle sue umili origini non militari. – Vede, i venti armieri di un Conte provengono sempre dal suo stesso distretto.Lei non reagì: probabilmente la Guardia Municipale di Hassadar non significava nulla per lei.In risposta a quel silenzio, Roic le chiese: – Lei ha... servito con lui molto a lungo? Là fuori, voglio dire. – In quelle parti lontane della galassia dove Milord si era fatto degli amici tanto esotici.L’espressione di Taura si addolcì e il sorriso incorniciato di zanne ricomparve.– In un certo senso, per tutta la vita. Cioè dal momento in cui è iniziata la mia vera vita, dieci anni fa. È davvero un grande uomo. – In quell’ultima affermazione c’era un’inconsapevole convinzione.

Be’, di certo era figlio di un grande uomo. Il Conte Aral Vorkosigan era un colosso la cui figura dominava l’ultimo mezzo secolo di storia barrayarana. I particolari della precedente carriera di Lord Miles erano assai meno conosciuti. E nessuno si prendeva la briga di raccontarli a Roic, l’armiere più giovane, che non era neppure un ex della Sicurezza Imperiale come Milord e la maggior parte degli altri armieri, ecco.

Eppure a Roic piaceva il minuto Lord. Con quei difetti di nascita e tutto il resto – Roic si trattenne con vergogna dal pensare il termine dispregiativo mutazioni – aveva avuto una vita difficile, nonostante il suo alto lignaggio. Per lui era già un problema ottenere le cose considerate normali, come... come sposarsi. Tuttavia, Milord aveva un cervello fino, forse proprio per compensare il suo corpo menomato. Se solo non avesse considerato il più giovane dei suoi armieri alla stregua di un manichino, Roic sarebbe stato molto più felice.

– La biblioteca si trova alla fine delle scale, sulla destra, oltre la prima stanza. – Si portò la mano alla fronte in un gesto di saluto, un modo per sfuggire più facilmente alla compagnia inquietante di quella donna gigantesca. – Stanotte la cena sarà informale, quindi non c’è bisogno che si vesta... – aggiunse, mentre lei lanciava un’occhiata smarrita all’ampio tailleur rosa sgualcito dal viaggio, –... non c’è bisogno che si vesta bene, intendevo. Cioè, elegante. Quello che indossa ora andrà benissimo.

– Oh – rispose lei, molto sollevata. – Adesso è tutto più chiaro. Ti ringrazio.